Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19437 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/08/2017, (ud. 01/03/2017, dep.03/08/2017),  n. 19437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13313-2012 proposto da:

C.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BELLOTTI BUON LUIGI 10, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

FALLETI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

JOHNSON & JOHNSON S.P.A., (già S.R.L. CENTRA MEDICAMENTA, già

MC NEIL S.R.L.) P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO N. 20,

presso lo studio dell’avvocato ALESSIO SQUATRITI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PIERO MAURIZIO NATALE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5809/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/08/2011 R.G.N. 5218/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO.

Fatto

RILEVATO

1) Che la Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello della società preponente AC Neil, ora Jhonson & Jhonson riformando la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di C.S., agente monomandatario con contratto durato dal 20.10.2002 al 1.1.2014, relativa al riconoscimento dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia ai sensi dell’art. 1751 c.c., determinata in via equitativa in Euro 35.000.000, ka Corte territoriale aveva rilevato che nel caso in esame non vi erano le condizioni per l’applicazione dell’art. 1751 c.c. citato, che andava interpretato nel senso che l’attribuzione dell’indennità in esame era condizionata non solo all’aver procurato nuova clientela così da determinare vantaggi al preponente, ma che tali nuovi clienti fossero stati fidelizzati; pertanto la corte ha respinto la domanda condannando il C. alla restituzione delle somme che la società aveva corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado;

2) Che il C. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, a cui ha risposto la società con controricorso; entrambi le parti hanno poi depositando memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

3) Che i motivi di ricorso hanno riguardato: a) la violazione dell’art. 416 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver erroneamente affermato i giudici di appello che vi sarebbe stata in primo grado un’omessa contestazione delle affermazioni e delle produzioni della società concernenti l’insussistenza del requisito della permanenza dei vantaggi dell’attività svolta, contestazione che invece vi sarebbe stata alla prima udienza nel libero interrogatorio del ricorrente e poi ribadita ed maggiormente articolata a conclusione del giudizio di primo grado mediante note conclusive; b) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1751 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed anche omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo ai sensi del comma 1, n. 5 medesimo articolo, per non aver tenuto conto la Corte territoriale sia che la chiusura dell’attività commerciale della preponente per cessazione della gestione della rete diretta non era causa che potesse imputarsi all’agente, sia che alla data della cessazione il C. aveva comunque procurato alla società preponente vantaggi in termini di fatturato e di numero di clienti, requisiti alternativi previsti dall’art. 1751 c.c., laddove poi la permanenza dei vantaggi non può che dipendere dall’operato di altri agenti e comunque di persone diverse dall’agente oramai non più in forza per cessazione de rapporto; proprio in ragione di ciò i vantaggi “apportati” dovrebbero essere considerati al momento della cessazione del rapporto;

4) Che il primo motivo di ricorso deve essere respinto perchè infondato; Premesso che incombe all’agente la prova della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 1751 c.c., comma 1 per avere diritto all’indennità di cessazione, deve confermarsi quanto osservato dalla corte territoriale relativamente all’assenza di precisa contestazione da parte del C. di quanto eccepito dalla società nella memoria di costituzione in primo grado relativamente a: un mancato incremento di fatto della clientela, in quanto a fronte dell’entrata di 68 nuovi clienti il C. ne avrebbe persi 69, un mancato raggiungimento del budget per il trimestre 1.10 – 31.12.2002, una mancata precisa contestazione del fatturato così come indicato dalla società in un prospetto prodotto in sede di sequestro cautelare; d invero le dichiarazioni rese nel libero interrogatorio dall’agente, riportate in ricorso, non possono neanche ritenersi una generica e formale negazione dei fatti, non contenendo alcun riferimento specifico ai dati ed ai documenti prodotti dalla allora convenuta società; Una tempestiva contestazione non risulta pertanto essere stata mossa dal C., se non tardivamente in sede di costituzione in grado di appello, con le conseguenze che derivano da tale mancata tempestiva contestazione, in termini di assolvimento della prova di quanto eccepito, da parte della società (cfr in particolare Cass. 12636/2005); Va peraltro osservato che l’accertamento della sussistenza di una sia pur generica “contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione” (così Cass. n. 10182/2007); ma nel caso in esame il ricorrente, pur avendo lamentato il vizio di omessa e insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non ha poi mosso una precisa e specifica censura in tal senso, avendo lamentato soltanto che la corte di merito avrebbe pretermesso l’esame delle contestazioni svolte dal ricorrente nei verbali di udienza, anche successivi, del 25.5.2004 e del 22.12.2004, poi ancora all’udienza di escussione dei testi e quindi nelle note conclusive;

5) che egualmente infondato è il secondo motivo di ricorso; Come già ha osservato questa Corte (cfr Cass. n. 16347/2007 e da ultimo Cass. n. 20047/16) per poter riconoscere l’indennità di cui all’art. 1751 c.c. non è sufficiente la provvista di nuovi clienti ovvero il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche la seconda condizione, ossia che alla cessazione del rapporto il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti nuovi procurati dall’agente ovvero dall’incremento di affari con i preesistenti clienti;

Che il ricorrente non ha fornito tale prova, ma anzi ha espressamente ritenuto che la valutazione dei “vantaggi” apportati dall’agente dovesse essere effettuata con riferimento alla situazione sussistente al momento della risoluzione del rapporto;

5) che il ricorso deve quindi essere respinto e con condanna del ricorrente, soccombente, alla rifusione della spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed oneri di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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