Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19409 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19409 Anno 2018
Presidente: ZOSO LIANA MARIA TERESA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 25524-2011 proposto da:
GRANDI LAVORI SCARL, elettivamente domiciliato in ROMA
PIAZZA G. MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato
EUGENIO DELLA VALLE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
2018
2261

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2010 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 23/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 20/07/2018

consiglio del 21/06/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1.

La Grandi Lavori soc.coop. a r.l. propone un articolato motivo di

ricorso per la cassazione della sentenza n. 113/29/10 del 23 luglio 2010,
con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della
prima decisione, ha ritenuto legittimo il silenzio-diniego opposto
dall’amministrazione finanziaria alla sua istanza 8 febbraio 2006 di
ottenimento dell’

di cui all’articolo 7, comma 10, I. 388/00; ciò con

riguardo all’assunzione, negli anni dal 2001 al 2003, di un congruo numero
di lavoratori aventi i requisiti di legge per l’ottenimento di tale ulteriore
credito, fino alla concorrenza di euro 1.077.315,14.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – la
norma in oggetto consentisse, a certe condizioni, il riconoscimento
dell’ulteriore credito d’imposta per nuove assunzioni di lavoratori a tempo
indeterminato da destinarsi ad aree disagiate, con il vincolo c.d. del de
minimis

(soglia massima di 100.000 Ecu), come da Comunicazione

Commissione CE 96/C68/06; – quest’ultimo vincolo non venisse meno per
effetto dei Regolamenti CE 994/98 e 2204/02, i quali consentivano ai
singoli Stati membri di introdurre agevolazioni fiscali non limitate a
sostegno dei livelli occupazionali, senza tuttavia che la ‘facoltà’ così
riconosciuta potesse risolversi nell”imposizione’, a carico dei singoli Stati
membri, del superamento della suddetta regola del de minimis.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
§ 2.1 Con l’unico motivo di ricorso la società lamenta – ex art.360, 1^ co.
n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’art.7, co.10^, I.
388/00. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto legittimo,
nella specie, il limite del de minimis, nonostante che quest’ultimo: riguardasse unicamente gli aiuti di Stato in osservanza della normativa
comunitaria di riferimento (art.87, par.1, Tratt. CE), là dove l’agevolazione
in questione (rivolta a sostenere l’occupazione in determinate aree
svantaggiate, e non a favorire determinate imprese con alterazione delle
regole di mercato) non concretava aiuto di Stato per il quale si
giustificasse, in base al diritto comunitario, l’apposizione di una soglia
massima; – risultasse anzi senz’altro escluso dal diritto comunitario in

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Ric.n.25524/11 rg. – Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

dell’occupazione”

“ulteriore credito d’imposta per incremento

materia di agevolazioni fiscali per l’occupazione ed il lavoro, come
desumibile tanto dalla decisione Commissione CE 11 maggio 1999, quanto
dai Regolamenti CE nn. 69/01 e 2204/02; – fosse stato escluso anche dalla
sopravvenuta legislazione nazionale, in quanto non più richiamato né
dall’articolo 63 I. 289/02, né dall’art.37 bis d.l. 248/07 conv.in 1.31/08.
In via subordinata, la società chiede rinvio pregiudiziale alla CGUE
(art.267 TFUE) sulla questione interpretativa della compatibilità del limite

(art. .87-88 Tratt.CE; Regolamenti cit.), che tale limite non prevede.
§ 2.2 II motivo è infondato.
In base all’art.7, co.10A, I. 388/00, “(…) Per i datori di lavoro che nel
periodo compreso tra il lA gennaio 2001, e il 31 dicembre 2003 effettuano
nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a tempo
indeterminato da destinare a unità produttive ubicate nei territori
individuati nel citato articolo 4 e nelle aree di cui all’obiettivo 1 del
regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché
in quelle delle regioni Abruzzo e Molise, spetta un ulteriore credito
d’imposta. L’ulteriore credito d’imposta, che è pari a lire 400.000 per
ciascun nuovo dipendente, compete secondo la disciplina di cui al presente
articolo. All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica
la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle
Comunità europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunità europee C68 del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri
benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione
purché non venga superato il limite massimo di lire 180 milioni nel
triennio”.
Questa disposizione è già stata fatta oggetto di plurimi interventi
interpretativi da parte di questa corte di cassazione, la quale ne ha tra
l’altro escluso l’illegittimità per contrasto col diritto comunitario; e ciò
proprio con speciale riguardo alla soglia massima corrispondente al regime
c.d. del de minimis.
Da tale interpretazione – che qui si richiama e recepisce – si desume
come quest’ultimo regime ben possa essere discrezionalmente introdotto
dal legislatore nazionale anche indipendentemente tanto dalla natura di

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Ric.n.25524/11 rg. – Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

del de minimis di cui all’articolo 7, co.10A, I. 388/00 cit., con il diritto UE

aiuto di Stato attribuibile al beneficio fiscale in oggetto, quanto dalla facoltà
di sua rimozione, in materia occupazionale e di tutela del lavoro, ad esso
riconosciuta dal diritto eurounitario.
Consegue da ciò che – in assenza di incompatibilità tra normativa interna
e normativa comunitaria – non è dato al giudice nazionale di disapplicare il
regime interno del de minimis; del resto ribadito – e non espunto – dalle
leggi nazionali successive alla I. 388/00 quale, segnatamente, la I. 289/02

Si è stabilito (Cass. 21605/15; Cass. 20245/13) che:

“in tema di

agevolazioni tributarie, il credito d’imposta di cui all’art. 7, comma 10, della
legge n. 388 del 2000, riconosciuto dal legislatore ai datori di lavoro a
fronte di un incremento dell’occupazione in aree svantaggiate per gli anni
dal 2001 al 2003, facendo proprio, mediante rinvio alla relativa fonte
normativa, il criterio comunitario cd. “de minimis”, è cumulabile con gli altri
benefici previsti dalla medesima legge a condizione che non venga
superato nel triennio considerato il tetto massimo di euro 100.000, alla cui
determinazione complessiva concorre il diverso credito d’imposta per nuovi
investimenti di cui all’art. 8 della medesima legge”.
Si è poi escluso che tale criterio comunitario (ancorché facoltativamente
rinunciabile da parte del legislatore nazionale nella materia in esame)
renda di per sé illegittima la normativa interna che lo preveda e lo richiami
quale limite di operatività dell’agevolazione fiscale; posto che in
quest’ultima materia “è illegittima la disapplicazione, da parte del giudice
nazionale, della norma dell’art. 63, comma 1, della I. n. 289 del 2002, nella
parte in cui, rinnovando il regime di incentivi alle assunzioni, mantiene
ferma la disposizione di cui all’art. 7, comma 10, della I. n. 388 del 2000,
che circoscrive il riconoscimento del credito di imposta nei limiti della
regola “de minimis”, – e, cioè, nell’importo di Euro 100.000 nel triennio,
quale limite quantitativo al di sotto del quale gli aiuti di Stato non incorrono
nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) del Trattato CE – sul presupposto che il
beneficio in questione non configuri un aiuto di Stato; in quanto il
legislatore incorre nella violazione della normativa comunitaria soltanto se
concede aiuti di Stato in misura eccedente alla regola “de minimis” e non
se circoscrive, nell’ambito dei suoi legittimi poteri discrezionali, benefici

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Ric.n.25524/11 rg. – Adunanza in cam.cons. del 21 giugno 2018

(art.63, co.1^).

fiscali entro soglie predefinite, anche individuate “per relationem” rispetto a
norme dell’ordinamento comunitario”

(Cass. 15688/17; così Cass.

n.21797/11 ed altre).
Ancora, Cass. 16734/15 (v. anche Cass.21594/15) ha affermato il
principio secondo cui: “In tema di agevolazioni fiscali, l’art. 63 della legge
n. 289 del 2002 ha mantenuto fermo il limite comunitario “de minimis”, per
cui il credito d’imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree

dall’ordinamento comunitario, purché non venga superato il limite massimo
di lire 180 milioni nel triennio, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione
dal cumulo, prevista dall’art. 1, comma 8, del d.l. n. 10 del 2007,
convertito in legge n. 46 del 2007, che riguarda solo gli aiuti nazionali
concessi in misura superiore al suddetto limite e non l’ulteriore credito
d’imposta legislativamente determinato in misura ad esso corrispondente”.

Da tale indirizzo si evince, al contempo, l’assenza dei presupposti della
richiesta rimessione pregiudiziale della questione interpretativa alla CGUE.
Ciò perché – ferma l’insussistenza di qualsivoglia contrasto tra la norma
interna e le fonti UE che si limitano a prevedere la facoltà e non l’obbligo,
per ciascuno Stato membro, di rimuovere la soglia massima di
agevolazione in materia occupazionale – la sollevata questione si risolve in
realtà nella interpretazione della norma nazionale all’interno
dell’ordinamento di appartenenza; vale a dire, in un’attività che esula dai
limiti della pregiudizialità interpretativa della CGUE, per risolversi alla luce
dei su richiamati criteri di regolazione discrezionale della materia
agevolativa da parte del legislatore di ogni singolo Stato.
Pq m
La Corte

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida in euro 10.000,00; oltre
spese prenotate a debito;

Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
21 giugno 2018.

svantaggiate è cumulabile con ulteriori benefici eventualmente concessi

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