Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19430 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19430 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 24701-2006 proposto da:
COND

VIA

CAMALDOLI

2

ROMA

in

persona

dell’Amministratore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato
SALERNI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
PUCCI CESARE;
– ricorrente –

2013
192

contro

DE LEONARDIS FLAVIA DLNFLV62E54E463E, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 131, presso lo
studio dell’avvocato SERRA IGNAZIO, rappresentata e
i.

Data pubblicazione: 22/08/2013

difesa dagli avvocati VADALA’ANNUNZIATO,

PILLI

ROMANO;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

215/2006 della CORTE D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 14/02/2006;

udienza del

24/01/2013

dal Consigliere Dott. MARIA

ROSARIA SAN GIORGIO;
udito l’Avvocato DAMIZIA M.Rosaria, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato PUCCI Salvatore,
difensore del ricorrente che si riporta al ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha
concluso per l’accoglimento del III ° motivo di
ricorso assorbiti gli altri.
i

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
1.- Con atto di citazione del 15 settembre 1999, Flavia De Leonardis
convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze il condominio di Via
Camaldoli 2 di Firenze, esponendo di essere proprietaria dal 1983 di un

gennaio 1999 l’amministratore aveva trasmesso un rendiconto aggiornato
relativo a lavori straordinari di consolidamento dell’edificio di cui si
tratta, richiedendo ai condomini il saldo di quanto ancora dovuto; che la
delibera del 10 gennaio 1996, relativa all’approvazione dei lavori di
consolidamento statico ed adeguamento sismico dell’immobile, e che aveva
ripartito la spesa sulla base delle tabelle asseritamente esistenti, era
nulla perché adottata in assenza di tabelle all’uopo approvate, assenza
che comportava l’invalidità della costituzione dell’assemblea e quindi la
nullità di ogni sua deliberazione; che nulla era per gli stessi motivi la
successiva delibera del 16 febbraio 1998 con la quale i vari condomini
(ad eccezione dell’attrice) avevano approvato il rendiconto dei lavori di
consolidamento e lo stato di ripartizione della spesa (lire 912.782.493),
per determinare la quale il condominio aveva fatto ricorso a prospetti

monolocale sito nel predetto edifico condominiale; che con lettera del 30

provvisori erroneamente qualificati tabelle, modificati senza accordo
rispetto a quello originariamente in uso. Chiese quindi l’attrice che il
Tribunale disponesse la formazione delle tabelle, dichiarando che nulla
essa doveva al condominio in esecuzione delle delibere nulle, e che
condannasse il condominio stesso al risarcimento dei danni subiti
dall’attrice in dipendenza dei lavori di consolidamento.
Intervennero nel giudizio Ugo e Lucia Onnis, Monica Zatini, Eva Tonietti

A

(*

e Salvatrice Di Maggio in qualità di proprietari di appartamenti dello
stesso stabile di Via Camaldoli n. 2, associandosi alle deduzioni
difensive del Condominio convenuto.
Il Tribunale adito rigettò le domande attoree, accogliendo la

c.p.c. con la quale il giudice istruttore aveva ingiunto all’attrice il
pagamento in favore dello stesso condominio della somma di lire
20.597,147.
Contro tale sentenza propose gravame la De Leonardis.
LLa Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza
impugnata, dichiarò la De Leonardis tenuta a pagare al condominio mited.la
minor somma di lire 18.476.852, il condominio tenuto a pagare alla stessa
la somma di lire 32.400.000, compensando i suddetti crediti fino alla
loro concorrenza, e in definitiva condannando il Condominio a pagare a
Flavia de Leonardis la differenza, pari ad euro 7.190,71.
La Corte ritenne anzitutto infondata l’eccezione del condominio di
carenza di legittimazione ad agire della De Leonardis per avere la stessa
venduto prima dell’inizio della causa l’appartamento di sua proprietà,
osservando che la sentenza impugnata aveva riconosciuto alla stessa
l’interesse ad agire limitatamente al periodo in cui era ancora
condomina, così come costei era legittimata a chiedere il risarcimento
dei danni derivatile dall’esecuzione dei lavori condominiali, mentre
quanto alla domanda di predisposizione giudiziale di nuove tabelle
difettava di interesse, in quanto tale predisposizione poteva valere solo
per il futuro.

riconvenzionale del Condominio, confermò l’ordinanza ex art. 186 ter

Nel merito, la Corte d’appello osservò che il monolocale acquistato dalla
De Leonardis era uno dei due locali – l’altro era stato venduto a tale
Tonellatto – ricavati dalla divisione di un più ampio appartamento
appartenente a tale Romagnoli. In occasione della prima assemblea, alla

erano stati attribuiti 61 millesimi e alla proprietà Tonellotto 68, come
risultava dal prospetto relativo al bilancio preventivo 1988/1989: tali
cifre erano state poi invertite, senza che il condominio spiegasse tale
\J,A4A/
suddivisione. La modifica era stata dunque arbitraria. Ma ciò non
comportava la nullità delle delibere dedotta dall’appellante, in quanto
costei„ insistendo sull’applicazione al suo appartamento dei 61
millesimi risultanti dal primo prospetto, aveva aderito per fatti
concludenti a quelle tabelle, da ritenere sia pure informalmente
adottate.
Quanto alla richiesta di risarcimento dei danni provocati alla de
Leonardis, tali danni consistevano, nella prospettazione della stessa,
negli esborsi sopportati per la rimessione in pristino del proprio
appartamento dopo le demolizioni eseguite per rendere possibile il
consolidamento dello stabile, e nella diminuzione di valore per
restrizione degli spazi. I primi non erano sostanzialmente contestati,
salvo l’irrilevante rilievo dell’analogo danno subito da altri condomini.
Per i danni derivati dalla restrizione degli spazi, consistente nella
perdita di un ripostiglio, in mancanza di allegazione sulla entità della
restrizione, e di elementi di prova, non ritenne la Corte di merito di
procedersi neanche alla richiesta liquidazione equitativa.

3

proprietà De Leonardis, in quanto titolare dell’abitazione più piccola,

3.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio sulla base
di quattro motivi. Resiste con controricorso la De Leonardis.
Motivi della decisione
l. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa

legittimazione della De Leonardis per non essere titolare del diritto
controverso già all’epoca della notifica dell’atto di citazione.
2. – La censura è immeritevole di accoglimento.
2.1. – Correttamente la Corte di merito ha affermato l’interesse ad agire
della attuale controricorrente in relazione sia alla dedotta nullità
delle delibere assembleari sia alla asserita erroneità delle tabelle
millesimali relativamente al periodo in cui la De Leonardis era ancora
condomina. Infatti, con riferimento a tale periodo, risulta irrilevante
il fatto che costei avesse alienato l’immobile di sua proprietà ancor
prima dell’inizio della causa, avendo la domanda all’origine della
controversia de

qua

quale oggetto rapporti obbligatori di carattere

personale, e non reale, ed essendo gli accertamenti in ordine alla
tabella funzionali alla contestazione della avversa pretesa.
2.2. – In tale quadro del tutto priva di rilievo appare la clausola,
invocata nel motivo di gravame, inserita nel contratto di appalto
stipulato dalla De Leonardis, concernente l’autorizzazione alla stressa a
cedere il contratto medesimo a chiunque si fosse reso acquirente
dell’immobile con conseguente trasferimento dei diritti ed obblighi in
capo all’acquirente e liberazione della cedente. Siffatta clausola,
peraltro del tutto generica, attribuiva, invero, si limitava ad

applicazione degli artt. 81 e 111 c.p.c. Il mezzo insiste sul difetto di

autorizzare detta cessione, e non risulta che tale facoltà sia stata
effettivamente esercitata.
3. – Con la seconda doglianza si lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 c.c., e 112, 113 e 115 c.p.c. La Corte di

avvenuta deliberazione, sul punto dei lavori di consolidamento,
dell’attribuzione di 61 millesimi alla proprietà De Leonardis, sul
bilancio preventivo 1988-1989, senza considerare che il relativo
prospetto è atto proveniente dall’amministratore, privo di per sé di
alcuna funzione costitutiva di diritti ai condomini, e che esso non
risulterebbe seguito da una deliberazione confermativa, mentre già
nell’assemblea del 26 aprile 1989 i millesimi attribuiti alla proprietà
De Leonardis sarebbero risultati in misura di 68: attribuzione
riscontrabile anche nei verbali delle assemblee successive.
Inoltre, sarebbe contraddittoria l’affermazione della adozione per facta
concludentia

delle tabelle originarie prive della correzione che

attribuivano alla De Leonardis

la quota di 61 millesimi dopo che la

stessa Corte aveva escluso la esistenza di tabelle. Né il prospetto delle
nuove tabelle attributivo di 66 millesimi alla De Leonardis e 70 a
Tonellotto, sarebbe stato utilizzabile in quanto prodotto dalla prima in
sede di precisazioni innanzi alla Corte d’appello, e quindi tardivamente.
Ancora, il giudice di secondo grado avrebbe accolto una domanda basata su
di una diversa

causa petendi rispetto a quella proposta dalla parte.

Sarebbe stata, infatti, rigettata la richiesta di declaratoria di nullità
delle delibere assembleari in base alle quali erano stati effettuati i

merito avrebbe errato nel fondare il proprio convincimento in ordine alla

lavori di consolidamento, così come la richiesta di formazione delle
tabelle, ed accolta, invece, la domanda di risarcimento dei danni,
liquidati però non sulla base delle richieste dell’attrice, ma
introducendo una diversa

causa petendi.

Quanto ai danni, non si

ripristino liberamente accettate e pattuite dai condomini, occorrenti per
il consolidamento dello stabile. Da ciò la domanda subordinata del
condominio di compensazione della somma pretesa dalla De Leonardis con
quelle di spettanza dello stesso condominio, illegittimamente disattesa
dal giudice di secondo grado sulla base della implicita esclusione che
l’ente collettivo, pur definito ente di gestione dei beni comuni, possa
eccepire la proporzionale compensazione delle spese richieste dalla De
Leonardis con quelle per lo stesso titolo occorrenti agli altri
condomini.
4. – Il motivo è infondato, nelle sue diverse articolazioni.
4.1. – Per quanto riguarda la censura relativa alla affermazione della
Corte di merito circa la originaria attribuzione di 61 millesimi alla
proprietà De Leonardis, che su tale base sarebbe stata tenuta a
partecipare alle spese di consolidamento del fabbricato per non essere
risultate successive, valide modifiche delle tabelle, si tratta di
censura in fatto avverso un accertamento di merito, congruamente
motivato. A fronte del quale il ricorrente non ha invocato se non
genericamente la violazione delle norme di cui agli artt. 2697 c.c. e 113
e 115 c.p.c. senza però specificare quali sarebbero le omissioni e gli
errori di diritto riscontrati nell’iter logico seguito dal giudice di

tratterebbe di danni prodotti da cose in custodia, ma di spese di

merito nella formazione del suo convincimento.
4.2. – Circa la denuncia di extrapetizione, essa risulta priva di
fondamento alla luce della circostanza, posta in luce nel controricorso,
che, in via subordinata, l’attrice aveva chiesto di dichiarare il minore

domanda accolta alla stregua dell’accertamento di fatto, per quanto già
chiarito incensurabilmente operato dal giudice di merito, relativo alla
esistenza di una originaria tabella che attribuiva 61 millesimi alla
proprietà De Leonardis.
4.3. – Sul punto dei danni lamentati da quest’ultima, a prescindere dalla
novità del motivo, risulta evidente che essi si riferissero ai necessari
lavori di ripristino della sua proprietà individuale, e non a quelli
concernenti le parti comuni del fabbricato.
Nuovo risulta altresì il profilo attinente al titolo della responsabilità
del condominio.
4.4. – Quanto, infine, alla censura attinente alla mancata compensazione
della somma pretesa dalla De Leonardis con quelle di spettanza del
condominio, correttamente detta compensazione è stata esclusa in base al
rilievo della autonomia del rapporto preso in esame dalla richiesta al
condominio di risarcimento del danno causato dai lavori di consolidamento
al proprio immobile da parte del proprietario rispetto al rapporto
condominiale che attiene alle cose comuni, nell’ambito del quale soltanto
il condominio, come ente di gestione delle stesse, reclama il pagamento
ai singoli condomini delle spese relative alla esecuzione di lavori
diretti alla conservazione delle stesse cose comuni.

importo da lei dovuto rispetto alla somma richiesta dal condominio:

5. – Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito disatteso la domanda,
formulata dal condominio in via ulteriormente subordinata,

di

integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini Onnis,

primo grado per far valere la compensazione delle spese di ripristino
delle loro proprietà con quelle pretese dalla De Leonardis. Omettendo di
provvedere su tale domanda, la Corte avrebbe pregiudicato non solo i
diritti dei predetti condomini, ma anche quello del condominio di vedere
ridotte le pretese della de Leonardis.
6. – La censura è priva di fondamento.
Premesso che gli interventi di cui si tratta erano

ad adluvandum, e le

posizioni scindibili, deve rilevarsi che alla data della sentenza di
secondo grado era trascorso il termine per la impugnazione della sentenza
di primo grado.
7. – Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione
degli artt. 90,91 e 92 c.p.c. Lamenta il condominio che le spese dei due
gradi siano state poste a suo carico “quale parte prevalentemente e

Zatini, Tonietti e Di Maggio, autonomamente intervenuti nel giudizio di

sostanzialmente soccombente”, mentre vi sarebbe stata una soccombenza
reciproca.
8. – La censura è inammissibile.
Secondo il granitico orientamento della giurisprudenza di legittimità,
l’unico limite nella regolamentazione delle spese processuali consiste
nel divieto di condanna della parte totalmente vittoriosa al pagamento
delle spese.

c-‘

9. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione
del criterio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che
vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico del
ricorrente.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2700,00, di
cui euro 2500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre agli
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile, il 24 gennaio 2013.

P.Q.M.

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