Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19414 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2021, (ud. 05/05/2021, dep. 08/07/2021), n.19414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17726-2015 proposto da:

PROVINCIA DI PIACENZA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA

PICCIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE MANFREDI;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA DI PIACENZA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE DE FINA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

PROVINCIA DI PIACENZA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA

PICCIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE MANFREDI;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 65/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/05/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. La Provincia di Piacenza propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 65 del 15.1.2015, con la quale la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto:

– spettante il diritto della Provincia al rimborso dei contributi consortili versati al Consorzio di Bonifica di Piacenza (già Consorzio di Bonifica Bacini Tidone e Trebbia), negli anni 1990-99, per taluni immobili da essa posseduti fuori del centro abitato di Piacenza ed in altri Comuni della Provincia (segnatamente, quelli “meglio descritti alle lettere g, h, i, p, q, r, s, t della CTU ing. M. (OMISSIS)”);

– invece non spettante questo diritto in relazione ad altri immobili della Provincia, siti nel centro abitato del Comune di Piacenza.

La Corte di Appello, in particolare, ha rilevato che:

– i contributi consortili, per regola generale, erano dovuti sul presupposto dell’inserimento degli immobili entro il perimetro di contribuenza ed il piano di classifica, e sempre che essi ritraessero dalle opere di bonifica e conservazione idraulica un vantaggio diretto e specifico (conseguito o conseguibile) integrante una qualità del fondo e produttivo di un incremento di valore economico (ex artt. 860 c.c. e R.D. n. 215 del 1933, art. 10);

– per il primo gruppo di immobili (come sopra indicati) la sussistenza di un siffatto vantaggio diretto e specifico andava esclusa secondo quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio nel primo grado di giudizio (a seconda dei casi: per mancata prova dell’inserimento del bene nel perimetro di contribuenza; per la comprovata insussistenza di un beneficio causalmente riferibile alle opere ed agli interventi consortili sul territorio; per l’affidamento della rete dei canali di distribuzione della zona agli utenti dei singoli rivi costituiti in organismi condominiali autonomi e slegati dal Consorzio; per la sussistenza di un beneficio non economicamente valutabile);

– per il secondo gruppo di immobili (essenzialmente quelli siti nel centro abitato del Comune di Piacenza), il vantaggio diretto e specifico (se mai generale, ma non generico) andava invece positivamente affermato, sempre sulla scorta della consulenza tecnica d’ufficio, sia sotto il profilo del beneficio di “scolo” (raccolta, per il tramite della fognatura comunale, delle acque nere e meteoriche di prima pioggia in un canale di recapito affidato alla gestione fognaria del Comune di Piacenza ed alle opere integrative gestite dal Consorzio), sia sotto il profilo del beneficio di “difesa” (protezione idraulica della città di Piacenza da eventuali inondazioni causate dalla peculiare conformazione del territorio, circondato ad est ed ovest dai fiumi (OMISSIS) e (OMISSIS), anche mediante l’isolamento idraulico ed il sistema di regimazione consentito da due canali diversivi, il tutto affidato alla gestione consortile), sia ancora – sotto il profilo del beneficio potenziale derivante alla Provincia dall’attività di ‘studio e progettazioné da parte del Consorzio, rientrante anch’esso tra i benefici specifici comportanti vantaggi ‘conseguibilì in futuro.

Resiste con controricorso e memoria il Consorzio di Bonifica di Piacenza il quale formula anche un motivo di ricorso incidentale.

Anche la Provincia di Piacenza ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso principale la Provincia lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, artt. 10 segg., della L.R. Emilia Romagna n. 42 del 1984, art. 13, della L. n. 319 del 1976, art. 16, della L. n. 36 del 1994, art. 27, nonché della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato Interministeriale istituito con citata L. n. 319 del 1976, e del D.M. LLPP 1 agosto 1996, oltre che del R.D. n. 368 del 1904 e dell’art. 23 Cost..

Ciò per essersi la Corte d’appello discostata dall’indirizzo di legittimità (per quanto registrante un ‘contrastò tra la sezione tributaria e la prima sezione civile), secondo il quale, in ordine all’immissione nei corsi d’acqua consortili tramite fognatura comunale, il rapporto di contribuenza poteva istituirsi soltanto tra i proprietari ed il Comune, il quale a sua volta avrebbe semmai dovuto corrispondere un canone al Consorzio (Cass. SSUU n. 8960 del 1996; Cass. sez. I civ. n. 2954 del 1914). Il sistema di raccolta ed allontanamento delle acque fognarie, tanto reflue quanto meteoriche, rientrava infatti tra i compiti istituzionali, non già dei consorzi di bonifica, bensì dei comuni anche perché, diversamente ragionando, il Consorzio di bonifica si vedrebbe attribuire sia il canone per la concessione di scolo da esso rilasciata al Comune, sia il contributo di bonifica vero e proprio da parte dei singoli proprietari, con conseguente sottoposizione finale di questi ultimi a doppia imposizione.

In ogni caso, non sussisteva nella specie né il beneficio di scolo né quello di difesa, dal momento che questi ultimi erano del tutto generici (non generali, nel senso indicato dalla S.C.) perché concernenti tutti indistintamente gli immobili siti all’interno del centro urbano della città di Piacenza, con conseguente venir meno dell’accertamento dell’inerenza del preteso vantaggio ai singoli immobili onerati.

p. 2.2 I motivo è destituito di fondamento.

La Corte d’appello ha ravvisato, in relazione agli immobili siti nel centro urbano di Piacenza, il presupposto contributivo del beneficio diretto e specifico (sia di scolo sia di difesa), ciò sulla base di una determinata valutazione del quadro probatorio, vagliata alla luce della consulenza tecnica d’ufficio in atti.

La conclusione alla quale è così pervenuta la Corte territoriale non è in contrasto con la normativa di cui si denuncia la violazione, trovando anzi conferma proprio in quell’indirizzo di legittimità che – a dire della Provincia ricorrente – si porrebbe in contrasto con un (da essa non condiviso) diverso orientamento della sezione tributaria della Corte di Cassazione.

Si legge infatti nella citata sentenza 2954 del 2014 (della prima sezione civile) che: “Come di recente ribadito nella pronuncia n. 2842 del 2012, con riferimento in particolare al R.D. n. 215 del 1933, artt. 10 e 11, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che il beneficio che costituisce, unitamente all’ubicazione dell’immobile nel comprensorio consortile, il presupposto dell’obbligo di contribuzione e del corrispondente potere impositivo del Consorzio deve essere diretto e specifico e, quindi, strettamente inerente all’immobile e configurante una sua qualità specifica, tale da incrementarne il valore, non essendo sufficiente un beneficio che costituisca mero riflesso dell’inclusione del bene nel comprensorio di bonifica (così le pronunce, rese a sezioni unite, n. 8960 del 1996 e n. 11722 del 2010, nonché le sentenze n. 1386 del 2011 e n. 8770 del 2009), e che “perimetro di contribuenza” e “piano di classifica” configurano atti amministrativi (cfr. Cass. n. 1338 del 1978 e Cass. n. 8770 del 2009) sindacabili dal giudice amministrativo ed opponibili davanti al giudice ordinario solo in prospettiva di disapplicazione. Quanto al regime probatorio, si e’, peraltro, puntualizzato che la ricomprensione degli immobili nel “perimetro di contribuenza” e la relativa valutazione nell’ambito di un “piano di classifica” comportano l’onere del contribuente, che voglia disconoscere il debito, di contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando, in tal caso, sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione; mentre, in assenza di “perimetro di contribuenza” e di mancata valutazione nell’ambito del “piano di classifica” grava sul Consorzio, in base agli ordinari criteri di distribuzione dell’onere della prova ex art. 2967 c.c., l’onere di provare la qualità del contribuente di proprietario di immobile sito nel comprensorio ed il conseguimento da parte dell’immobile di sua proprietà, a causa delle opere eseguite, di concreti benefici non scaturenti dalla mera insistenza sull’area del comprensorio (così le pronunce rese a sezioni unite, n. 8960 del 1996 e n. 26009 del 2008, e la sentenza n. 19509 del 2004)”.

Si tratta di principi in realtà innumerevoli volte affermati – non disattesi anche dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione; e ciò in relazione sia alla necessità che il beneficio si qualifichi in termini di vantaggio fondiario riferibile al singolo immobile (così da essere “specifico” ovvero, in altra ottica, “generale” perché concernente alla stessa maniera anche altri immobili, e tuttavia giammai “generico”), sia alla distribuzione dell’onere della prova (con regime di vantaggio presunto allorquando l’immobile sia inserito nel perimetro di contribuenza e nel piano di classifica, sempre fatta salva la possibilità per il contribuente di contestare anche incidentalmente questi atti amministrativi e di fornire la prova contraria alla presunzione).

Conformemente a quanto affermato dalla CTR, va qui richiamato quanto appunto già stabilito da questa corte di legittimità, secondo cui: l’adozione degli strumenti consortili del perimetro di contribuzione e del piano di classifica ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento;

– qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c.;

– qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato.

Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che: “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell'”an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).

Tale principio si pone nel solco di SSUU n. 26009 del 30/10/2008, secondo cui: “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.

Cass. n. 17066 del 2010 ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 5, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.

Questo principio è poi stato ribadito da Cass. n. 20681 del 2014 e da Cass. n. 21176 del 2014, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.

Più recentemente si è riaffermato (Cass. n. 9511 del 2018 ed altre) che: “In tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente, grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal Consorzio”; e inoltre (Cass. n. 6839 del 2020) che: “in tema di contributi consortili, quando la cartella esattoriale emessa per la loro riscossione sia motivata facendo riferimento ad un piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, il contribuente, anche in assenza di contestazione di tale piano in sede di impugnazione della cartella o di sua mancata impugnazione innanzi al giudice amministrativo, è sempre ammesso a contestare in giudizio la sussistenza del beneficio fondiario o i criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei suoi confronti, fornendo la relativa prova, mentre l’ente impositore è esonerato dall’onere di dimostrare il beneficio, in ragione della presunzione derivante dalla comprensione dei fondi nel suo perimetro d’intervento e dall’avventa approvazione del piano di classifica. Peraltro, il giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, può in ogni caso avvalersi dei poteri ufficiosi se ritenga necessario indagare sulle modalità di liquidazione del contributo da parte dell’ente e provvedere alla disapplicazione del piano di classifica, in quanto illegittimo, quando sia soddisfatto l’onere probatorio gravante sul contribuente.”

In ordine alla qualificazione come “generale” e non “generico” del beneficio, va poi richiamato l’insieme delle sentenze di questa corte (nn. 23580-1-3/14) le quali hanno osservato – con specifico riferimento ad immobili siti in Comune di Piacenza e chiamati alla contribuzione nei confronti del relativo Consorzio – che: “(…) erroneamente la sentenza impugnata parla di “beneficio generico”, laddove avrebbe dovuto più correttamente discorrere di “beneficio generale”, che in quanto tale non può definirsi “generico”, bensì costituisce esso stesso un beneficio “specifico” derivante dall’opera consortile (v. Cass. n. 14714 del 2014, in motivazione).

Quest’ultimo richiamo (Cass. n. 14714 del 2014) risulta poi anch’esso dirimente ai fini di causa, avendo infatti affrontato – in termini del tutto condivisibili lo specifico problema della permanenza dell’obbligo contributivo consortile quand’anche la raccolta delle acque reflue e meteoriche avvenga per il tramite del servizio fognario comunale, nel senso che: “dire che l’esistenza di un ausilio derivato dall’opera consortile all’apparato di smaltimento fognario comunale impedisca di ravvisare – in quanto “mero strumento di potenziamento della fognatura comunale” – l’esistenza del vantaggio diretto e specifico per il fondo del consorziato, nonostante l’inserimento di questo fondo nel perimetro di contribuente, e nonostante la previsione del (non impugnato) piano di classifica, equivale a confondere gli elementi di indagine. Il beneficio generale per i fondi, corre/abile al potenziamento degli impianti di smaltimento, per quanto appunto “generale”, non è equivalente a un beneficio “generico”. E’ esso stesso un beneficio “specifico” derivante dall’opera idraulica consortile. La rilevata funzione di protezione idraulica discendente dal sistema fognario comunale viene difatti a essere implicitamente affermata come insufficiente, in mancanza dell’opera di potenziamento suddetta. Una volta riconosciuto, allora, che le opere consortili avevano comunque rappresentato uno strumento di potenziamento della rete fognaria comunale (id est, un’agevolazione nel contenimento e nello smaltimento delle acque anche meteoriche) non poteva farsi conseguire l’apprezzamento di inesistenza del beneficio specifico consortile. (…)”.

In definitiva, l’interdipendenza del sistema fognario comunale con l’apparato idrico in gestione del Consorzio di bonifica (nei casi di affidamento ad esso del relativo compito) non esime i proprietari degli immobili inseriti nel piano di contribuenza, e destinatari di un vantaggio specifico, dall’onere contributivo nei confronti di quest’ultimo. In tal senso si è espressa, proprio nei riguardi del Consorzio di Bonifica di Piacenza, Cass. n. 12738 del 2020.

Ne’ si ritiene ravvisabile alcuna “doppia imposizione”, secondo quanto paventato dalla Provincia ricorrente, dal momento che la doppia contribuzione riguarda in realtà sistemi, impianti, strutture e servizi che, per quanto funzionalmente interdipendenti, si mantengono tuttavia distinti ed autonomi. Inoltre, del tutto diversa è anche la natura giuridica dei rapporti debitori che asseritamente integrerebbero questa “doppia imposizione”, trattandosi in un caso di debiti di contribuzione consortile (la cui natura tributaria è ormai assodata) e, nell’altro, di corrispettivi privatistici di utenza del servizio idrico integrato in gestione comunale diretta o indiretta.

La decisione della Corte d’appello risulta conforme a diritto anche per quanto concerne l’ulteriore profilo del vantaggio di difesa del territorio urbano dai rischi di tracimazione ed allagamento conseguenti alla particolare conformazione del sito; anche sotto questo profilo, ferma la correttezza della decisione giuridica individuante un vantaggio diretto e specifico degli immobili della Provincia siti nel centro urbano (secondo l’accezione indicata), il giudice del merito si è posto poi il problema di una valutazione di tipo probatorio e tecnico-peritale, certamente qui non rivedibile.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso principale la Provincia lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio, appunto costituito dalla inesistenza nella specie sia del beneficio di scolo sia del beneficio di difesa. Ciò considerato che la raccolta e la regimazione delle acque reflue di ogni tipo erano affidate al servizio di fognatura e depurazione comunale, senza intervento né beneficio causalmente determinato ai singoli immobili dalle opere del Consorzio.

p. 3.2 Si tratta di motivo anch’esso infondato.

Lungi dall’aver “omesso” l’esame dell’aspetto nevralgico di causa, costituito dalla sussistenza in concreto di un beneficio diretto e specifico degli immobili siti nel contesto urbano di Piacenza, la Corte territoriale ha partitamente esaminato le risultanze peritali concernenti questi ultimi, pervenendo appunto alla conclusione della sussistenza del presupposto di contribuzione consortile (v. sent. p. 18) sotto il profilo del concorso di un vantaggio di scolo, di un vantaggio di difesa e di un vantaggio potenziale di studio e progettazione (quest’ultimo ritenuto comunque assorbito, ai fini contributivi, nei primi due).

In presenza di questa puntuale disamina, il motivo si palesa anzi finanche inammissibile nella parte in cui mira in realtà a suscitare la rivisitazione del quadro probatorio ed il sostrato prettamente di merito della decisione censurata; rivisitazione qui preclusa.

p. 4.1 Con l’unico motivo di ricorso incidentale il Consorzio deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al diritto vivente sul riparto dell’onere della prova in materia di beneficio di bonifica.

Ciò perché la Corte d’appello aveva escluso il beneficio diretto per gli immobili siti in ambiti territoriali diversi dal centro di Piacenza, in ragione del fatto che il Consorzio non aveva fornito la prova di esso. La prova relativa, tuttavia, e proprio in base all’indirizzo consolidato di legittimità, non gravava affatto sul Consorzio bensì sul contribuente, dal momento che il beneficio fondiario – per gli immobili ricompresi nel perimetro di contribuzione – era presunto, salva appunto la prova contraria a carico di questi.

p. 4.2 II motivo è infondato.

Diversamente da quanto sostiene il ricorrente incidentale, la Corte d’appello non ha affatto escluso l’obbligo contributivo concernente gli immobili del “primo gruppo” (come sopra individuati) per il mancato assolvimento dell’onere probatorio – sull’esistenza del vantaggio diretto e specifico – ad onere del Consorzio stesso.

Vero è invece che, come chiaramente risulta dalla motivazione censurata, la Corte d’appello ha tratto convincimento di non debenza del contributo consortile sulla base delle prove fornite dalla Provincia, vagliate alla luce della consulenza tecnica d’ufficio.

Fermo restando che di taluni immobili non risultava neppure la certa inclusione nel piano di classifica (il che costituiva in effetti onere del Consorzio), per altri immobili l’esclusione dell’obbligo di contribuzione è stato invece affermata per l’acclarata inesistenza di una correlazione causale tra opere di bonifica e tutela idrogeologica prestate dal Consorzio (da un lato) ed incremento economico degli immobili suscettibile di integrare il vantaggio (dall’altro).

Dunque – senza qui ripetere quanto poc’anzi affermato in ordine alla distribuzione dell’onere della prova in materia – è dirimente osservare come la conclusione che si vorrebbe cassare non abbia in alcun modo alterato questa regola di distribuzione, risolvendosi altrimenti il convincimento della Corte d’appello in una determinata ricostruzione fattuale e tecnico peritale, come detto qui non sindacabile.

Ne segue il rigetto sia del ricorso principale sia del ricorso incidentale, con compensazione delle spese di lite.

PQM

la Corte:

– rigetta il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– compensa le spese di lite;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico tanto della parte ricorrente principale quanto della parte ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile riunitasi con modalità da remoto, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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