Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19429 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19429 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 19994-2006 proposto da:
PONTTLLO MARIA PTNMRA48L67B667D, COLELLA GAETANO
CLLGTN46D12E932K, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PANARO 14, presso lo studio dell’avvocato DE
SISTO UIGI, rappresentati e difesi dall’avvocato PAPA
ALDO;
– ri5orrenti –

2013
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nonchè contro

SINISCALCO ANTONIO, PUNZO GAETANA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 325/2005 del TRIBUNALE di

Data pubblicazione: 22/08/2013

SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositata il 09/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per il rigetto del ricorso.

Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso

Svolgimento del processo
l. – Con atto di citazione del 22 gennaio 2004, Gaetano Colella e Maria
Pontillo proposero appello avverso la sentenza emessa dal giudice di pace
di Caserta, con la quale erano state accolte solo parzialmente le domande

accolta parzialmente la domanda riconvenzionale di questi ultimi,
esponendo di essere proprietari di un immobile sito in Caserta, al primo
piano di una palazzina, sovrastante quello di proprietà degli appellati,
di averli citati al fine di sentir regolamentare l’uso del garage e dei
giardini comuni, e per sentirli condannare alla potatura degli alberi di
alto fusto posti nel giardino di loro proprietà in violazione del
regolamento condominiale, nonché al fine di procedere alla apposizione
dei termini fra la proprietà condominiale e quella dei convenuti.
Con la sentenza impugnata, il giudice di pace aveva accolto le domande
attoree relativamente all’uso del garage e dell’area comune e quella di
apposizione dei termini, rigettando quella relativa all’abbattimento o
potatura degli alberi, accogliendo altresì la domanda riconvenzionale e
pertanto condannando gli attori alla sostituzione della inferriata
apposta nel giardino di loro proprietà con altra conforme a quelle
esterne e posta a distanza non inferiore a tre metri dallo sporto, oltre
al risarcimento dei danni.
2. – Il giudice unico del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sez.
distaccata di Caserta, con sentenza depositata il 9 maggio 2005, rigettò
l’appello, escludendo, in relazione all’ordine di sostituzione e
rimozione della inferriata, la rilevanza della questione della natura
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svolte in primo grado contro Antonio Siniscalco e Gaetana Punzo, ed

condominiale o meno del marciapiede sul quale era posta l’inferriata,
risultando il comportamento degli appellanti contrario alle norme
pattizie che imponevano l’apposizione di recinzioni conformi alle altre
già esistenti. Infatti, l’art. 10 del regolamento condominiale, di natura

da un lato vietava ai condomini di erigere negli orti o giardini di
proprietà esclusiva qualsiasi recinzione non conforme a quelle già in
essere nel condominio, imponendo loro in ogni caso la preventiva
autorizzazione dell’assemblea, e dall’altro vietava l’erezione di
costruzioni permanenti e temporanee di qualsiasi genere nei medesimi
spazi di proprietà individuale.
Quanto all’ordine di arretramento, il giudice di secondo grado rilevò che
il diritto di veduta viene leso da qualsiasi opera che elimini la
possibilità prima riconosciuta al fondo dominante di avere una comoda
visione del fondo altrui.
Quanto alla parte di recinzione apposta sul marciapiede condominiale,
osservò il giudice che questo era parte comune dell’edificio a norma
degli artt. 2 e 3 del citato regolamento, i quali individuavano appunto
quali parti comuni i cornicioni, le decorazioni, le pensiline e le opere
esterne, fra cui appunto il marciapiede, peraltro ricompreso nel’area
condominiale dal c.t.u. in sede di apposizizione dei termini: sicchè
l’apposizione dell’inferriata, ledendo il pari diritto d’uso degli altri
condomini, fra i quali gli appellati, era da considerare illegittima, con
conseguente necessità di conferma dell’ordine di eliminazione.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i coniugi Gaetano

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cogente e contrattuale in quanto richiamato nei singoli atti di acquisto,

Colella e Maria Pontillo sulla base di due motivi.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 1362
cod.civ. nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un punto

un errore nella interpretazione del regolamento condominiale, facendo
rientrare nella nozione di “opere esterne”, cui questo fa riferimento, ai
fini dell’attribuzione del carattere di condominialità, attraverso una
non consentita deduzione, il piccolo marciapiede sul quale insisteva
parte della recinzione creata dagli attuali ricorrenti al confine tra la
loro proprietà esclusiva e la parte condominiale, con conseguente ordine
di demolizione della rete metallica limitatamente alla parte che occupava
detto marciapiede, senza considerare che l’art. 3 del regolamento
condominiale definisce beni comuni le opere decorative esterne, quale
non potrebbe considerarsi un marciapiede, che ha caratteristiche
strutturali e comunque funzioni ben precise, che non sono identificabili
con il decoro della palazzina.
2. – La censura non può trovare ingresso nella presente sede.
I ricorrenti si limitano a sostenere che il giudice di secondo grado
avrebbe errato nella interpretazione del regolamento contrattuale di
condominio – la quale è insindacabile in sede di legittimità quando non
riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici (v., tra
le altre, Cass., sent. n. 17893 del 2009) – facendo rientrare il
marciapiede nella nozione di opere esterne, senza avvedersi che le opere
esterne cui detto regolamento nella specie attribuisce natura

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decisivo della controversia. Il giudice di secondo grado avrebbe commesso

condominiale sarebbero quelle decorative, e che tale non potrebbe
intendersi il marciapiede avuto riguardo alla sua specifica funzione. E
tuttavia essi stessi non si avvedono che nella sentenza viene indicata
anche un’altra ragione per ricomprendere detto marciapiede tra le parti

stato considerato facente parte dell’area condominiale dal c.t.u. in sede
di apposizione dei termini: circostanza che non viene messa in
discussione nel ricorso.
3. – Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 907 cod.civ.
nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia. Avrebbe errato il giudice di secondo grado nel confermare
la decisione del giudice di pace relativa all’arretramento della
inferriata limitandosi a prendere atto della violazione delle regole
sulle distanze senza valutare se tale opera ostacolasse l’esercizio della
veduta dei signori Siniscalco e Punzo.
4. – La censura è fondata.
4.1. – In tema di distanza delle costruzioni dalle vedute, questa Corte
ha già avuto occasione di affermare che, se la ratio dell’art. 907 cod.
civ., il quale fa divieto di fabbricare a distanza minore di tre metri
dalla veduta del vicino, è quella di assicurare al titolare del diritto
di veduta sufficiente aria e luce consentendogli l’esercizio della
inspectio

e della

prospectio,

l’accertamento e la valutazione della

idoneità della costruzione a non ostacolare la fruizione di tali beni,
nonché a non determinare modifica sostanziale di qualsivoglia altra
situazione di godimento in cui si esplica il potere riconosciuto al

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comuni dell’edificio, individuata nella circostanza che lo stesso era

titolare di veduta, richiedono al giudice una motivazione congrua e
adeguata.
Il giudice di merito è, dunque, tenuto, pur in presenza dell’accertata
violazione delle distanze legali, a valutare specificamente se l’opera

4.2. – Nella specie, risulta del tutto carente una siffatta indagine. Ed
infatti, posto che la recinzione non può essere considerata alla stregua
di un fabbricato in senso tecnico e proprio, essendo un diverso
manufatto, perché questo potesse essere assimilato, ai fini del divieto,
alla costruzione di cui all’art. 907 cod.civ., occorreva precisare in
quale modo esso fosse idoneo ad impedire od ostacolare l’esercizio della
veduta da parte degli appellati.
5. – In definitiva, il primo motivo del ricorso deve essere rigettato,
mentre deve esserne accolto il secondo. La sentenza impugnata va,
conseguentemente, cassata in relazione al motivo accolto, e la causa
rinviata ad un diverso giudice – che viene individuato nel Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere, cui è demandato anche il regolamento delle
spese del presente giudizio – che riesaminerà la questione relativa alla
mancata osservanza delle distanze delle costruzioni dalle vedute di cui
all’art. 907 cod.civ. alla stregua dei rilievi svolti sub 4.2.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese
del presente giudizio, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

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edificata ostacoli l’esercizio della veduta.

civile, il 18 gennaio 2013.
Il onsigliere estensore

Il Pre ‘de

IatiallOgh
091gO*
2.2 hho. 2013

0

Roma,

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