Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19402 del 22/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19402 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26438-2007 proposto da:
BARTOLUCCI VIRGILIO, NOTARI FRANCESCA, BARTOLUCCI
ALBERTO, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA
SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato SPALLINA
BARTOLO, che li rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– ricorrenti –

2013
contro

1106

U.C.I.

UFFICIO

ITALIANO

CENTRALE

S.C.A.R.L.

01535380156, in persona del Presidente e Legale
rappresentante Dott. RAFFAELE PELLINO, elettivamente

1

Data pubblicazione: 22/08/2013

domiciliata in ROMA, VIA A.BERTOLONI 55, presso lo
studio dell’avvocato CORBO’ FILIPPO MARIA, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

S.P.A., DE PAOLIS ANDREA, SCHARP GERT, DE PAOLIS
PAOLO, ELVIA VERZEKERINGEN;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3360/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/07/2006 R.G.N.
9869/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/05/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato LORENZO SPALLINA per delega;
udito l’Avvocato SABINA PERUGINI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

2

SOC. GM DE ROOY BV, MORGANTE LETIZIA, LLOYD ADRIATICO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nella serata del 13 febbraio 1993 si verificava, sul
tratto Orte-Roma dell’autostrada Al, un tragico incidente. La
vettura di proprietà di Paolo De Paolis, condotta nella
circostanza da Stefano De Paolis, andava ad urtare

sorpasso, penetrando per quasi tutta la lunghezza del relativo
rimorchio.
Nell’incidente perdevano la vita quattro dei cinque
occupanti della vettura, tutti ragazzi in giovanissima età,
fra i quali il conducente ed il trasportato Costanzo
Bartolucci, mentre sopravviveva il solo Virgilio Bartolucci,
riportando gravi conseguenze personali.
Il giudizio civile – promosso davanti al Tribunale di
Viterbo, fra gli altri, da Alberto Bartolucci e Francesca
Notari, genitori del defunto Costanzo Bartolucci, nonché da
Virgilio Bartolucci in proprio, nei confronti del conducente
dell’autoarticolato e della società proprietaria, entrambi
stranieri, della Lloyd Adriatico s.p.a. e dell’Ufficio
centrale italiano (UCI) – si concludeva con una sentenza di
condanna che riconosceva un risarcimento di lire 318.762.553
in favore del padre, di lire 284.552.315 in favore della madre
e di lire 227.706.932 in favore del fratello, pur ponendo a
carico del defunto conducente Stefano De Paolis un concorso di
colpa nella misura del 20 per cento.

3

violentemente contro un autoarticolato fermo sulla corsia di

2.

La sentenza veniva appellata in via principale da

Alberto Bartolucci, Francesca Notari e Virgilio Bartolucci,
chiedendo un risarcimento più elevato, mentre la Lloyd
Adriatico s.p.a. e i genitori di Stefano De Paolis chiedevano,
con

appello

incidentale,

che

fosse

riconosciuta

la

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 19 luglio
2006, in parziale riforma di quella di primo grado, confermata
la percentuale di responsabilità a carico del defunto Stefano
De Paolis, riconosceva ad Alberto Bartolucci e Francesca
Notari l’ulteriore somma di euro 10.000 ciascuno, a titolo di
danno morale per la sofferenza patita a causa dei danni subiti
dal figlio sopravvissuto Virgilio Bartolucci.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora
interessa in questa sede, che l’ulteriore richiesta
risarcitoria

avanzata

appellanti

dagli

principali

in

conseguenza delle gravissime ricadute dell’evento sui
familiari e sul tipo di convivenza non potevano trovare
accoglimento, poiché il danno biologico ed il danno morale
«non sono per loro natura suscettibili di una valutazione con
criteri oggettivi» e, comunque, gli importi liquidati dal
Tribunale per detti titoli erano «ampiamente satisfattivi».
3.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma

propongono ricorso Alberto Bartolucci, Francesca Notari e
Virgilio Bartolucci, con atto affidato ad un solo motivo.

4

responsabilità esclusiva del conducente dell’autoarticolato.

Resiste con controricorso l’Ufficio centrale italiano
(UCI).
I ricorrenti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta violazione e

artt. 2, 29 e 30 della Costituzione.
Rilevano i ricorrenti di aver posto in evidenza, con
l’atto di appello, che Virgilio Bartolucci era solito avere
con il fratello Costanzo una comunione di vita molto forte,
trovando nel fratello maggiore un punto di riferimento. I
genitori, a loro volta, avevano lamentato che con la morte del
figlio maggiore gli equilibri della vita familiare erano stati
profondamente alterati, sicché il pregiudizio morale da loro
subito era più grande di quello realmente risarcito.
Sulla base di tale premessa i ricorrenti, richiamando la
nota figura del c.d. danno esistenziale, affermano che esso è
da ritenere risarcibile, mentre la Corte d’appello di Roma
sarebbe rimasta ferma alle due figure del danno morale e del
danno biologico, così erroneamente accomunando valori ed
interessi diversamente tutelati. Il danno esistenziale,
risarcibile

iure proprio,

dovrebbe essere distinto sia da

quello biologico che da quello morale, in quanto trova il
proprio riferimento nell’interesse «correlato alla
intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della
scambievole solidarietà che connota la famiglia».
5

falsa applicazione dell’art. 2059 cod. civ. in relazione agli

1.2. L’esame del motivo impone alla Corte un sintetico
riepilogo dei passaggi giurisprudenziali più recenti
sull’argomento.
Com’è noto questa Corte, già a partire dalle sentenze 31
maggio 2003, n. 8827 e n. 8828 (note come sentenze “gemelle”),
lettura costituzionalmente

riconosciuto che una

orientata dell’art. 2059 cod. civ., lungi dal realizzare un
«incremento generalizzato delle poste di danno», impone una
riconduzione verso un sistema bipolare del danno patrimoniale
e di quello non patrimoniale, «quest’ultimo comprensivo del
danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo

aveva

come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed NuC
ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un
interesse costituzionalmente protetto» (così la sentenza n.
8827). La pronuncia ora richiamata, infatti, aveva anche
chiarito che il riconoscimento dei “diritti della famiglia”
deve essere inteso «non già, restrittivamente, come tutela
delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di
quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente
interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione
della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei
sentimenti che il rapporto parentale ispira, generando bensì
bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni,
supporti, affrancazioni e significati». Sicché, ove «il fatto
lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto,
provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei
6

doveri ed una determinante riduzione, se non un annullamento,
delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno
non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle
abitudini di vita (…) deve senz’altro trovare ristoro
nell’ambito della tutela ulteriore apprestata dall’art. 2059

costituzionalmente protetto».
1.3. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la più recente
sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, hanno riaffrontato la
materia

funditus,

mettendone a fuoco i punti più delicati e

tentando, nel contempo, di porre un freno al moltiplicarsi di
diverse e spesso inconsistenti voci di danno.
Ai fini che interessano nella sede odierna, è necessario
ricordare che questa sentenza ha confermato la lettura
costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. in senso
bipolare (danno patrimoniale/danno non patrimoniale); ha
superato il concetto di danno morale transeunte, osservando
che tale formula «non individua una autonoma sottocategoria di
danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non
patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla
sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata»;
ha chiarito che, al di fuori dei casi determinati dalla legge,
«è data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se
sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della
persona», cioè se sussiste una ingiustizia «costituzionalmente
qualificata»; ha recepito, sia pure intendendole come «mera
7

cod. civ. in caso di lesione di un interesse

sintesi descrittiva», le nozioni di danno biologico e di danno
da perdita del rapporto parentale, ricondotte tutte alla
figura più ampia del danno non patrimoniale.
Le Sezioni Unite, inoltre, hanno insegnato che, in assenza
di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge,

conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della
persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello
sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di
congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale),
poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla
lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e
30 Cost.)»; ed hanno ribadito che il danno non patrimoniale
deve, comunque, essere provato.
La pronuncia in esame – animata anche dall’intento, già
rilevato, di porre fine alla risarcibilità di pregiudizi
definiti, non a caso, come fantasiosi o risibili – ha rilevato
che «il danno non patrimoniale è categoria generale non
suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente
etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una
generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”,
perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno
non patrimoniale nell’atipicità, (…) mentre tale situazione
non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata
dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 cod. civ.,
che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici
8

«pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché

valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo
Costituzione».
Può dirsi, in conclusione, che la sentenza delle Sezioni
Unite – che costituisce, allo stato, la voce più autorevole
sull’argomento – ha escluso l’esistenza di una figura autonoma

danno non patrimoniale risarcibile quella della lesione del
rapporto parentale, in quanto sicuramente rientrante nella
protezione di cui alla nostra Costituzione.
1.4. La giurisprudenza più recente ha compiuto ulteriori
passi avanti che, nella fedeltà all’insegnamento delle Sezioni
Unite, hanno consentito di fermare l’attenzione su specifici
aspetti del complesso problema, alla luce anche dei
sopravvenuti interventi legislativi.
La sentenza 13 maggio 2011, n. 10527, ad esempio, si è
soffermata a lungo sui possibili profili di duplicazione delle
poste di danno, problema che le Sezioni Unite avevano,
peraltro, già affrontato. Ha rilevato la Corte, al riguardo,
che «non si hanno invero duplicazioni risarcitorie in presenza
della liquidazione dei diversi aspetti negativi ravvisati
causalmente derivare dal fatto illecito o dall’inadempimento
ed incidenti sulla persona del danneggiato/creditore.
Duplicazioni risarcitorie vengono invece a sussistere laddove
lo stesso aspetto (o voce) venga computato due o più volte,

sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni»,
precisando che è compito del giudice del merito «accertare

di danno “esistenziale”, ma ha riconosciuto come forma di

l’effettiva

consistenza

pregiudizio

del

allegato,

a

prescindere dal nome attribuitogli».
La sentenza n. 10527 del 2011, quindi, ha rilevato che,
ove la liquidazione del danno morale sia stata «espressamente
estesa anche ai profili relazionali, nei termini propri del

possibilità che, in aggiunta a quanto a titolo di danno morale
già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare al
(diverso) titolo di danno esistenziale (cfr. Cass., 15 aprile
2010, n. 9040). Così come deve del pari dirsi nell’ipotesi di
liquidazione del danno biologico effettuata avendosi riguardo
anche a siffatta negativa incidenza sugli aspetti dinamicorelazionali del danneggiato. Laddove tali aspetti relazionali
(del tutto, ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti
il c.d. danno esistenziale) non siano stati invece presi in
considerazione, dal relativo ristoro non può invero
prescindersi». Questa pronuncia, però, si è anche fatta carico
di evidenziare che il danno alla vita di relazione non
consiste nella «perdita delle abitudini e dei riti propri
della vita, ma in fondamentali e radicali cambiamenti dello
stile di vita,

in scelte di vita diversa»,

ovvero, in altre

parole, nello «sconvolgimento dell’esistenza obiettivamente
accertabile» che non si traduca in patologie medicalmente
accertabili.
Sulla medesima linea si colloca la sentenza 9 marzo 2012,
n. 3718, nella quale questa Corte ha confermato, sul punto
10

danno c.d. esistenziale, è allora senz’altro da escludersi la

specifico, la sentenza di merito che aveva riconosciuto il
diritto al danno c.d. esistenziale in quanto la persona
danneggiata aveva subito un vero e proprio sconvolgimento
delle proprie abitudini di vita, vedendosi costretta, a causa
del fatto dannoso, a cambiare anche il proprio lavoro; la

liquidazione del danno esistenziale non costituiva una
duplicazione, data la sua indubbia particolarità.
Va infine menzionata, come pronuncia più recente, la
sentenza 20 novembre 2012, n. 20292, nella quale questa Corte
è tornata ancora una volta sul problema del danno alla vita di
relazione.
La pronuncia ora richiamata, oltre a svolgere una sintesi
ragionata dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale
sull’argomento, ha posto l’attenzione in modo specifico su di
un problema assai delicato che – fra l’altro – interessa nella
vicenda oggi in esame; si è cioè interrogata su cosa si
verifichi, in termini di risarcimento del danno, qualora dalla
lesione di un diritto costituzionalmente protetto non sia
derivata alcuna conseguenza in termini di danno biologico,
cioè quando non vi sia una lesione medicalmente accertabile.
La sentenza – dopo aver richiamato la precedente pronuncia 12
settembre 2011, n. 18641, la quale ha evidenziato l’autonomia
della figura del danno morale rispetto a quella del danno
biologico, alla luce di due interventi normativi successivi
alla citata sentenza delle Sezioni Unite del 2008 – ha
11

pronuncia ha così avuto modo di spiegare che in quel caso la

ribadito che «esistenziale è quel danno che, in caso di
lesione della stessa salute, si colloca e si dipana nella
sfera dinamico relazionale del soggetto, come conseguenza, sì,
ma autonoma, della lesione medicalmente accertabile».
Questa sentenza, in ultima analisi, dando continuità a

merito, dopo aver accertato l’esistenza di una «situazione
soggettiva protetta a livello costituzionale», è tenuto ad una
«rigorosa analisi e ad una conseguentemente rigorosa
valutazione tanto dell’aspetto interiore del danno (la
sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo

in

pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale)»; ciò in
quanto il risarcimento non deve essere duplicato, ma deve
tenere presenti le diverse possibili lesioni derivanti dal
fatto illecito (sull’argomento ritorna anche la più recente
sentenza 17 aprile 2013, n. 9231).
2.

Così

tratteggiate

sommariamente

le

linee

dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, ritiene questa
Corte di dover confermare, dando continuità ai precedenti
richiamati, che il danno biologico, il danno morale ed il
danno alla vita di relazione rispondono – per così dire – a
prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo.
In altre parole, un determinato evento può causare, nella
persona stessa della vittima come in quelle dei familiari, un
danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore
interiore ed un’alterazione della vita quotidiana; si tratta,
12

quella delle Sezioni Unite, ha confermato che il giudice di

all’evidenza,

di situazioni diverse ma pure tra loro

collegate.
Ciò non significa – come si potrebbe essere portati a
pensare ragionando in astratto – che il giudice di merito sia
tenuto per ciò solo, in via automatica, alla liquidazione di

sommatoria che rischia di riproporre i problemi di
duplicazione che la sentenza delle Sezioni Unite ha inteso
superare definitivamente; per il danno biologico, ad esempio,
deve essere dimostrata la sussistenza di una lesione rilevante
da un punto di vista medico (provando che, in conseguenza
della morte di un familiare, anche la persona sopravvissuta ha /VL
(

contratto una qualche malattia legata da nesso di causalità
con il lutto subito). Il giudice di merito, invece, dovrà dare
conto – in rapporto alla domanda giudiziale davanti a lui
proposta ed alla luce delle prove raccolte – di aver tenuto
presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando
duplicazioni ma anche “vuoti” risarcitori, perché – come ha
ricordato la citata sentenza n. 20292 del 2012, richiamando la
pronuncia delle Sezioni Unite

ciò che assume portata

decisiva è la centralità della persona e «l’integralità del
risarcimento del valore uomo».
Tale accertamento dovrà essere compiuto alla luce delle
regole generali in tema di prova, tenendo presente che il
relativo onere è a carico del danneggiato.

13

tutte queste singole poste di danno, con un effetto di

3. Alla luce delle precedenti riflessioni si può quindi
procedere all’esame del caso concreto.
3.1.

Nella

specie,

gli

odierni

ricorrenti

sono,

rispettivamente, i genitori ed il fratello del giovane morto
nell’incidente stradale per cui è causa. Nessun dubbio,

risarcimento del danno non patrimoniale, sussistendo sia il
reato che la lesione di un diritto costituzionalmente
protetto; si deve dire, anzi, che la morte di un figlio ammesso che sia possibile ipotizzare una sorta di scala
progressiva dei dolori umani rappresenta il punto più t
elevato di detta scala, certamente ricompresa nella tutela
degli artt. 29 e 30 della Costituzione.
A fronte di simile evento la Corte d’appello, con una
valutazione di merito che non è sindacabile in questa sede, in
quanto correttamente argomentata, è pervenuta alla conclusione
per cui né al fratello Virgilio Bartolucci né al padre Alberto
Bartolucci dovesse essere riconosciuta alcuna somma a titolo
di danno biologico, in quanto non era stato dimostrato che, a
seguito della morte di Costanzo Bartolucci, i predetti
congiunti avessero sviluppato una qualche malattia, ovvero
lesione del diritto alla salute. Soltanto in favore della
madre Francesca Notari la Corte romana ha riconosciuto
l’esistenza di un danno biologico nella modesta misura del 5
per cento di lesione dell’integrità psico-fisica, a seguito

14

i

quindi, sull’esistenza di un evento generatore dell’obbligo di

(“iwuc

dell’insorgenza di una «depressione reattiva con possibile
sviluppo di un disturbo psicotico».
3.2. Il passaggio della motivazione sul quale, però,
occorre puntare l’attenzione è quello relativo al danno alla
vita di relazione. La stessa pronuncia dà atto, infatti, che

gravissime ricadute dell’evento sui familiari», in
considerazione dell’età della vittima, del grado di parentela
e del tipo di convivenza. In presenza di simili contestazioni
che senza dubbio si risolvono nella richiesta di
liquidazione del danno c.d.

esistenziale – la Corte

territoriale si è limitata ad osservare che gli importi
liquidati dal Tribunale,

«avuto riguardo per il danno

biologico alla natura ed entità delle lesioni e dei postumi
riscontrati, e per il danno morale a tutti gli elementi
concorrenti alla sua determinazione (età della vittima,
convivenza e grado di parentela) appaiono ampiamente
satisfattivi».
Ne deriva che, non essendo stata dimostrata l’esistenza di
un danno biologico se non nei limiti di cui sopra, il giudice
di merito ha liquidato il solo danno morale, ritenendo di
poter genericamente ricomprendere in tale voce tutti gli altri
elementi ivi indicati, peraltro con una spiegazione
estremamente stringata. Appare evidente che la Corte ha
confuso i piani sopra ricordati, in quanto ha dimostrato di
non aver adeguatamente valutato – magari anche per negarne
15

gli appellanti lamentavano «la mancata considerazione delle

l’esistenza – i profili della lesione del rapporto parentale
conseguenti alla morte di Costanzo Bartolucci. La fine tragica
di un ragazzo di vent’anni, infatti, potrebbe avere effetti
anche devastanti sui genitori e sul fratello superstite, che
il giudice di merito è tenuto a valutare alla luce degli

quanto si è detto – in un automatismo risarcitorio, ma implica
comunque l’obbligo di prendere in considerazione il problema,
potendosi altrimenti determinare la conseguenza di un vuoto
risarcitorio che non risponde alla logica dell’art. 2059 cod.
civ. e dei valori fondanti della nostra Costituzione.
Il giudice di rinvio non sarà chiamato – alla luce dei
precedenti di questa Corte – a verificare la sussistenza di
semplici mutamenti delle abitudini e delle condizioni di vita,
che sono da ritenere implicit* in presenza di un evento come
la morte di un figlio ventenne; bensì dovrà accertare, con
onere della prova a carico dei richiedenti, se in conseguenza
del fatto si siano determinati autentici sconvolgimenti nella
vita dei familiari superstiti, tali da comportare scelte
radicalmente diverse. Soltanto in presenza di una simile
eventualità potrà trovare giustificazione il riconoscimento di
una ulteriore e diversa posta risarcitoria.
4. In conclusione, dunque, il ricorso è accolto e la
sentenza impugnata è cassata.

16

insegnamenti di questa Corte. Ciò non si traduce – proprio per

Il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione, la quale deciderà attenendosi al
seguente principio di diritto:
“Il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita
di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione

può causare, nella persona della vittima come in quelle dei
familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un
dolore interiore ed un’alterazione della vita quotidiana. Ciò
non significa che il giudice di merito sia tenuto, in via
automatica, alla liquidazione separata di tutte queste singole
poste di danno, ma si traduce nell’obbligo di tenere presente
diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando
duplicazioni ma anche “vuoti” risarcitori; quanto al danno da
lesione del rapporto parentale, il giudice dovrà accertare,
con onere della prova a carico dei familiari, se a seguito del
fatto lesivo si sia determinato nei superstiti uno
sconvolgimento delle normali abitudini tale da imporre scelte
di vita radicalmente diverse”.
Al giudice di rinvio è demandata anche la liquidazione
delle spese del presente giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso,
e

rinvia

cassa la sentenza impugnata

alla Corte d’appello di Roma, in diversa

composizione, anche per la liquidazione delle spese del
giudizio di cassazione.
17

del medesimo evento lesivo, in quanto un determinato evento

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza

Sezione Civile, il 17 maggio 2013.

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