Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19427 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16474-2013 proposto da:

STUDIO LEGALE D. & ASSOCIATI, (OMISSIS), in persona del

rappresentante pro tempore, Avv. D.C., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DUILIO 7, presso lo studio dell’avvocato

CLAUDIO FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3822/2013 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 19/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato RODA RANIERI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del 1

motivo di ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Lo Studio Legale De Filippi e Associati proponeva appello avverso la sentenza del giudice di pace di Milano con la quale veniva dichiarata la carenza di legittimazione dello studio rispetto alla pretesa creditoria derivante dallo svolgimento di attività difensionale da parte dell’avvocato D.C. in favore dell’assistito D.S. (ammesso al patrocinio a spese dello Stato). L’appellante si doleva dell’impugnata statuizione ribadendo che all’associazione professionale deve essere riconosciuta la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici.

2. Il Tribunale di Milano, quale giudice di secondo grado, con sentenza n. 3822 del 20 giugno 2013, ha dichiarato improcedibilità dell’appello ex art. 348 c.p.c., ed ha condannato l’appellante al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. in favore del Ministero della Giustizia, oltre rimborso delle spese di lite.

3. Avverso tale decisione, lo Studio legale De Filippi e Associati propone ricorso in Cassazione sulla base di 3 motivi.

3.1 Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla compromissione del diritto di difesa, ex art. 136 c.p.c. e art. 348 c.p.c., comma 2, artt. 101 e 115 c.p.c., artt. 3 e 24 Cost., art. 6 Cedu”.

Lamenta di non aver ricevuto alcuna comunicazione della cancelleria da cui apprendere i dati giudiziali relativi all’assegnazione e alla data di prima udienza, nè alcun biglietto di cancelleria da cui apprendere la data del rinvio ai sensi dell’art. 348 c.p.c..

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente propone un motivo che doveva essere fatto valere con l’errore revocatorio (cfr. Cass. n. 16572 del 2011). Inoltre nella sentenza si dà atto che il difensore dell’appellante non compariva “malgrado i rituali avvisi”.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla errata statuizione sulle spese, ex art. 91 c.p.c.”.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello ha errato perchè ha ritenuto la soccombenza virtuale del ricorrente secondo una errata valutazione di ragioni in fatto e in diritto.

Il motivo è manifestamente infondato.

La condanna alle spese è la naturale conseguenza dell’improcedibilità dell’appello che preclude l’esame del merito dell’appello.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla applicazione corretta del principio di soccombenza virtuale e carenza di elementi da cui affermare la temerarietà della lite, ex art. 91 e 96 c.p.c.”.

Anche tale motivo è infondato.

Il motivo non impinge sul punto della decisione in cui si evidenzia che il pagamento era anteriore alla domanda e “di detta circostanza lo Studio Associato non ha fatto menzione alcuna”. Inoltre richiede una rivalutazione del fatto.

Infatti il ricorrente pur denunciando, apparentemente, violazione di legge, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006).

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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