Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19412 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/08/2017, (ud. 11/04/2017, dep.03/08/2017),  n. 19412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7179/2013 proposto da:

Erre Costruzioni S.r.l., (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Arigliani Pierluigi, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.p.a., già Unicredit Banca S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Alberico II n. 33, presso l’avvocato Ludini Elio, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati De Simone Antonio, De Simone

Gaetano, De Simone Maria Rosaria, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3509/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- La s.r.l. Erre Costruzioni ricorre per cassazione nei confronti di Unicredit Banca s.p.a., svolgendo due motivi avverso la sentenza della Corte di Napoli, 30 ottobre 2012, n. 3509.

Con tale pronuncia, la Corte ha respinto l’appello presentato dalla Società avverso la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Benevento (n. 341/2006) e ha accolto l’appello incidentale proposto dalla Banca.

Più in particolare, la Corte ha ritenuto che – presentato alla banca un assegno privo della necessaria provvista – la circostanza che successivamente l’assegno venga “richiamato” (dichiarazione del beneficiario di essere stato pagato; distruzione del titolo), se serve a evitare il protesto, non vale a paralizzare la procedura che la banca deve seguire in ragione delle disposizioni della L. 15 dicembre 1990, n. 386. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto legittima, perchè dovuta, la segnalazione compiuta dalla Banca alla Centrale d’Allarme Interbancaria e ha respinto la domanda risarcitoria formulata dalla Società traente.

2.- Come già riscontrato, nel suo ricorso Erre Costruzioni svolge due motivi di censura alla decisione della Corte territoriale. Il primo motivo – assunto che l’impugnata sentenza è “difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione”, è in “violazione della Circolare n. 139/91 della Banca d’Italia”, nonchè in “violazione della L. n. 386 del 1990” – afferma che la Corte napoletana ha compiuto una “falsa rappresentazione della realtà”, là dove ha sostenuto che “l’assegno in parola è stato distrutto “ad opera dello stesso correntista””. Il secondo motivo ripropone la medesima circostanza di fatto – sul soggetto che ha realmente distrutto il titolo – sotto il profilo del vizio contemplato nell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Unicredit Banca resiste al ricorso, che così è stato formulato, con apposito controricorso. La stessa ha pure depositato memoria.

3.- I motivi formulati dalla Società ricorrente sono inammissibili e comunque infondati.

Premessa l’inconferenza dei richiami portati alla giurisprudenza di questa Corte e alla circolare della Banca d’Italia n. 139/91, che tra l’altro risultano descrittive del diverso sistema della Centrale dei Rischi, va rilevato che la stessa prospettazione della violazione della normativa della L. n. 386 del 1990 viene assunta dal ricorso in termini del tutto generici. Il ricorso in specie non indica per quale profilo di tale normativa rileverebbe l’individuazione del soggetto che ha “distrutto” il titolo.

A parte questo, la lettura che la Corte territoriale ha dato della disciplina dettata nella L. n. 386 si manifesta esente da censure. In effetti, ai fini della “non applicazione” delle diverse sanzioni che sono previste da tale legge, l’art. 8 di questa stabilisce il concorso di due condizioni: l’avvenuto “pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente” nel termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione; la prova del pagamento così avvenuto “mediante” presentazione allo “stabilimento trattario” di “quietanza del portatore con firma autenticata”.

Posti questi dati normativi, non può che risultare circostanza in proposito “irrilevante” quella dell’eventuale “distruzione dell’assegno”, secondo quanto appunto rilevato dalla Corte territoriale.

4.- In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).

Si dà atto che sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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