Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19415 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19415 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 17373-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585,
legale rappresentante pro tempore,

in persona del
elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1430

BETTI ROMINA;
– intimata –

sul ricorso 20589-2008 proposto da:

Data pubblicazione: 22/08/2013

BETTI ROMINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SALARIA 242, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLIS
ANTONIO, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

POSTE ITALIANE S.P.A.;

4.111timata

avverso le sentenze n. 5992/2007r— n. 7604/2006(4/0A)
depositate rispettivamente il 23/11/2007 e il 21/06/07
della CORTE D’APPELLO di ROMA, r.g.n. 9723/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso
principale rigetto nel resto, assorbito l’incidentale.

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Betti proponeva appello awerso la sentenza del Tribunale di
Roma, con cui venne respinta la sua domanda diretta alla
declaratoria di illegittimità dell’apposizione del termine da parte
delle Poste Italiane s.p.a. nei contratti di lavoro intercorsi tra le
parti dal 29.11.96 (per punte di più intensa attività stagionale);
dal 13.10.97, per esigenze eccezionali conseguenti la
riorganizzazione produttiva ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.I di
categoria del 26 novembre 1994; dall’8 giugno al 30 settembre
1998 per esigenze produttive ed organizzative in concomitanza
del godimento di ferie del personale stabile nel periodo giugnosettembre, ed infine dal 27.10.98, sempre per esigenze
riorganizzative straordinarie ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.I di
categoria del 26 novembre 1994.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza non definitiva
depositata il 21.6.07 e definitiva, depositata il 23 novembre
2007, dichiarava dapprima la nullità del contratto del 27.10.98,
con declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, con condanna della società
al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dalla
messa in mora del 10.10.00; quindi, con la sentenza definitiva,
depositata il 23.11.07, dichiarava anche la nullità del contratto
a termine dell’8.6.98, con le medesime conseguenze.
Avverso tali sentenze propone ricorso per cassazione la società
Poste, affidato ad otto motivi.
Resiste la Betti con controricorso, contenente ricorso incidentale
condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi awerso
medesime, sentenza, ex art. 335 c.p.c.
Deve inoltre respingersi l’eccezione di nullità della procura
rilasciata al difensore della società Poste, sollevata dalla Betti,
posto che non risulta adeguatamente contestata la procura
notarile (atto pubblico i cui estremi sono indicati nella delega a
margine del presente ricorso ed allegata agli atti) con cui sono
stati conferiti i poteri di rappresentanza al delegante,
Responsabile della direzione centrale delle risorse umane ed
organizzazione della società.
1— Con i primi due motivi la società ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 L. n. 230\62;
dell’art. 23 L. n. 56 del 1987 e del c.c.n.l. 1994 di categoria, e
successivi accordi integrativi, nonché omessa ed insufficiente

2

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
lamentando che la Corte di merito, in contrasto con le norme
richiamate, non considerò adeguatamente che con la delega
contenuta nel citato art. 23, le parti sociali erano libere di
individuare nuove e diverse ipotesi di assunzione a tempo
determinato, senza altri limiti se non quello dell’osservanza di
un limite percentuale dei lavoratori da assumere, sicché le
pattuizioni collettive erano sottratte al sindacato giurisdizionale,
e segnatamente in ordine all’esistenza di un nesso causale tra
le ragioni di assunzione e la singola stipula del contratto a
tempo determinato.
Lamentata inoltre che i giudici di merito non avevano
adeguatamente considerato che nessun limite temporale, sino
all’entrata in vigore del d.lgs n. 368 del 2001, poteva essere
imposto alle pattuizioni sindacali delegate.
2 —I motivi, che stante la loro connessione possono essere
congiuntamente trattati, sono infondati.
La sentenza impugnata, infatti, non ha ritenuto le pattuizioni
collettive, in tema di individuazione di nuove ipotesi di contratto
a tempo determinato ex art. 23 L. n. 56 del 1987, soggette ai
requisiti di cui all’art. 1 L. n.230 del 1962, ma solo che esse
avevano previsto un limite temporale alle specifiche esigenze
organizzative legittimanti le assunzioni a termine di cui al
c.c.n.l. 26 novembre 1994 e successivi accordi integrativi.
L’assunto risulta assolutamente rispettoso dell’autonomia
negoziale collettiva, che, delegata alla individuazione di nuove
ipotesi di assunzione a tempo determinato, è parimenti libera di
stabilire una loro scadenza temporale.
Come efficacemente chiarito da Cass. 9 aprile 2008 n. 9259 e
quindi da Cass. 28 ottobre 2010 n. 22015, l’art. 23 della legge
n. 56 del 1987, nel consentire alla contrattazione collettiva di
individuare nuove ipotesi rispetto a quelle previste dalla legge
n. 230 del 1962, non impone di fissare contrattualmente dei
limiti temporali alla facoltà di assumere lavoratori a tempo
determinato, ma, ove un limite sia stato invece previsto, la sua
inosservanza determina la illegittimità del termine apposto.
Nella specie la limitata efficacia temporale degli accordi
intervenuti all’interno della società Poste risulta rispettosa
dell’autonomia negoziale collettiva ed in linea col consolidato
orientamento di questa Corte (ex plutimis, Cass. 9 giugno 2006
n.13458, Cass.20 gennaio 2006 n.1074, Cass.3 febbraio 2006
n.2345, Cass. 2 marzo 2006 n.4603), secondo cui dall’esame

a particolari esigenze o condizioni oggettive di lavoro o
soggettive dei lavoratori, essendo sufficiente che la
contrattazione collettiva indichi la percentuale dei lavoratori
da assumere rispetto a quelli impiegati a tempo
indeterminato, considerato che l’esame congiunto delle parti
sociali sulle necessità del mercato del lavoro costituisce
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dei vari accordi in materia si evince che le parti sociali
autorizzarono la stipula di contratti a tempo determinato per le
causali di cui all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, sino al 30
aprile 1998.
Da ciò consegue l’assorbimento della censura inerente la prova
del nesso causale tra le esigenze individuate dai contraenti
collettivi e la singola assunzione.
2. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 346 c.p.c. e la nullità della sentenza in
relazione all’art. 112 c.p.c., oltre a vizio di motivazione.
Lamenta che la statuizione di nullità del contratto 6.6.-30.9.98,
per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenza per ferie del restante personale, non sarebbe stato
impugnato dalla Belli, sicché la sentenza impugnata non
avrebbe potuto dichiararne la nullità.
Il motivo è infondato, posto che, come risulta dal ricorso in
appello della Belli, allegato dalla stessa società ricorrente,
risulta che tale doglianza era stata sottoposta al giudice di
appello.
3. Con il quarto motivo la società Poste denuncia la violazione
dell’art. 1 L.n. 230\62; dell’art. 8 del c.c.n.l. 1994 e dell’art. 23
L. n. 56\87, oltre ad un vizio motivazionale circa la legittimità
del contratto 6.6.-30.9.98, per necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenza per ferie del restante
personale.
Il motivo è fondato.
Come notato da questa Corte (tra le prime, cfr. sent. 11
dicembre 2002 n.17674), l’art. 23 della legge n. 56 del 1987
consente che – oltre alle ipotesi di cui all’art. 1 della legge n.
230 del 1962 (e successive modificazioni e integrazioni) e
dell’art. 8 bis del D.L. n. 17 del 1983, convertito in legge n.
79 del 1983 – vengano individuate, nei contratti collettivi di
lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle
confederazioni maggiormente rappresentative, specifiche
fattispecie in relazione alle quali sia consentita l’apposizione
al contratto di lavoro di un termine, “senza alcun riferimento

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idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia de/loro
diritti”, ritenendosi che la delega ai contraenti collettivi di cui
alla L.n.56 del 1987 costituisca una “delega in bianco”, Cass.
sez.un.2 marzo 2006 n.4588.
Con più particolare riferimento all’assunzione a termine per
sostituire lavoratori in ferie, la contrattazione collettiva ha nella
fattispecie stabilito che “in attuazione di quanto specificamente
previsto dall’art. 23 punto 1) della legge 28 febbraio .1987 n.56
che l’Ente potrà valersi delle prestazioni di personale con
contratto a termine, oltre che nelle ipotesi già previste dalle
leggi, nei seguenti casi: necessità di espletamento del servizio
in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno
settembre” (art.8 c.c.n.l. 26 novembre 1994).
Con accordo del 27 aprile 1998 le parti sociali, con riferimento
all’art.8 cit. ed ai successivi accordi integrativi, prendevano
“atto che l’azienda, dopo l’avvenuta trasformazione in s.p.a. si
trova a dover fronteggiare esigenze eccezionali scaturite dai
processi di ristrutturazione e riorganizzazione in atto, che hanno
comportato, tra l’altro, il mancato godimento di ferie negli anni
precedenti. Ciò posto, al fine di smaltire le ferie maturate e non
godute nel corso degli anni precedenti, le parti convengono che
il periodo di ferie di cui al comma 2 dell’art. 8 del c.c.n.l. per ri
corrente anno è esteso anche al mese di maggio. Le stesse
parti convengono, altres, che nelle more delle procedure
attuative delle predette assunzioni e fino ad un massimo di 30
gg., l’azienda disporrà la proroga dei rapporti di lavoro a
termine in scadenza al 30.4.98, così come previsto dalla
normativa vigente in materia”.
A tal riguardo è d’uopo sottolineare che l’art.8 del c.c.n.l.
faceva riferimento alla necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno
settembre, e non semplicemente alle sostituzioni del personale
in ferie, mentre con successivo accordo del 27 aprile 1998 le
parti sociali evidenziavano che l’azienda, dopo l’awenuta
trasformazione in s.p.a. continuava a dover fronteggiare
esigenze eccezionali scaturite dai processi di ristrutturazione e
riorganizzazione in atto, che avevano comportato, tra l’altro, il
mancato godimento di ferie negli anni precedenti ed il
successivo massiccio ricorso alle ferie de/persona/e.
L’assunzione a termine disposta nel periodo maggio-settembre
la necessità prevista dai
soddisfa dunque pienamente
contraenti collettivi, che non consente ulteriore (rispetto a

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quello operato dalle parti sociali) sindacato ad opera del
giudice, prescindendo la facoltà concessa all’autonomia
collettiva dall’art.23 L.n.56 del 1987 dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed
esigenze aziendali o dal riferimento a condizioni oggettive di
lavoro.
La sentenza impugnata trascura in definitiva la circostanza che
la scadenza del 31 dicembre 1997, contenuta nell’art. 87 del
c.c.n.l. del 1994, owero del 30 aprile 1998, in tesi contenuta
nell’accordo 27 aprile 1998, non contengono limiti temporali di
efficacia per le assunzioni a tempo determinato con riferimento
alla causale in questione.
Si osserva, infatti, che l’accordo del 25 settembre 1997,
invocato e riportato in ricorso dalla ricorrente, nell’aggiungere
l’ipotesi delle esigenze eccezionali, ha confermato la volontà
congiunta delle parti stipulanti di ritenere tuttora
legittimamente operanti le altre ipotesi, tra cui quella
dell’assenza per ferie, previste dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994;
tale volontà di ritenere vigente quest’ultima ipotesi a
prescindere da limitazioni di carattere temporale ha trovato
esplicita conferma nell’accordo 27 aprile 1998 che estende al
mese di maggio, limitatamente all’anno 1998, il periodo di ferie
di cui all’art. 8 del c.c.n.l. del 1994.
L’estensione al mese di maggio 1998 del periodo di ferie
previsto dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 (inizialmente fissato al
periodo giugno – settembre) dimostra l’implicito riconoscimento
dell’operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di
contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie anche per i successivi mesi
estivi del 1998 e per i successivi periodi feriali, a prescindere da
ulteriori accordi autorizzatori, non essendo previsti altri limiti
temporali; tale interpretazione non si pone in contrasto con la
sopra citata norma di cui all’art. 87 del c.c.n.l. del 1994, la
quale fa salve le diverse decorrenze fissate per singoli istituti
(cfr. da ultimo Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513).
Deve quindi concludersi che l’unico presupposto per
l’operatività della particolare autorizzazione conferita dai
contratti collettivi è costituito dalla stipulazione del contratto a
termine nel periodo giugno-settembre (salvo per il 1998 in cui è
estesa anche a maggio ) in cui, di norma, i dipendenti fruiscono
di ferie (ex plurimis, Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678; Cass. 10
gennaio 2006 n.167; Cass. 20 gennaio 2006 n.1074; Cass. 25

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gennaio 2006 n.1381; Cass. 7 marzo 2008 n. 6204; Cass. 12
luglio 2010 n. 16302; Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513).
La sentenza impugnata deve pertanto sul punto cassarsi.
4. Con il quinto motivo la società denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte capitolina
ritenuto illegittimo il contratto a termine del 27.10.98, senza
esserle stata devoluta la questione dell’efficacia temporale della
relativa norma autorizzativa collettiva.
Il motivo è infondato posto che, come evidenziato dalla
controricorrente e come risulta dalla memoria di costituzione in
giudizio della società Poste, essa stessa sostenne che le norme
autorizzatorie collettive ex art. 23 L. n. 56\87 non subirono
alcuna soluzione di continuità temporale sino al c.c.n.l. del 2001
(pagg. 14 e segg.). Senza poi considerare che la questione ha
già formato oggetto di censura alla sentenza impugnata con il
primo motivo, ove è stato imputato alla Corte di merito di avere
erroneamente rawisato un limite temporale di efficacia alle
norme autorizzatorie, ritenuto dunque legittimo tema di
indagine.
6. Con il sesto ed il settimo motivo la società Poste lamenta,
oltre ad insufficiente motivazione, l’erronea interpretazione
dell’art. 23 L. n. 56\87 e dei vari contratti ed accordi collettivi
che autorizzarono la stipula di contratti a termine, senza alcuna
soluzione di continuità.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi, sono
infondati per le medesime considerazioni svolte in ordine alla
prima censura, e sostanzialmente per contrastare con il
costante orientamento di questa S.C., espresso, tra le altre,
nelle numerose sentenza ivi indicate.
7. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1217 e 1233 c.c., con riferimento
alla statuizione di condanna al pagamento delle retribuzioni
dalla data di asserita messa in mora.
Ad illustrazione del motivo formulava il seguente quesito di
diritto: “Dica la Corte se per il principio di corrispettività della
prestazione, il lavoratore, a seguito dell’accertamento giudiziale
dell’illegittimità del contratto a termine stipulato, ha diritto al
pagamento delle retribuzioni solo dalla data di riammissione in
servizio, salvo che abbia costituito in mora il datore di lavoro,
offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto
degli artt. 1206 e seguenti c.c.”.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il quarto motivo del ricorso
principale, rigettati i restanti ed assorbito il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza definitiva impugnata in relazione alla censura
accolta e, decidendo nel merito, dichiara la legittimità del
contratto a tempo determinato 8 giugno 1998-30 settembre
1998. Condanna la società Poste al pagamento delle spese dei.
7

Il quesito, e con esso il motivo (Cass. sez.un. 9 marzo 2009 n.
5624), è inammissibile per la sua estrema genericità, e per
contrasto col principio di autosufficienza, non chiarendo la
società il contenuto dell’atto di costituzione in mora (tentativo
obbligatorio di conciliazione). Deve al riguardo rimarcarsi che il
ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di
motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze
probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le
circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento
trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito,
indicandone inoltre la sua esatta ubicazione all’interno dei
fascicoli di causa (Cass. sez.un. 3 novembre 2011 n. 22726), al
fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che,
per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la
S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni
contenute nell’atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915).
8. Il ricorso incidentale, avente ad oggetto l’illegittimità della
proroga 31.1.99 apposta al contratto 27.10.98 resta assorbito,
essendo del resto sul punto dichiaratamente condizionato. Non
può comunque la Corte non evidenziare il difetto di interesse,
posto che la domanda ora proposta è stata già accolta dalla
sentenza non definitiva della Corte capitolina.
9. Conclusivamente, deve accogliersi il quarto motivo del ricorso
principale, rigettati i restanti ed il ricorso incidentale.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene
decisa nel merito direttamente da questa S.C., con il rigetto
della domanda della Betti inerente l’illegittimità del contratto
stipulato l’8 giugno 1998.
L’esito complessivo della lite e la reciproca soccombenza
giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio
di legittimità, mentre quelle inerenti la fase di merito si
liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore dei
difensori della Belli, dichiaratisi antecipanti.

giudizi t di merito, determinate per il primo grado in complessivi
E.1.950,00, di cui E. 830,00 per onorari, e, per il secondo
grado, in complessivi €.2.200,00, di cui E.1.000,00 per onorari,
oltre accessori di legge, da distrarsi in favore degli aw. Antonio
De Paolis e Paolo Ermini. Compensa le spese del presente
giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 aprile
2013

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