Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19420 del 30/09/2016
Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 30/09/2016), n.19420
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. OLIEVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27171-2014 proposto da:
C.M., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avvocato ALFONSO PEPE, FRANCESCO SENESE giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
FIDITALIA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 260/2013 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata
il 19/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2016 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La presente controversia trae origine da un decreto ingiuntivo del giudice di pace di Afragola che ingiunse a C.M. di pagare a favore della CreditCon S.p.A. la somma di 4.038.000 a titolo di credito per capitale e interessi, derivante dal contratto di finanziamento stipulato il (OMISSIS).
Il C. si oppose al predetto decreto e nell’ambito di tale giudizio propose querela di falso avverso le firme apposte in calce al contratto di finanziamento. Quindi, il giudice di pace in applicazione dell’art. 65 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, rimise le parti innanzi al tribunale di Napoli per il processo di falso. Il Tribunale accolse la domanda e dichiarò la falsità delle firme apposte sul contratto di finanziamento compensando tra le parti le spese di lite. Il C. propose appello avverso il capo della sentenza con cui il tribunale aveva compensato le spese. Appello che fu accolto con sentenza n. 1421 del 24 gennaio 2003. Il C., pertanto, il 9 marzo 2004, riassunse il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
Il giudice di pace dichiarò estinto il giudizio perchè ritenne che la riassunzione operata dal C. fosse intervenuta oltre il termine perentorio previsto dall’art. 297 c.p.c..
2. La decisione è stata confermata dal Tribunale di Napoli, con sentenza n. 260 del 19 agosto 2013.
3. Avverso tale decisione, C.M. propone ricorso in Cassazione sulla base di 1^ motivo.
3.1. La società intimata non svolge attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione art. 329 c.p.c. e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Lamenta che il giudice del merito ha errato perchè ha ritenuto estinto il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sulla base della inosservanza del termine per la ripresa del processo sospeso, così come sancito dall’art. 297 c.p.c., e ciò per un presunto intervenuto passaggio in cosa giudicata della sentenza numero 2473 del 14 febbraio 2001 del Tribunale di Napoli che aveva definito la controversia insorta in ordine alla querela di falso, per effetto del determinarsi di un giudicato interno. Si duole il ricorrente che non è stata presa in considerazione la natura dichiarativa della sentenza e che, conseguentemente, non poteva passare in giudicato.
Il motivo è infondato.
Il giudice del merito ha, con motivazione congrua e scevra da vizi logico – giuridici, affermato che la sentenza del Tribunale di Napoli la numero 2473/2001 conteneva due statuizione: la prima sulla querela di falso la seconda, sulle spese. Solo quest’ultimo capo della sentenza è stato impugnato successivamente dall’odierno ricorrente. Pertanto, il primo punto della sentenza è passata in giudicato, con conseguente definizione della controversia in ordine alla querela di falso. Il C. avrebbe dovuto riassumere il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo entro il termine di sei mesi dalla sentenza del 2001. La riassunzione è stata proposta nel gennaio 2004 e quindi ben oltre il termine previsto dall’art. 297 c.p.c..
E’ principio di questa Corte che la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione; ne consegue che l’impugnazione avverso di essa deve essere proposta in via autonoma (Cass. n. 26507/2011; Cass. n. 20126/2006).
5. In considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto attività difensiva non occorre provvedere sulla spese.
6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016