Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19436 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. I, 23/09/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 23/09/2011), n.19436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G., P.F. – P.S. –

P.A. – P.S., QUALI EREDI DI

P.G., elettivamente domiciliati in Roma, Via dei

Banchi Nuovi, n. 39, nello studio dell’Avv. MARIANI Renato, che li

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ANAS SPA – ENTE NAZIONALE PER LE STRADE, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, n. 4458,

depositata in data 18 ottobre 2004;

sentita la relazione all’udienza del 29 aprile 2011 del Consigliere

Dott. Pietro Campanile;

Sentito per i ricorrenti l’Avv. Segnalini, munito di delega, il quale

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Sentito per l’Anas l’Avv. Gen. dello Stato Daniela Giacobbe, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sost.

Dott.ssa Elisabetta Cesqui, la quale ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 -Con atto di citazione notificato in data 21 settembre 1988 F. G., P.F., S., A. e S., quali eredi di P.G., premesso che il loro dante causa a-veva ceduto volontariamente, con atto del 10 settembre 1981, un terreno oggetto di espropriazione da parte dell’ANAS, accettando la somma liquidata in via provvisoria a titolo di acconto, salvo conguaglio da determinarsi sulla base dell’emananda normativa in materia di espropriazione per pubblica utilità, convenivano – a seguito di diniego di competenza della Corte di appello, preventivamente adita – davanti al Tribunale di Roma l’ANAS, chiedendo la determinazione definitiva dell’indennità di esproprio e di occupazione; la liquidazione del pregiudizio arrecato al fondo residuo, con interessi e rivalutazione.

Si costitutiva l’ente convenuto, contestando la fondatezza della domanda ed eccependo la prescrizione del diritto azionato dagli attori. Con sentenza n. 2793 depositata in data 13 luglio 2001 il Tribunale condannava l’Anas al pagamento della somma di L. 141.955.000, detratto quanto versato a titolo di acconto al P., oltre agli interessi legali con decorrenza dal 19 luglio 1993.

Avverso tale decisione proponevano appello i predetti eredi del P., denunciando l’omessa valutazione del carattere agricolo di parte del terreno, cui non era applicabile la disciplina, con effetti riduttivi, previsti dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, nonchè dolendosi del rigetto delle domanda di rideterminazione dell’indennità di occupazione e di ristoro del pregiudizio arrecato alla parte non espropriata del fondo, ed, infine, del mancato riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria nei termini richiesti.

L’ente appellato, costituitosi, contestava la fondatezza del gravame, riproponendo, in via incidentale, l’eccezione di prescrizione.

La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 4458 depositata il 18 ottobre 2004, rigettava preliminarmente l’eccezione di prescrizione proposta con l’appello incidentale, rilevando, quanto alla questione inerente all’applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, anche alla parte del terreno avente destinazione agricola, che tale doglianza non era proponibile, dal momento che in relazione ai terreni agricoli la richiesta del conguaglio non era neppure ipotizzabile.

Quanto all’indennità per occupazione temporanea, si osservava che, poichè nell’accordo a suo tempo intervenuto era stata determinata una somma, pari a L. 6.191.265, comprensiva anche di interessi, maturati e maturandi, imposte ed ogni altro onere e danno”, non era possibile distinguere le singole voci e quindi, procedere all’adeguamento di quanto attribuito per il titolo in questione.

Confermate le statuizioni inerenti al rigetto della richiesta di ristoro del pregiudizio relativo alla parte del fondo non ablata e del maggior danno ex art. 1224 c.c., veniva rideterminata la decorrenza degli interessi, facendola coincidere con la data di entrata in vigore della nuova normativa.

Per la cassazione di tale decisione F.G., P. F., S., A. e S. propongono ricorso, affidato a quattro motivi ed illustrato con memoria.

Resiste con controricorso l’ANAS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 865 del 1971, della L. n. 359 del 1992 nonchè l’illegittimità dell’applicazione della L. n. 385 del 1980, in quanto dichiarata incostituzionale.

Si sostiene che la liquidazione provvisoria prevista dall’accordo del 1 settembre 1981 riguardava l’intero fondo, ragion per cui, essendosi utilizzato il meccanismo del conguaglio, ed essendo intervenuta la declaratoria di illegittimità costituzionale della L. n. 385 del 1980, art. 1, il valore della parte di terreno avente natura agricola, qualora risultante superiore a quello stabilito in sede di accordo, avrebbe dovuto comunque essere attribuito.

Il motivo è infondato.

Il riferimento dei ricorrenti alla declaratoria di incostituzionalità della L. 29 luglio 1980, n. 385, art. 1 (Corte cost. n. 223 del 1983) non coglie nel segno, in quanto detta declaratoria riguarda i criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione, mentre il conguaglio ivi previsto spetta comunque all’espropriato, rimandando la L. n. 385 cit. ad un futuro provvedimento legislativo per la quantificazione effettiva e definitiva del suo credito (Cass., 5 settembre 2008, n. 22421).

Naturalmente, perchè possa procedersi a conguaglio, occorre verificare, applicando i criteri della normativa sopravvenuta, se ricorrano i presupposti richiesti per procedere alla nuova stima del terreno, e ciò anche prescindendo dalla valutazione comune effettuate dalle parti in sede di cessione (Cass., 14 febbraio 2008, n. 3705). Nel caso di specie, come è pacifico fra le parti, il terreno ceduto era in parte agricolo ed in parte edificabile.

La pretesa dei ricorrenti di procedere a conguaglio anche per la porzione di area avente natura agricola, in forza del carattere unitario della cessione, non appare condivisibile, in quanto, come testè precisato, solo il positivo esito della verifica della ricorrenza dei presupposti per il nuovo calcolo dell’indennità, e quindi, l’accertamento di un valore superiore in relazione a quei beni interessati dalla pronuncia di incostituzionalità, possono consentire l’attribuzione di somme ulteriori, come previsto dall’accordo di cessione.

Tanto premesso, devesi richiamare l’indirizzo di questa Corte, al quale correttamente si è uniformata la decisione impugnata, secondo cui, ove venga fatta questione di validità ed efficacia del contratto di cessione volontaria di un suolo, in cui sia stato determinato il prezzo salvo conguaglio, per essersi riferite le parti ad una legge, la L. n. 385 del 1980, successivamente dichiarata incostituzionale per l’inadeguatezza dell’indennizzo da essa previsto riguardo ai suoli edificatori, è preliminare l’accertamento della natura del suolo, se edificatorio o agricolo, poichè l’eventuale riconoscimento del carattere agricolo esclude a priori possa farsi luogo a conguaglio, non essendo stati mutati dalla legislazione successiva i criteri indennitari per tale tipo di terreni (Cass., 9 marzo 1996, n. 1886; Cass., 21 maggio 2002, n. 7429; Cass., 1 febbraio 2005, n. 1984).

2.1 – Con la seconda censura si deduce violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 5, per aver rigettato la corte territoriale la domanda volta al conguaglio sull’indennità di occupazione, ritenendo che l’indicazione della somma di L. 6.191.625, determinata in via forfettaria e comprensiva anche di altre voci (interessi, imposte ed altri oneri) fosse preclusiva al riguardo. Osservano i ricorrenti che così operando si è sostanzialmente affermata l’ultrattività, in parte qua, delle norme ormai abrogate, dovendosi al contrario determinare l’indennità di occupazione in base ai nuovi criteri, naturalmente detraendo l’importo riconosciuto in via forfetaria nell’accordo del 1981.

La fondatezza del motivo balza evidente alla luce del principio adducere inconvenientes non est solvere argomentimi. La difficoltà di individuare la somma corrisposta a titolo di indennità di occupazione, del resto superabile attraverso una stima ponderata dei valori dell’epoca (ma gli stessi ricorrenti non escludono la detraibilità dell’intero importo determinato in via forfettaria) non consente di elidere il diritto della parte espropriata di ottenere l’attribuzione di maggiori somme eventualmente spettanti anche in relazione a quanto già corrisposto, come nella specie, “salvo conguaglio”, relativamente non solo all’indennità di espropriazione, ma anche a quella di occupazione (Cass., 15 dicembre 2000, n. 15838;

Cass. 27 marzo 1992, n. 3791).

2.2 – Parimenti fondato è il terzo motivo, con il quale si censura l’attribuzione degli interessi con decorrenza dall’entrata in vigore della L. n. 359 del 1992. Al riguardo va richiamato il costante insegnamento di questa Corte, da applicarsi anche in relazione alla fattispecie in esame, secondo cui gli interessi sulla somma dovuta a titolo di conguaglio, ai sensi della L. n. 385 del 1980, del prezzo della cessione volontaria di un suolo soggetto ad esproprio hanno natura compensativa, e non corrispettiva. Pertanto, se essi non possono, per espressa disposizione convenzionale, decorrere dalla data della cessione, decorrono, ove anteriormente alla determinazione del conguaglio sia intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983 (che, dichiarando la incostituzionalità del sistema dei conguagli, ha determinato il maturare del credito al residuo corrispettivo della cessione), dalla data della pubblicazione di detta sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, e non da quella della proposizione della domanda giudiziale, ancorchè il credito principale sia illiquido, in quanto la liquidità costituisce presupposto per la decorrenza degli interessi corrispettivi (art. 1282 cod. civ.), ma non degli interessi compensativi (Cass. 4 gennaio 2005, n. 118; Cass., 28 marzo 2007, n. 7645).

2.3 – Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 1224 c.c., per essersi esclusa l’attribuzione del maggior danno, sebbene fosse stata allegata la qualità di “esercente l’industria boschiva” del P..

Deve in primo luogo precisarsi che il riconoscimento del maggior danno presuppone un comportamento colpevole del debitore e non può, quindi, avvenire, quanto al dies a quo, in coincidenza con la decorrenza degli interessi, aventi, come sopra precisato, natura compensativa, ma eventualmente da una successiva costituzione in mora (coincidente, di regola, con l’inizio del giudizio di determinazione della stima o, come nel caso di specie, del conguaglio: Cass., 7 marzo 2006, n. 4885; Cass., 13 gennaio 2004, n. 58).

Tanto premesso, il motivo è infondato, in quanto, non essendosi nè allegato, nè dimostrato che nel periodo da considerarsi il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali, la mera allegazione, da parte del creditore, della qualità di imprenditore, è stata a ragione considerata insufficiente, incombendo nei suoi confronti l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero – attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite (Cass., 3 giugno 2009, n. 12882; Cass., 25 ottobre 2010, n. 21828; Cass., 6 febbraio 2009, n. 3042).

2.4 – In definitiva, vanno rigettai il primo e il quarto motivo, e, in accoglimento del secondo e del terzo, la decisione impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, applicherà i principi indicati provvedendo, altresì, in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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