Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19411 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19411 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 28642-2007 proposto da:
ACQUAVIVA D’ARAGONA ADRIANA, SUPRINA PETROVIC BORIS,
SUPRINA PETROVIC IRIANA, SUPRINA PETROVIC IGOR,
elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA ISTRIA 2,
presso lo studio dell’avvocato TALLARICO FRANCESCO,
rappresentati e difesi dagli avvocati RUSSO CLAUDIO,
VARRIALE PASQUALE giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

CAMMAROTA ERMENEGILDO CMMRNG55H01F839F, domiciliato
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

Data pubblicazione: 22/08/2013

CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato

LEONE RUBERTO con studio in 80121 NAPOLI, VIA DI
SANTA COSTANZA 2 giusta delega in atti;
– controricorrente –

nonchè contro

CAMMAROTA MARIA, CAMMAROTA NICOLA, CAMMAROTA
RAIMONDO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3625/2005 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, SEZIONE AGRARIA, depositata il
09/11/2006, R.G.N. 807/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso;

2

CAMMAROTA RITA, CAMMAROTA ADELE, D’ANGELO CONCETTA,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 12 ottobre 2001 Adriana Acquaviva
D’Aragona, Igor Suprina Petrovic, Boris Suprina Petrovic e
Iriana Suprina Petrovic, premesso di essere proprietari di un
fondo rustico ubicato in Napoli concesso in affitto dal loro

coltivato fino al 1983, anno in cui era morto; di avere
chiesto ed ottenuto un accertamento tecnico preventivo sulle
condizioni del predio, passato, dopo la morte dell’originario
affittuario, nella detenzione di Strato Cammarota, che vi
aveva perpetrato notevoli abusi; che Strato Cammarota e il
figlio, Ermenegildo Cammarota, con citazione del 14 settembre
1998, li avevano convenuti in giudizio, al fine di sentir
dichiarare di avere acquistato il fondo per usucapione; che,
nel contestare la domanda, essi avevano chiesto, tra l’altro,
in via riconvenzionale, l’accertamento della esistenza di un
contratto di affitto con Gildo Cammarota fino a tutto il 1983;
che con sentenza n. 5500 del 1999 il Tribunale di Napoli aveva
dichiarato la competenza della sezione agraria in ordine a
tale domanda, riassunsero il giudizio innanzi al giudice
specializzato.
Con sentenza non definitiva del 24 febbraio 2003, depositata
il successivo 3 aprile, il Tribunale respinse la domanda volta
all’accertamento della esistenza del rapporto d’affitto.
Proposto gravame da Adriana Acquaviva D’Aragona, Igor Suprina
Petrovic, Boris Suprina Petrovic e Iriana Suprina Petrovic, la

3

dante causa a Gildo Cammarota, che lo aveva detenuto e

Corte d’appello, con sentenza depositata il 9 novembre 2006,
lo ha rigettato.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte
i soccombenti, formulando due motivi.
Resiste con controricorso, illustrato anche da memoria,

MOTIVI DELLA DECISIONE
1

Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa

applicazione di norme di diritto, gli impugnanti sostengono
che la Corte d’appello, nel ritenere insussistente un rapporto
agrario con Gildo Cammarota, avrebbe fatto malgoverno del
materiale istruttorio acquisito.
Con il secondo mezzo lamentano vizi motivazionali con
riferimento alla medesima questione.
Formulano i seguenti quesiti:
l) dica la Corte che la sentenza resa dalla Corte d’appello di
Napoli va cassata per violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, per non aver tenuto conto delle dichiarazioni del
signor Strato Cammarota nel prodotto verbale di udienza del 28
gennaio 1999 e delle dichiarazioni rese dai testi e venga
quindi dichiarata l’esistenza di un contratto di affitto
agrario tra il dott. Alfredo Acquaviva D’Aragona e
successivamente i suoi aventi causa e il colono Gildo
Cammarota fino alla sua morte avvenuta nel 1983 e,
conseguentemente, dichiarare la detenzione senza titolo degli

4

Ermenegildo Cammarota.

appellati Strato ed Ermenegildo Cammarota del fondo in
oggetto;
2) dica la Suprema Corte che la sentenza resa dalla Corte
d’appello di Napoli va cassata per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa le testimonianze rese nel

controverso e decisivo del giudizio.
2 n ricorso non merita accoglimento.

Le doglianze svolte nel primo motivo sono inammissibili sotto
un duplice profilo.
Anzitutto esse non contengono alcuna indicazione delle norme
pretesamente violate dal giudice di merito.
Ora, tale elemento, pur non ponendosi come requisito autonomo
di

validità

della censura, secondo una consolidata

giurisprudenza di questa Corte, alla quale il collegio intende
dare continuità (confr. Cass. civ. 16 marzo 2012, n. 4233;
Cass. civ. 24 marzo 2006, n. 6671; Cass. civ. 30 novembre
2005, n. 26091; Cass. civ. 17 luglio 2001, n. 9652), è
tuttavia richiesto al fine di chiarirne il contenuto e di
identificare i limiti dell’impugnazione, di talché quella
omissione può comportare l’inammissibilità della singola
doglianza qualora gli argomenti addotti a sostegno della
stessa non consentano, come nella fattispecie, di individuare
i principi di diritto che si assumono violati. Non è superfluo
in proposito ricordare che il giudizio di cassazione è un
giudizio a critica vincolata, nel quale la formulazione

5

corso del giudizio di primo grado e quindi su un fatto

tecnica del singolo motivo assume una funzione identificativa
delle ipotesi tassative di censura ammesse, con una limitata
elasticità, dal legislatore, in modo da assicurare che il
vizio denunciato rientri in una di esse.
Sotto altro, concorrente profilo, va poi rilevato che

ricorrenti

si

dolgono

non

già

di

pretesi

errori

nell’interpretazione della legge, ma dell’asserita, sbagliata
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa, e cioè di difetti di apprezzamento la cui
denunzia è possibile, in sede di legittimità, solo sotto il
profilo del vizio motivazionale.
Non a caso i formulati quesiti hanno, nella sostanza, i
caratteri di momenti di sintesi, posto che, lungi
dall’enucleare la

regula luris

applicata dal giudice di

merito, e quella diversa e di segno opposto ritenuta invece
applicabile dall’impugnante, sollecitano lo scrutinio della
Corte sul preteso malgoverno del materiale istruttorio
acquisito.
4 Peraltro, a ben vedere, i ricorrenti neppure hanno segnalato

deficienze, illogicità o contraddittorietà dell’apparato
argomentativo con il quale il decidente ha giustificato la sua
decisione, ma si sono limitati a denunciare la difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove operato dalla Corte
territoriale rispetto a quello da essi preteso, in spregio al
principio per cui spetta solo al giudice di merito individuare
le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,

6

3

controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra
le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare
i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro
mezzo, salvo i casi tassativi in cui è la legge stessa ad
assegnare alla prova un valore legale (confr. Cass. civ., 6

Le critiche formulate in ricorso, in definitiva, attraverso la
surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi
motivazionali, in realtà inesistenti, mirano solo a
sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove,
preclusa in sede di legittimità.
In tale contesto

il

ricorso deve essere dichiarato

inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in
complessivi euro 3.700,00 (di cui euro 200,00 per esborsi),
oltre IVA e CPA, come per legge.
Roma, 20 giugno 2013

marzo 2008, n.6064).

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