Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19431 del 23/09/2011

Cassazione civile sez. I, 23/09/2011, (ud. 04/04/2011, dep. 23/09/2011), n.19431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via Oslavia

11 presso lo studio dell’avv.to L. Mandrà, rappresentato e difeso

dall’avv. ERAMO Giuseppe, giusta procura a margine del ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e

domiciliato presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Perugia, sezione civile,

emesso il 18 febbraio 2008, depositato il 20 giugno 2008, R.G. n.

423/07;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 4 aprile 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– C.V. chiedeva alla Corte di appello di Perugia di condannare il Ministero della Giustizia al pagamento di una equa riparazione per la durata irragionevole del processo civile durato ben 26 anni instaurato dai genitori del C. per ottenere il risarcimento danni da responsabilità medica;

– La Corte di appello ha tenuto conto della lunghissima interruzione del processo e di una consistente serie di rinvii concessi su istanza delle parti per trattative ed altro. Ha quindi stimato in quattro anni la durata irragionevole del processo non ascrivibile al ricorrente e ha liquidato in 8.000,00 Euro l’indennità spettante al C., attribuendo Euro 2.000,00 ad ogni anno di ritardo in considerazione della delicatezza degli interessi in gioco nella causa per il risarcimento dei danni;

Ricorre per cassazione quest’ultimo affidandosi a due motivi di impugnazione; con il primo ritiene erronea in diritto e insufficientemente motivata la esclusione del periodo temporale di interruzione del processo e quello assorbito da rinvii richiesti con istanze delle parti. Con il secondo motivo il ricorrente ritiene contraria alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo la L. n. 89 del 2001 e la giurisprudenza che non considera vincolanti i parametri di determinazione della durata del processo e di determinazione del quantum debeatur dovuto dallo Stato per la violazione del diritto a una ragionevole durata del processo;

Si difende con controricorso il Ministero della Giustizia;

La Corte, riunita in camera di consiglio, ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

Il primo motivo è infondato in quanto la Corte di appello ha reso ragione del fatto che nel 1987 il processo era stato interrotto e riassunto nel 1999 e che in tale periodo di interruzione, per gli stessi fatti, era stato svolto e concluso un altro processo. Come rileva il controricorrente la Corte di appello ha correttamente considerato i due processi distintamente e ha rilevato per quello svoltosi nel periodo fra il 1990 e il 1998 l’impossibilità di richiedere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Quanto al processo rimasto interrotto per dodici anni appare altrettanto corretta la decisione della Corte di appello di escludere la responsabilità dell’amministrazione della giustizia essendo il processo rimasto interrotto a seguito della instaurazione (peraltro rivelatasi erronea) di un processo parallelo per gli stessi fatti.

Infine è quanto ai rinvii del processo derivanti da istanze delle parti la Corte di appello ha imputato all’amministrazione della giustizia un quarto del tempo trascorso (1 anno e 3 mesi sui 4 anni e 5 mesi complessivi) sicchè deve considerarsi infondata qualsiasi censura mossa, alla determinazione da parte della Corte del tempo di irragionevole durata del processo, dovendosi ascrivere alla odierna parte ricorrente la scelta di insistere nella richiesta di rinvii non necessari allo svolgimento dell’istruttoria che in ragione del carico di lavoro dell’ufficio giudiziario avrebbero determinato un consistente allungamento dei tempi di definizione della controversia;

Il secondo motivo di ricorso appare formulato in modo del tutto generico ed è comunque infondato quanto alla censura mossa al criterio di liquidazione dell’equa riparazione basato sulle prescrizioni della L. n. 89 del 2001, criterio che appare idoneo ad assicurare un serio ristoro per la lesione derivante dall’irragionevole durata del processo (Cass. civ. 11566/2008);

il ricorrente va pertanto condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 900,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2011

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