Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19415 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/08/2017, (ud. 19/04/2017, dep.03/08/2017),  n. 19415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21867/2013 proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., (c.f. (OMISSIS)), in persona legale rappresentante

G.G., elettivamente domiciliata in Roma, viale G. Mazzini

n. 11, presso l’avvocato De Bonis Marco, rappresentata e difesa

dall’avvocato Franco Domenico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela Fallimentare (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore dott.

M.L., elettivamente domiciliata in Roma, via Domenico

Millelire n. 6, presso l’avvocato Frezza Andrea, rappresentata e

difesa dall’avvocato Frezza Francesco, gusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

Kone s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 981/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. (OMISSIS) impugna per cassazione la sentenza della Corte di Appello di Bari che ha rigettato il reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società medesima, emessa dal Tribunale di Trani con pronuncia n. 24/2013.

Contro il ricorso resiste il Fallimento (OMISSIS) s.r.l., che ha depositato apposito controricorso. Non ha invece svolto attività difensiva la s.p.a. Kone, creditore istante la dichiarazione di fallimento e soggetto intimato dal ricorrente.

Il ricorso propone quattro motivi, che tutti concernono i presupposti di concreta fallibilità della s.r.l. (OMISSIS).

Il primo motivo lamenta in sostanza la falsa applicazione della L. Fall., art. 15, u.c. – per cui non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se il montante dei debiti scaduti risultanti dall’istruttoria prefallimentare non raggiunge la misura di Euro 30.000,00 -, rilevando che nella specie era stata offerta in pagamento al creditore Kone la somma di Euro 27.000,00 a fronte di un credito di Euro 50.000,00 complessivi. Il secondo motivo si duole della circostanza che non sia stata ammessa prova testimoniale atta a comprovare l’offerta di pagamento appena sopra richiamata.

Il terzo motivo contesta la sussistenza dello stato di insolvenza, asserendo la sussistenza di un attivo patrimoniale superiore al passivo e pure la sussistenza di una ragionevole prospettiva di ripresa aziendale. Il quarto motivo censura la decisione della Corte territoriale di non disporre consulenza tecnica d’ufficio in relazione ai detti profili.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Quanto all’assunta violazione della L. Fall., art. 15, u.c. di cui al primo e al secondo motivo, va rilevato che, secondo la stessa prospettazione del ricorrente, si è trattato di un’offerta solo parziale, come tale intrinsecamente inidonea a integrare gli estremi dell’offerta di pagamento ex art. 1220 c.c. D’altro canto, la offerta di pagamento, quand’anche esattamente rispondente alla prestazione dovuta, non viene di per sè a incidere sul montante di debito rilevante ai fini dell’art. 15, u.c., posto che la stessa, se esonera il debitore dalla mora, lascia pur sempre in vita il debito.

Il terzo e il quarto motivo svolgono delle censure propriamente di fatto, chiedendo un riesame che è per contro precluso a questa Corte. D’altra parte, la circostanza dell’eventuale esistenza di un attivo superiore alla massa dei creditori non risulta di per sè stessa rilevante (cfr. Cass., 27 marzo 2014, n. 7252). Non meno ragionevole e congrua risulta, poi, la valutazione formulata dalla Corte territoriale sul carattere strutturale e definitivo della difficoltà economica dell’impresa sociale, che è basata sulla constatata “inattività protrattasi nel tempo” della stessa e sulla mancanza di “necessari requisiti di concretezza” circa l’eventualità di un “acquisizione” di un dato “suolo edificatorio”.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza di presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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