Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19427 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19427 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso n. 9263-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente
domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ope legis
– ricorrente cwirro
FRANCHINI PALMIRA
LEOPIZZI GIUSEPPE ANTONIO
elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato LILIANA
CURTILI, che i rappresenta e difende giusta procura speciale estesa a
margine del controricorso
– con troricorrenti –

avverso la sentenza n. 30/7/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE del LAZIO depositata il 16.2.2010
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27.6.2018
dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO

Data pubblicazione: 20/07/2018

R.G. 9263/2011

RILEVATO CHE
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata
in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in sede
di rinvio, aveva respinto il ricorso in riassunzione dell’Ufficio avverso la
società Elleffe S.r.L. in liquidazione (all’attualità estinta per cancellazione),
accogliendo l’appello della società avvero la sentenza n. 145/18/99 della

avverso avvisi di accertamento con cui era stato determinato, a carico della
società, un maggior reddito netto ai fini IRPEG ed ILOR per l’annualità
1989;
l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
con il primo motivo hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., insufficienza della motivazione, in ordine a fatto
controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla sussistenza di elementi
giustificativi dello scostamento tra il ricarico dichiarato rispetto a quello
minimo del settore;
con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza ex artt. 2 DLvo 546/1992 e 112
c.p.c. per essersi ia CTR imitata, nella sentenza impugnata, «alla
determinazione degli effetti caducatori dell’atto impositivo, senza procedere,
al contempo, alla determinazione dell’imposta dovuta»;
si sono costituiti con controricorso le persone fisiche, indicate in
epigrafe, già sode della Ellerfe S.r.L., nelle more estinta per intervenuta
cancellazione dal Registro delle Imprese, deducendo l’inammissibilità ed
infondatezza del ricorso anche per carenza di legittimazione passiva degli
stessi

CONSIDERATO CHE
1.1. con il proposto controricorso Paimíra Franchini e Giuseppe Antonio
Leopizzi eccepiscono preliminarmente, per carenza di legittimazione passiva
in capo agli stessi, l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto nei loro
confronti quali successori della Elleffe S.r.l.;
1.2. tale eccezione è inl’ondata„ atteso che qualora l’estinzione
della società di capitali, all’esito della cancellazione dal Registro delle

Commissione Tributaria Provinciale di Roma in rigetto del ricorso proposto

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Imprese, intervenga in pendenza del giudizio di cui la stessa sia parte,
l’impugnazione della sentenza resa nei riguardi della società deve provenire
o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei
soci succeduti alla società estinta in quanto il limite di responsabilità degli
stessi di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale
ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che,

partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio,
sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di
liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci (cfr. Cass. n.
15035/2017);
1.3. va quindi riconosciuta la legittimazione passiva dei controricorrenti
a proseguire il giudizio anche guaii successori della suindicata società Elleffe
S.r.L. in ragione della documentata e, peraltro, non contestata loro qualità
di soci della stessa, cancellata dal registro delle imprese nell’anno 2010
(circostanza affermata dagli stessi ricorrenti);
1.4. come affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (cfr.
sentenza n. 4060/2010), in tema di società di capitali, la cancellazione dal
registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società,
indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti
capo, nel caso in cui taie adempimento (come nel caso in esame) abbia
avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 17
gennaio 2003, n. 6, che, modificando l’art. 2495, secondo comma, cod. civ.,
ha attribuito efficacia costitutiva alia cancellazione: a tale disposizione,
infatti, non può attribuirsi natura interpretativa della disciplina previgente,
in mancanza di un’espressa previsione di legge, con la conseguenza che,
non avendo essa efficacia retroattiva e dovendo tutelarsi l’affidamento dei
cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui
essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al 10
gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data;
2.1. è fondato il primo motivo di ricorso, con cui si lamentano carenze
motivazionali della sentenza impugnata per aver omesso «ogni
valutazione in ordine agli spcjhci :iiernenti addotti dall’Ufficio a sostegno

tuttavia, non è di per sé escluso dalla circostanza che i soci non abbiano

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dell’accertamento induttivo effettuato e, segnatamente, … 1) la mancata o
comunque parziale risposta al questionario “mod. 55”; 2) l’impiego -ai fini
della determinazione delle rimanenze – del mero dato quantitativo delle
giacenze di magazzino (numero di scarpe) in luogo del loro valore
effettivo»;
2.2. dall’avviso di accertamento, ritualmente trascritto in ricorso, in

contestare, a supporto dell’accertamento di maggiori redditi ai sensi dell’art.
39, 2° comma, DPR n. 600/1973, anche la «mancata presentazione da
parte della società di un dettaglio delle rimanenze in cui doveva essere
indicato – a norma dì legge – il criterio di valutazione adottato …(ndr.
essendo stato invece)… il valore delle rimanenze … espresso in numero di
scarpe anziché in valore effettivo»;
2.3. occorre dunque rilevare che ai sensi dell’art. 59, comma 1, TUIR
(vigente ratione temporis – accertamento relativo ad annualità 1989) le
imprese contribuenti sono obbligate ad indicare il valore delle rimanenze, la
cui valutazione deve essere fatta distintamente raggruppando i beni in
categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun
gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle
disposizioni di cui ai commi 2 ss. art. cit.;
2.4. è evidente che la nozione tributaria di «rimanenza» (e, quindi,
la rilevanza fiscaie di essa) non è data da un numero esprimente un
incontrollabile valore globale, poiché, della rimanenza, la norma tributaria
postula necessariamente un’articolazione di beni per tipi, qualità e valore
unitario e la mancanza, nel caso concreto, di tale articolazione – cui non
risulta i contribuenti abbiano, anche in prosieguo, in alcun modo ovviato non

consentiva pertanto aWAmministrazione di tenere

rimanenze,

conto delle

donde l’esigenza ai recuperare a tassazione i

induttivamente ricostruiti

(cfr., per riferimenti, Cass.

ricavi

nn. 11515/1997,

9912/1996);
2.5. nella rilevata carenza cii documentazione sul dettaglio

delle

rimanenze e di successive sueci’ici -ie deduzionì contrarie dei contribuenti,

non poteva qui di censurarsì, da parte della CTR, la ripartizione presuntiva

ossequio al principio di autosufficienza, emerge che l’Ufficio ebbe a

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operata dall’Amministrazione Finanziaria (tra le tipologie di merci poste in
vendita dalla Elleffe S.r.L.) costituente la base dell’accertamento induttivo,
affermando che l’Ufficio non avesse fornito una <

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