Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19428 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20319-2013 proposto da:

I.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE FEDERICI 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA CONCETTA

ALESSANDRINI, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO DI TUORO,

GIUSEPPE DI BELLUCCI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE CERCOLA, in persona del Sindaco pro tempore avv.

F.V., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MAIELLO MAURIZIO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1034/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità e

manifesta infondatezza del ricorso, condanna aggravata alle spese e

statuizione sul C.U..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente controversia si inserisce nel contenzioso sorto tra il Comune di Cercola e I.F., relativamente a pretese creditorie di quest’ultimo, scaturite da un contratto di locazione di un immobile di sua proprietà e destinato ad uso di Scuola media Statale. Quindi nel corso di un giudizio di revocazione, promosso dallo stesso Comune con riguardo ad una pronuncia della Corte di Appello di Napoli, lo I. aveva prodotto due documenti che erano stati impugnati con querela di falso, in via incidentale, dal Comune. Ma dato l’interesse del Comune ad un accertamento anche in via principale, quest’ultimo convenne in giudizio lo I. per sentire accertare la falsità di tali documenti.

Lo I., costituitosi, preliminarmente, eccepì la litispendenza tra la querela già proposta in via incidentale nel corso del giudizio di revocazione e quella instaurata in via principale. Osservò inoltre, che i due documenti oggetto di querela erano stati prodotti innanzi alla Corte d’Appello nel corso del giudizio conclusosi con sentenza non oggetto di ricorso per cassazione con la conseguenza che, non essendo stati contestati nè disconosciuti non potevano più formare oggetto di querela di falso. Nel merito, con riferimento alla propria lettera del 29 settembre 1988, evidenziò come non fosse ipotizzabile un falso ideologico perchè non predicabile a carico di un privato. Per quanto riguarda, invece, la nota del Comune trattandosi di mera copia ne contestò la qualità di atto pubblico ed evidenziò che comunque le aggiunte, ed in particolare l’inserimento del suo nominativo tra i destinatari, non alteravano il contenuto. Inoltre, sostenne la mancanza di interesse del Comune alla proposizione della querela dal momento che le decisioni di primo secondo grado non si erano basate su quei documenti.

Il Tribunale di Nola dichiarò la falsità di entrambi i documenti in questione.

2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1034 del 18 marzo 2013. La Corte ha ritenuto di dover rigettare la querela di falso proposta dal Comune relativamente alla dedotta falsità della fotocopia della missiva inviata da I.F. al sindaco del Comune di Cercola, prodotta dallo I. in altro giudizio innanzi a questa Corte.

3. Avverso tale decisione, I.F. propone ricorso in Cassazione sulla base di 1 motivo.

3.1 Resiste con controricorso il Comune di Cercola.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di circostanze assolutamente decisive ai fini della decisione della causa”.

Si duole dell’errato ragionamento seguito dal giudice del merito nella interpretazione ed analisi della documentazione depositata nel corso del giudizio.

Il motivo per quanto riguarda il vizio ex art. 5 è inammissibile perchè la sentenza impugnata è stata depositata il 18 marzo 2013. Pertanto, nel giudizio in esame, trova applicazione, con riguardo ai motivi concernenti la denuncia di vizio di motivazione, l’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ai ricorsi proposti avverso provvedimenti depositati successivamente alla sua entrata in vigore.

Il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Scompare, invece, nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata e, accanto al vizio di omissione (che pur cambia in buona misura d’ambito e di spessore), non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà.

Al riguardo, si ricorda il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5) “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 22/09/2014, n. 19881).

Alla luce dell’enunciato principio, risulta che il ricorrente, denunciando il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, non ha rispettato i limiti di deducibilità del vizio motivazionale imposti dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 6, n. 5.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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