Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19424 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 17/09/2020), n.19424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25079-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

STIMIGLIANO 5, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CONTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PPM PROGETTO PONTE MILVIO 2005 SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI 20, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA PERONE,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso gli uffici dell’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA MAGNANELLI;

– controricorrente –

contro

CPM CONSORTILE PONTE MILVIO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4432/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA

GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4432/2017, depositata in data 5/7/2017, – in controversia promossa dall’Arch. P.A. nei confronti del Consorzio Ponte Milvio 2005 a r.l., quale committente, del Comune di Roma, quale proprietario dell’area, e della Progetto Ponte Milvio 2005 srl, quale concessionario dei lavori, per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 32.465,87, a titolo di compenso dovuto per l’incarico di progettazione esecutiva con calcolo strutturale della copertura metallica per l’ascensore panoramico del Centro Commerciale Ponte Milvio e delle strutture principali dell’ingresso, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda attrice nei confronti di tutti i convenuti, dichiarando inammissibile, per quanto qui interessa, la domanda di arricchimento senza causa, ex art. 2041 c.c., proposta tardivamente in comparsa conclusionale, non essendo la sua formulazione evincibile dall’atto introduttivo.

In particolare, i giudici d’appello, recependo integralmente la motivazione della decisione del Tribunale, cui facevano espresso richiamo e rinvio, hanno sostenuto che la domanda ex art. 2041 c.c., quand’anche ritenuta dipendente dalle difese dei convenuti, avrebbe dovuto essere avanzata in sede di udienza di prima trattazione ovvero, ove ritenuta mera emendatio libelli, in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.

Avverso la suddetta pronuncia, P.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Roma Capitale e di P.P.M. Progetto Ponte Milvio srl (che resistono con controricorsi) e di C.P.M. Consortile Ponte Milvio a rl (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Il ricorrente e la controricorrente PPM hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, senza richiamo a specifici vizi ex art. 360 c.p.c., n. 3, con il primo motivo, un’erronea qualificazione della domanda introduttiva, che doveva intendersi formulata, nei confronti della C.P.M. su base contrattuale e nei confronti degli altri convenuti, proprietario dell’area e concessionario, a titolo di indebito arricchimento, e, con il secondo motivo, la erronea valutazione sulla tardività della stessa domanda, che poteva ritenersi implicitamente proposta già nell’atto introduttivo, essendo stati indicati tutti gli elementi costitutivi.

2. La prima censura, ove non ritenuto inammissibile l’intero ricorso per mancata compiuta formulazione di vizi, ex art. 360 c.p.c., è inammissibile.

L’interpretazione della domanda è demandata al giudice di merito, il cui giudizio si risolve in un accertamento di fatto (incensurabile in cassazione se congruamente ed adeguatamente motivato), che deve riguardare l’intero contesto dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonchè del suo contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intenda perseguire (Cass. 14751/2007; Cass. 9011/2015).

Vero è che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (Cass. 118/2016; Cass. 23974/2011).

Orbene, il Tribunale (cui ha fatto rinvio la Corte di merito) ha rilevato che l’azione di arricchimento senza causa, quale rimedio residuale, richiede un espresso ed univoco riferimento ai presupposti costituiti, da una parte, dall’arricchimento e, dall’altra parte, dal depauperamento delle parti oltre che dal difetto di ogni altra tipica fonte di obbligazioni, concludendo che tali elementi erano del tutto assenti nell’atto introduttivo, nel quale era del tutto indeterminata la fonte delle pretese avanzate nei confronti dei vari convenuti.

Ora, questa Corte ha costantemente ribadito che l’azione generale di arricchimento ingiustificato costituisce un’azione autonoma, per diversità della “causa petendi”, rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale ed ha natura sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito e che la specificità del titolo dell’azione esclude che essa possa ritenersi proposta per implicito in una domanda fondata su altro titolo, nè può ritenersi consentito al giudice del merito sostituire la pretesa avanzata con la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa (Cass. 17317/2012; Cass. 17375/2003).

Si è poi precisato che la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata, una domanda nuova ed è, come tale, inammissibile se proposta per la prima volta in appello, ostandovi l’espresso divieto previsto dall’art. 345 c.p.c. (Cass. 21190/2016).

Il ragionamento della Corte di merito risulta pertanto conforme a tali principi di diritto.

3. Il secondo motivo è assorbito.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, ne rapport ricorrente/controricorrenti Roma Capitale e PPM srl.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, per la controricorrente PPM Progetto Ponte Milvio, in complessivi Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, e, per la controricorrente Roma Capitale, in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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