Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19426 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5822-2014 proposto da:

I.P., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato EFREM RAINERO giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE GENOVA, in persona del Sindaco Marco Doria, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANNA MORIELLI giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1290/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/11/2013, R.G.N. 578/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, anche ex art. 372 c.p.c., condanna aggravata alle spese e

statuizioni sul contributo unificato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – I.P. convenne in giudizio il Comune di Genova al fine di ottenere una pronuncia di accertamento dell’inapplicabilità, inefficacia e/o nullità della Det. Dirigenziale n. 2011-156.0-66 del 15 marzo 2011, con la quale le era stato intimato il rilascio dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in (OMISSIS), in quanto detenuto senza alcun titolo, nonchè per sentir dichiarare il suo diritto a subentrare alla defunta C.G. nel contratto di locazione – assegnazione dell’alloggio in questione ai sensi della L.R. Liguria 29 giugno 2004, n. 10, art. 12.

1.1. – Con sentenza del 15 novembre 2012, l’adito Tribunale di Genova, nel contraddittorio con il convenuto, respinse la domanda attorea.

2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione I.P., che la Corte di appello di Genova, con sentenza resa pubblica il 18 novembre 2013, rigettava, confermando la sentenza di primo grado.

2.2. – La Corte territoriale osservava che I.P. risultava estranea a tutte le fattispecie previste dalla L.R. n. 10 del 2004, art. 12 – di cui l’appellante invocava l’applicazione – in presenza delle quali era ammessa la voltura del contratto di locazione-assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e, quindi, il diritto al subentro nell’alloggio.

Il giudice di secondo grado rilevava, infatti, che l’ I. non era ricompresa tra i soggetti di cui al citato art. 12, comma 2 in quanto nipote ex filio dell’originario assegnatario D.M., nè rientrava nell’ambito di operatività del comma 3 cit. norma, poichè non poteva far parte del nucleo familiare al momento dell’assegnazione in quanto non ancora nata, nè, tantomeno, era possibile sostenere che l’appellante era familiare convivente dell’assegnatario alla stregua del disposto di cui al successivo comma 4, poichè difettava nei suoi confronti l’ampliamento permanente del nucleo familiare dell’assegnatario D.M., fermo restando, comunque, che, ai sensi del disposto di cui al medesimo art. 12, comma 5 i soggetti considerati al citato comma 4 non potevano subentrare nell’assegnazione.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre I.P., affidando le sorti dell’impugnazione ad un univo motivo.

Resiste con controricorso il Comune di Genova.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con l’unico mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione della L.R. Liguria n. 10 del 29 giugno 2004, n. 10, artt. 12 e 34.

Posto che il provvedimento del 3 marzo 2006 – con il quale era stato autorizzato dal Comune di Genova l’ampliamento del nucleo familiare di C.G. in favore della di lei nipote ed attuale ricorrente, I.P. si basava sul fatto che quest’ultima conviveva con la norma assegnataria dell’alloggio per finalità di assistenza della medesima, la Corte territoriale, avendo fondato la propria decisione di rigetto della domanda attorea unicamente su quanto previsto dalla L.R. Liguria n. 10 del 2004, art. 12 avrebbe erroneamente omesso di rilevare che essa I. – a prescindere da qualsiasi questione inerente l’interpretazione della citata disposizione e dalle stesse prospettazioni di parte risultava, comunque, aver pienamente conseguito il diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio ai sensi dell’art. 34 della medesima anzidetta legge.

Quest’ultima disposizione, infatti, consentiva ai Comuni, entro i due anni dall’entrata in vigore della stessa L. n. 10 del 2004, di autorizzare “l’ampliamento del nucleo familiare nei confronti dei discendenti dello stesso, qualora sia comprovata, anche mediante verifiche presso l’alloggio, la convivenza con finalità di assistenza”, atteso che i “criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, approvati dalla stessa Regione Liguria con Delib. Giunta Regionale n. 1202 del 2006, in applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. b) cit. L.R., avevano espressamente chiarito che la fattispecie disciplinata dal detto art. 34 attribuiva ai discendenti dell’assegnatario, con esso conviventi per finalità di assistenza, il diritto al subentro nell’assegnazione.

2. – Il motivo (alla stregua anche di quanto eccepito dal Comune di Genova, ma per profili comunque rilevabili d’ufficio) è inammissibile, in quanto contravviene al consolidato principio per cui, nel giudizio di cassazione, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (tra le tante, Cass., 23 gennaio 2007, n. 1474).

Le doglianze, infatti, veicolano una questione del tutto nuova, che implica anche evidenti accertamenti di fatto, peraltro supportando la prospettazione in forza di documentazione (Delib. di Giunta regionale) depositata solo in questa sede e, dunque, quale produzione di per sè inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c..

Occorre a tal fine osservare che, in base unicamente alla L.R. n. 10 del 2004, art. 34 – invocato, soltanto in questa sede, posto che la ricorrente non ha incentrato su tale disposizione la pretesa azionata nel giudizio di merito -, non poteva comunque reputarsi sussistente il diritto della I. al subentro nell’assegnazione dell’alloggio, operando in senso escludente l’art. 12, comma 5 della medesima legge, che non consentiva il subentro in favore dei soggetti che avessero beneficiato dell’ampliamento del nucleo familiare dell’assegnatario (nella specie, D.M. e non già C.G., a sua volta subentrante), salvo che non fossero: il coniuge o il convivente di fatto; i figli nati o adottati; gli ascendenti di qualsiasi componente del nucleo; ovvero i soggetti facenti parte del nucleo familiare al momento dell’assegnazione (e, dunque, ipotesi nelle quali non rientrava la I.).

Sicchè, è proprio la deliberazione giuntale prodotta in questa sede – costituente atto amministravo che avrebbe dovuto essere allegato ritualmente e tempestivamente in giudizio, così da offrirsi al contraddittorio delle parti ed renderlo suscettibile di interpretazione da parte del giudice del merito (e ad esso soltanto riservata: cfr. tra le altre, Cass., 23 luglio 2010, n. 17367) – a rappresentare l’elemento (eventualmente) dirimente per la pretesa attorea, da cui l’evidenza stessa della novità della questione in questa sede.

Novità, peraltro, sostanziata anche dalla necessità di accertamenti di fatto in ordine allo stesso presupposto art. 34, in punto di convivenza a fini assistenziali, e anche in questo caso in ordine al provvedimento ampliativo del 2006 (anch’esso atto amministrativo, la cui interpretazione – come detto – è riservata al giudice del merito), di cui non è indicato il contenuto preciso, nè comunque la localizzazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, da liquidarsi come in dispositivo, in conformità ai parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in complessivi Euro 7.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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