Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19411 del 03/08/2017
Cassazione civile, sez. I, 03/08/2017, (ud. 11/04/2017, dep.03/08/2017), n. 19411
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6997/2013 proposto da:
Banca Carige S.p.a., – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia
(c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giuseppe Ferrari n.
35, presso l’avvocato Donataccio Angela Carmela, rappresentata e
difesa dall’avvocato Cirilli Fabio, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
F.M., elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico
n. 97, presso l’avvocato Leone Gennaro, che lo rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4118/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 10/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 11/04/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).
Fatto
FATTO E DIRITTO
1.- Banca Carige ricorre per cassazione nei confronti di F.M., articolando due motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, 10 settembre 2012, n. 4118.
Confermando la pronuncia emessa in primo grado dal Tribunale di Latina – Sezione distaccata di Terracina (n. 208/2011), la Corte territoriale ha stabilito la responsabilità esclusiva della Banca in relazione a illegittimi prelievi, posti in essere da parte di terzi non legittimati, di fondi depositati da F.M. presso la Banca medesima, così escludendo ogni eventuale incidenza causale del comportamento tenuto in proposito dal cliente depositante.
In particolare, ha rilevato la Corte che l'”evidente falsificazione, accertata dal consulente tecnico di ufficio in primo grado, del libretto apparentemente relativo al deposito presso la filiale di Fondi avrebbe di per sè sola dovuto impedire il pagamento, cioè il trasferimento del saldo di tale deposito in un conto corrente” distinto, come preventivamente acceso dal terzo presso un’altra dipendenza della Banca e falsamente intestato al nome di F.M..
2.- I due motivi di ricorso presentati dalla Banca fanno entrambi riferimento a una telefonata che si assume sia stata fatta dalla direttrice della filiale di Fondi al cliente F.M. dopo l’avvenuta accensione del conto falsamente intestato e prima del trasferimento dei fondi dal conto, dove detto cliente li aveva a suo tempo depositati, a quello appena acceso (e dal quale il terzo li ha immediatamente tratti).
Ad avviso della Banca ricorrente, dunque, la sentenza della Corte territoriale ha del tutto omesso di considerare tale circostanza (così il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5). Diversamente opinando, comunque la Corte ha fatto falsa applicazione della norma dell’art. 1227 c.c., comma 2, là dove la stessa dispone l’esclusione di ogni risarcimento per i “danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza” (così il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3).
Nei confronti del ricorso così articolato resiste F.M., che ha depositato apposito controricorso.
Entrambe le parti hanno pure depositato memorie ai sensi della norma dell’art. 378 c.p.c..
3.- I motivi formulati da Banca Carige sono infondati.
In effetti, la Corte ha preso in espressa e specifica considerazione la circostanza della telefonata sopra richiamata, in proposito rilevando che “qualunque dichiarazione avesse costui” (cioè, F.M.) “pronunciato nel corso della conversazione telefonica con il funzionario della banca, in presenza di un documento evidentemente falso, nessuna operazione avrebbe dovuto essere consentita”.
La stessa, inoltre, ha correttamente posto a confronto e comparato l’incertezza dei contenuti ipotizzabili per tale conversazione (per cui non risultava dimostrata una eventuale negligenza del cliente) con l’evidente e manifesta falsità della documentazione che il terzi aveva portato all’esame dei funzionari della Banca.
4.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 4.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), con distrazione delle medesime a favore del procuratore. Si dà atto che sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 11 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017