Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19422 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 08/07/2021), n.19422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1739-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO

FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DE LORENZI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE TINELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2161/2014 della COMM.TRIB.REG.PUGLIA SEZ.DIST.

di LECCE, depositata il 03/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2021 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 2161/22/14 pubblicata il 3 novembre 2014 la Commissione tributaria regionale della Puglia sezione distaccata di Lecce in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brindisi n. 136/3/13 ha accolto il ricorso proposto da G.S. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e con il quale era stato accertata una plusvalenza imponibile pari ad Euro 1.306.626,41 con conseguente IRPEF per Euro 319.470,15 in relazione alla cessione immobiliare relativa a fabbricati fatiscenti che insistevano su un’area suscettibile di utilizzazione edificatoria essendo oggetto di interventi di trasformazione urbana. La Commissione tributaria regionale ha considerato che la cessione si riferiva a fabbricati acquistati negli anni 2000 e 2001 e quindi da oltre cinque anni dall’atto di vendita per cui non era configurabile la contestata plusvalenza a nulla rilevando le potenzialità edificatorie del terreno sui quali i fabbricati insistevano;

che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su due motivi;

che G.S. resiste con controricorso illustrato da successiva memoria deducendo l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per difetto di autosufficienza e per non essere indicato neanche il fatto decisivo omesso, e chiedendo comunque il rigetto del ricorso stesso assumendone l’infondatezza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5 in particolare si deduce che la CTR non avrebbe considerato l’esistenza di un piano urbanistico di recupero dell’area su cui sorgono i fabbricati oggetto della cessione, l’istanza di demolizione e ricostruzione presentata dal contribuente, lo stato fatiscente dei fabbricati ceduti, il rilevante divario fra il prezzo di acquisto dei fabbricati e quello di vendita;

che con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. b), ultimo periodo, in relazione alla L. n. 457 del 1978, art. 27, ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento al piano di recupero dell’area che ha determinato la plusvalenza tassata che altrimenti eluderebbe la tassazione;

che l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso non è fondata. Le circostanze dedotte dalla ricorrente sono ben specificate nel motivo di ricorso, e sarebbero decisive nella prospettiva difensiva della ricorrente stessa;

che il primo motivo è comunque infondato in quanto il giudice dell’appello ha valutato la situazione di fatto dedotta dalla ricorrente e relativa alla potenzialità edificatoria del suolo ove sono situati i fabbricati oggetto della vendita, ma ha considerato irrilevante tale circostanza per i motivi di diritto esposti e che fanno riferimento all’esclusivo oggetto della vendita costituito appunto dai fabbricati e non dal terreno sul quale sono costruiti;

che il secondo motivo è pure infondato. Ed invero, la decisione impugnata, nel ritenere irrilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta la circostanza che le parti del contratto di compravendita avessero previsto la demolizione del fabbricato con successiva costruzione da parte dell’acquirente di un nuovo immobile, si pone nel solco dell’indirizzo giurisprudenziale espresso da questa Corte. Si è difatti, al riguardo, affermato: “La disposizione (art. 67 TUIR) che assoggetta a tassazione, quali “redditi diversi”, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato; l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale” (Cass. n. 15629 del 2014; nello stesso senso, Cass. n. 7853 del 2016, in motivazione). Inoltre, Cass. n. 19129 del 2017, in motivazione, ha ulteriormente chiarito che: “sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati: ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica”; nello stesso senso Cass. 23 gennaio 2018 n. 1674. Il ricorso va dunque rigettato;

che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della soccombente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, in quanto tale versamento non può aver luogo per quelle parti, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 9.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, il 15 % per rimborso spese forfettarie, IVA e CAP.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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