Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19424 del 13/09/2010
Cassazione civile sez. II, 13/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 13/09/2010), n.19424
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.L., rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dall’Avv. SANFILIPPO Gioacchino,
elettivamente domiciliato nel suo studio in Roma (studio legale
Coggiati-Dotto), via Lazio, n. 20/C;
– ricorrente –
contro
SIASE – Società Immobiliare Alberghiera S. Elia, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza
di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. CACOPARDO
Guido, elettivamente domiciliata in Roma, nello studio dell’Avv.
Orietta Frazzitta, via Col di Lana, n. 28;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 139 del 12
marzo 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22 giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che il consigliere designato ha depositato, in data 8 gennaio 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Decidendo sulla controversia in materia di subappalto promossa da M.L. nei confronti della SIASE s.p.a. e sulla domanda riconvenzionale della società, il Tribunale di Palermo, con sentenza del 19 luglio 2003, rigettava tutte le domande dell’attore e, in parziale accoglimento della riconvenzionale, condannava il M. a versare alla società Euro 25,82 per ogni giorno di ritardo dal 23 marzo 1997 al 23 maggio 1998, nonchè Euro 38.855,35 a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata il 12 marzo 2009, ha confermato la pronuncia di primo grado, rigettando il gravame del M.. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 6 luglio 2009, sulla base di tre motivi.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata società SIASE. Il primo motivo, con cui ci si duole che la Corte territoriale non abbia ammesso la rinnovazione istruttoria richiesta con l’atto di appello e non abbia considerato essenziali le prove richieste, è inammissibile: sia perchè, in violazione del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, non trascrive i capitoli di prova per testi che non sarebbero stati ammessi dal giudice del gravame; sia perchè la sintesi conclusiva del motivo non indica il fatto controverso richiesto dall’art. 366 bis cod. proc. civ..
Il secondo motivo (errata interpretazione e violazione dell’art. 1661 cod. civ.) si conclude con il quesito di diritto “se il giudice della sentenza impugnata ha e-scluso la responsabilità per la consegna dell’opera in ritardo a causa di forza maggiore o caso fortuito, che risultano dagli atti stessi (c.t.u.)”- Il mezzo è inammissibile, perchè il quesito non contiene l’enunciazione di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e perciò tale da implicare un ribaltamento della decisione adottata dal giudice a quo (Cass., Sez. 1^, 22 giugno 2007, n. 14682).
Il terzo mezzo censura omessa ed insufficiente o contraddittoria motivazione, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1661 e 1665 cod. civ.. Con esso di chiede conclusivamente di accertare “se il giudice d’appello ha errato nell’interpretare l’art. 1606 e seguenti nella parte in cui ha previsto la prova scritta nel caso di variazione concordate con il committente. Per giurisprudenza costante la forma scritta non è necessaria per le variazioni concordate con il committente”; e di accertare “che l’opera è stata tacitamente accettata dalla committente che ha accettato senza riserve l’opera, anche se non si sia proceduto alla verifica (art. 1665, comma 4), anche se l’appaltatore abbia messo il committente nelle condizioni di potere eseguire tale adempimento”.
Anche questo motivo è inammissibile, perchè in esso trovano congiunta formulazione censure aventi ad oggetto violazioni di legge e vizi della motivazione, affidandosi alla Corte – in contrasto con la regola di chiarezza di cui all’art. 366 bis – di enucleare dalla mescolanza delle censure la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere autonoma collocazione (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153). Sussistono, quindi, le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2010