Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19410 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19410 Anno 2018
Presidente: ZOSO LIANA MARIA TERESA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 25525-2011 proposto da:
SANGUINETTI DAVIDE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA FLAMINIA 334, presso lo studio dell’avvocato CARLO
FERRUCCIO LA PORTA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BRUNO TAVARELLI;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
2018
2262

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2010 della COMM.TRIB.REG. di
GENOVA, depositata il 10/03/2011;

Data pubblicazione: 20/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 21/06/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1.

Davide Sanguinetti propone tre motivi di ricorso per la cassazione

della sentenza n. 7 del 10 marzo 2011, con la quale la commissione
tributaria regionale della Liguria, a conferma della prima decisione, ha
ritenuto fondato l’avviso di accertamento notificatogli dall’agenzia delle
entrate per ulteriore reddito imponibile ai fini Irpef anno 2000 (compensi
Federazione Italiana Tennis non dichiarati per lire 508.813.000).

correttamente l’amministrazione finanziaria avesse affermato, ex art.2
co.2^ T.U.I.R., la soggettività fiscale in Italia del Sanguinetti, non
risultando che questi risiedesse in effetti, nell’anno di riferimento, in
Montecarlo, dove si era solo anagraficamente trasferito il 4 novembre
1998; – legittimamente l’amministrazione finanziaria avesse disconosciuto
gli effetti della scrittura privata 30 giugno 1999, con la quale il Sanguinetti
aveva ceduto i diritti e proventi rinvenienti dalla sua attività di tennista
professionista alla Indaco SA, società di San Marino facente capo, a
conferma della identità di interessi tra i contraenti, al padre Diomede
Sanguinetti.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso il Sanguinetti lamenta – ex art.360, 1^
co. n. 5 cod.proc.civ. – omessa motivazione su un fatto controverso e
decisivo del giudizio, costituito dalla effettività della sua residenza, fin dal
1^ novembre 1998, in Montecarlo. In particolare, per avere la
commissione tributaria regionale fondato il proprio convincimento
esclusivamente sul contratto di locazione in Montecarlo

(Impasse La

Fontain n.6) avente effetto soltanto dal dicembre 2000; omettendo, per

contro, di considerare ulteriori documenti decisivi, attestanti la sua reale
residenza in Montecarlo da epoca antecedente (contratto di locazione con
effetto dal 1^ novembre 1998, in Boulevard de Suisse n.20; ricevute di
regolare versamento del canone di locazione 1999/2000; fatture di utenza
elettrica per gli stessi anni; rilascio carta di credito, nel giugno ’99, da
parte di un istituto monegasco).
Con il secondo motivo di ricorso il Sanguinetti deduce – ex art.360, 1^
co. n. 4 cod.proc.civ. – violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ. Per avere la

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Ric.n.25525/11 rg. – Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: –

commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi sul motivo di
appello con il quale egli aveva censurato la sentenza di primo grado nella
parte in cui si era basata sull’acritico recepimento della tesi
dell’amministrazione finanziaria (prendendo a riferimento un contratto
preliminare di locazione non registrato né sottoscritto, prodotto non nel
presente ma in un diverso giudizio), e senza valutare documenti decisivi di
segno opposto, perché attestanti la sua reale residenza in Montecarlo fin

certificazione ATP degli allenamenti sostenuti in Montecarlo; biglietti di
viaggi aerei 1999).

§ 2.2 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la
stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte – sono fondati.
In base all’art.2, co.2^, T.U.I.R., “ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di
imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel
territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Il fatto controverso e decisivo per il giudizio consisteva, nella specie,
nella individuazione del luogo di domicilio o residenza del Sanguinetti
nell’annualità di imposta 2000.
Su tale presupposto, era onere del contribuente superare la presunzione
di residenza in Italia, ex art.2 cit., fornendo la prova che, in tale annualità,
il centro principale dei suoi affari ed interessi si collocasse effettivamente
nel Principato di Monaco (Stato rientrante tra quelli a fiscalità privilegiata o
‘black list’, come individuati dal D.M. 4 maggio 1999), e non in Italia.
In altri termini, spettava al Sanguinetti la dimostrazione di avere con il
Principato di Monaco il più stretto collegamento nella abituale e preminente
gestione dei propri interessi di vita ed economico-patrimoniali; secondo la
nozione di domicilio o residenza desumibile dall’articolo 43 cod.civ..
Orbene, la commissione tributaria regionale si è limitata ad affermare
che l’operato dell’ufficio era legittimo ex art.2, 2^ co. T.U.I.R. cit., così
come desumibile dalle “controdeduzioni all’appello e in relazione ai concetti
di domicilio e residenza di cui all’articolo 43 cod.civ.”;

senza tuttavia in

alcun modo esplicitare – pur dopo aver dato atto, nell’esposizione dei fatti

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Ric.n.25525/11 rg. — Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

dal 1998 (tra i quali, oltre ai documenti già indicati: utenza televisiva;

di causa, degli opposti elementi dimostrativi addotti dal contribuente – le
ragioni di tale convincimento in rapporto alla fattispecie concreta.
In particolare, la commissione regionale ha tralasciato del tutto di
prendere posizione su una serie – potenzialmente decisiva – di documenti
che il Sanguinetti aveva prodotto in giudizio proprio a riprova del fatto che
le nozioni di domicilio e residenza di cui al codice civile dovevano, nella
specie, indurre a collocare in Montecarlo, e non in Italia, il centro principale

Si trattava infatti di documenti (quelli su menzionati, riprodotti per
autosufficienza nel ricorso per cassazione) con i quali egli intendeva, tra
l’altro, dimostrare di: – risiedere realmente in Montecarlo non a partire dal
2001, ma fin dal novembre 1998, allorquando aveva colà locato un
appartamento, corrispondendo regolarmente i fitti; – utilizzare
effettivamente l’abitazione così locata, come risultante dal pagamento di
varie utenze; – allenarsi presso le strutture ATP del Principato; – trovare
abitualmente base in quest’ultimo (in partenza ed arrivo) nei viaggi che lo
portavano in giro per il mondo nel normale espletamento della sua attività
agonistica.
Sono gli stessi documenti che egli aveva richiamato – con uno specifico
motivo di appello della cui formulazione anche la commissione tributaria
regionale dà conto, ma sul quale non si è pronunciata – altresì a smentita
del convincimento del primo giudice; il quale si era asseritamente basato
su un unico documento (contratto preliminare di locazione non registrato)
prodotto in un diverso giudizio, e comunque superato dal contratto
definitivo, regolarmente registrato.
Va poi considerato che la commissione tributaria regionale non indica
neppure quali elementi – tra quelli dedotti dall’amministrazione finanziaria
nelle “controdeduzioni all’appello e in relazione ai concetti di domicilio e
residenza di cui all’articolo 43 cod.civ.” – abbia ritenuto dirimenti nel senso
del mancato superamento della presunzione legale di residenza in Italia.
Elementi che non vengono menzionati nemmeno nella parte dedicata allo
svolgimento del giudizio, nella quale si dà atto, quanto a collegamento con
la fattispecie concreta, della sola circostanza che “l’ufficio espone numerosi
indizi che legano il contribuente al territorio nazionale”;

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Ric.n.25525/11 rg. – Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

senza tuttavia

dei suoi interessi economici e personali.

menzionarli, né soppesarne la tenuta dimostrativa in rapporto e
bilanciamento con i documenti di segno contrario.
Non

varrebbe

obiettare,

con

l’amministrazione

finanziaria

controricorrente, che il presente ricorso sarebbe finanche inammissibile in
quanto in realtà finalizzato ad ottenere, in sede di legittimità, un ulteriore
vaglio di risvolti prettamente probatori e fattuali.
Va infatti considerato che la censura motivazionale in esame – ancora

motivazione ex art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ.- mira a far emergere dei
limiti intrinseci alla motivazione contestata; sotto l’aspetto, come detto,
della mancata considerazione di fondamentali elementi fattuali capaci di
diversamente orientare il giudizio e, segnatamente, della mancata
evidenziazione (all’esito di un controllo di globale interdipendenza
probatoria) di ragioni idonee a sorreggere la decisione.
In altri termini, non si intende porre qui in dubbio il consolidato principio,
secondo cui (da ultimo, Cass.ord.29404/17) “con il ricorso per cassazione
la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa
interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione
della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli
accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di
legittimità”; e nemmeno la regola costantemente affermata (tra le ultime,

Cass. ord. 19547/17), in base alla quale: “la deduzione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito
della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà
di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze
del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge”.

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Ric.n.25525/11 rg. — Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

rispondente alla previgente definizione normativa di omessa o insufficiente

Quanto, piuttosto, evidenziare come il limite del sindacato di legittimità
della valutazione operata dal giudice di merito debba trovare superamento
– in presenza di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria allorquando (orientamento altrettanto pacifico perché innumerevoli volte
affermato) “nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia
evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della
controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando

adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione” (Cass. ord.da ultimo cit.).

Il che si riscontra quando – come nel caso di specie – la valutazione del
giudice di merito non conduca, per la sostanziale assenza di motivazione
sul punto, ad esiti davvero controllabili nel processo logico-giuridico di loro
formazione.
Si osserva, da ultimo, come analogo esito abbiano avuto i procedimenti
relativi agli avvisi di accertamento Irpef per l’anno 1999 e per lo stesso
anno qui dedotto (2000); così come emerge dalle sentenze emesse da
questa corte di legittimità tra le medesime parti (Cass. 5388-5389/17).
§ 3.1 Con il terzo motivo di ricorso il Sanguinetti lamenta insufficiente

motivazione, nonché violazione dell’articolo 2729 cod.civ. Per avere la
commissione tributaria regionale ritenuto legittima l’imputazione alla sua
persona degli ulteriori compensi FIT in questione (relativi alla Coppa Davis
’98-’99), nonostante che questi ultimi rientrassero nell’accordo di cessione
forfettaria dei proventi stipulato nel giugno ’99 con la Indaco SA. Accordo
non disconosciuto dall’amministrazione finanziaria, e la cui effettività
causale e sostanza economica extrafiscale risultavano da plurimi elementi,
non considerati dal giudice di merito (stipulazione di un corrispettivo annuo
minimo indipendente dai risultati agonistici conseguiti; copertura dei costi
di trasferta, allenamento e collaboratori; attestazione FIT di corresponsione
di tali compensi direttamente alla Indaco SA).
§ 3.2

Anche questa doglianza – comunque dipendente dall’esito della

questione di residenza e soggettività fiscale passiva in Italia – deve
ritenersi fondata.

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esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente

La commissione tributaria regionale ha ritenuto non opponibile
all’amministrazione finanziaria la scrittura 30 giugno 1999 in oggetto, nella
sola considerazione “di quanto sostenuto dall’ufficio”; ed essenzialmente
riconducibile al fatto che la Indaco SA era società amministrata dal padre
del Sanguinetti.
Ora, ferma restando l’indubbia valenza indiziaria di tale elemento,

altri elementi addotti dal contribuente al fine di superare tale valenza
indiziaria; e costituiti dalla affermata sussistenza, nell’accordo in questione,
di obbligazioni reciproche tali da integrare una sostanza economica ed una
causa contrattuale autonome e reali, non tout court riconducibili al solo
intento elusivo di risparmio fiscale.
Aspetto fondamentale di causa, quest’ultimo, sulla quale è mancata del
tutto qualsivoglia critica motivazione da parte del giudice di merito.
In definitiva, la sentenza va cassata con rinvio alla commissione
tributaria regionale della Liguria la quale, in diversa composizione,
riconsidererà la fattispecie, dando congrua motivazione della decisione
assunta. Il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente
procedimento.

Pqm
La Corte
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla
commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
21 giugno 2018.

doveva la commissione tributaria regionale farsi tuttavia carico di tutti gli

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