Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19423 del 13/09/2010

Cassazione civile sez. II, 13/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 13/09/2010), n.19423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.L., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. ADAMO Roberto,

elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma, viale Giuseppe

Mazzini, n. 117;

– ricorrente –

contro

Società Impresa Edile DE NICOLA a r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. LIBERATORE

Roberto, elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma, via

Muggia, n. 21;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Società AGRICOLA FORESTALE LA TORRE a r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2471 del 12

giugno 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 21 dicembre 2009, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Con sentenza in data 8 aprile 2003, decidendo la controversia in materia di appalto promossa dalla Società Impresa Edile De Nicola a r.l. nei confronti di B.L. e della Società Agricola Forestale La Torre a r.l., il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda principale e quella riconvenzionale; ridotto il corrispettivo delle porte a L. 25.212.000 (perchè fornite di legno diverso da quello concordato) e detratta la somma di L. 48 milioni dovuta dall’impresa a titolo di penale per il ritardo, condannava in solido le convenute a pagare la somma di L. 299.238.890, pari a Euro 154.543,99, oltre interessi legali dalla domanda.

Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 12 giugno 2008, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la B. e la Società Agricola Forestale La Torre a r.l. al pagamento, in favore della Società Impresa Edile De Nicola a r.l., della minor somma di Euro 95.941,77, oltre a interessi legali dalla data della domanda.

Per quanto qui ancora rileva, la Corte di merito ha rigettato il primo motivo di appello, con il quale era stata lamentata la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Premesso che l’impresa De Nicola aveva dedotto nell’atto introduttivo del giudizio di aver maturato un credito di L. 217.881.290, più IVA, per lavori previsti in contratto e di L. 106.579.600, oltre IVA, per lavori extracontratto e che la domanda era quindi diretta ad ottenere il relativo complessivo importo di L. 324.460.890, oltre a ulteriori 8 milioni, pari al valore dei materiali e delle attrezzature lasciate in cantiere, la Corte di merito ha rilevato che la somma rivendicata dall’attrice teneva conto degli acconti già ricevuti, come risulta dall’esame della documentazione cui era fatto specifico riferimento nell’atto di citazione e in particolare dai SAL relativi alla situazione lavori al 7 e al 21 maggio 1997. Pertanto – ha precisato conclusivamente la Corte territoriale – la somma riconosciuta in favore della società attrice è in ogni caso inferiore a quella pretesa nell’atto di citazione, che era già al netto degli acconti.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 giugno 2009, sulla base di un unico motivo. Ha resistito, con controricorso, la Società Impresa Edile De Nicola, mentre l’altra intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Con l’unico mezzo la ricorrente denuncia “violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; vizio di ultra petita; mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato”. Esso si conclude con il quesito se “con riferimento ai principi dettati dall’art. 112 cod. proc. civ. – corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato – fa mal governo della norma il giudice che non desume unicamente la posizione delle parti nel giudizio, l’ampiezza e la natura delle domande e i limiti delle stesse dal contenuto della domanda e delle tesi dedotte a sostegno negli atti di causa, ma ritiene di poter integrare e/o modificare le tesi defensionali nella loro letteralità per come esposte dalle parti processuali, le domande e le conclusioni specificamente formulate dalle stesse, attingendo elementi tesi a detta integrazione e/o modificazione dall’esame della documentazione prodotta dalle parti o da una di esse”.

Il motivo non coglie nel segno.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Sez. lav., 8 agosto 2006, n. 17947), nell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda giudiziale il giudice deve determinare l’oggetto della domanda mediante l’esame complessivo dell’atto, anche utilizzando i conteggi e i documenti allegati all’atto di citazione.

A tale criterio ermeneutico si è attenuto il giudice del merito, il quale, nell’escludere il lamentato vizio di extrapetizione, ha rilevato che la somma richiesta dalla Società Impresa Edile De Nicola teneva conto degli acconti già ricevuti, ed ha tratto questa conclusione dall’esame congiunto dell’atto di citazione e della documentazione allegata cui il libello introduttivo faceva specifico riferimento.

Sussistono, quindi, le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

Letta la memoria della parte controricorrente, che aderisce alla proposta di definizione ex art. 380 bis cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta, il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2010

 

 

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