Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19401 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. un., 03/08/2017, (ud. 23/05/2017, dep.03/08/2017),  n. 19401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 7309/15) proposto da:

DOLOMITI DERIVAZIONI s.r.l., (c.f.: (OMISSIS)) già DERIVAZIONI

s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore sig.

V.V.; rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del

ricorso, dall’avv. Michele Conte e dall’avv. Giovanni Battista Conte

ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma,

via Ennio Quirino Visconti 99;

– ricorrente –

contro

Regione del VENETO, (c.f. (OMISSIS)) in persona del Presidente pro

tempore della giunta Regionale, Dott. Z.L., rappresentata e

difesa, in forza di procura a margine del controricorso, dagli

avv.ti Cecilia Ligabue; Chiara Drago, Ezio Zanon e Bruna D’Amario;

presso lo studio di quest’ultima elettivamente domiciliata in Roma,

via Varrone n. 9;

– controricorrente –

nonchè nei confronti di:

– Comune di COMELICO SUPERIORE, (c.f.: (OMISSIS)) In persona del

sindaco pro tempore ing. S.P.M.; rappresentato e

difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avv. Enrico

Gaz e dall’avv. Stefano Gattamelata; elettivamente domiciliato

presso lo studio del secondo in Roma, via Di Monte Fiore n. 22;

– Altro controricorrente –

avente ad oggetto ricorso avverso la sentenza del Tribunale Superiore

delle Acque Pubbliche n. 234 del 19 marzo – 20 novembre 2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2017 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

uditi l’avv. Giovanni Conte per la parte ricorrente; l’avv. Renzo

Cuonzo, munito di delega dell’avv. Gattamelata, per il Comune di

Comelico Superiore; l’avv. Bruna D’Amario per la Regione del Veneto;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1 – Il Comune di Comelico Superiore presentò alla Regione Veneto una domanda per la derivazione di una certa portata d’acqua dal torrente (OMISSIS) del medesimo Comune; in concorrenza con tale istanza la s.r.l. Derivazioni – alla quale poi è succeduta la Dolomiti Derivazioni s.r.l. in forza di atto di fusione per incorporazione presentò analoga domanda.

2 – Entrambe vennero ammesse ad istruttoria; il procedimento venne sottoposto all’esame della Commissione Tecnica della Regione Veneto che espresse parere favorevole in relazione al progetto del Comune; sulla base di tale parere, il Dirigente della Direzione Difesa del Suolo presso la segreteria regionale per l’Ambiente della Regione decise di procedere ad istruttoria del solo progetto comunale.

3 – Il parere della Commissione ed il decreto direttoriale furono impugnati innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (d’ora in poi indicato con l’acronimo TSAP) dalla s.r.l. Derivazioni, facendosi valere tre motivi relativi: a – alla violazione del divieto per i Comuni inferiori a 30.000 abitanti di costituire società per la produzione o l’approntamento di servizi non strettamente necessarie per le finalità istituzionali dell’ente locale; b – alla circostanza che era stata decisa l’assegnazione prima che fosse conclusa l’istruttoria su tutte le domande presentate; c – all’omessa effettuazione dello screening per la valutazione dell’impatto ambientale prima di decidere sulla preferenza accordata all’istanza del Comune.

4 – Il Comune depositò una memoria conclusiva in data 7 marzo 2014, con la quale si dava atto di aver ottenuto dalla Provincia di Belluno, il 7 giugno 2013, in pendenza del rilascio dell’autorizzazione, la concessione del diritto di derivazione: ciò in quanto, alla luce della Det. giunta regionale 14 maggio 2013, n. 694 il titolo concessorio poteva essere emesso anche in pendenza del completamento della fase autorizzativa.

5 – Con decisione 234/2014 il TSAP ha dichiarato improcedibile il ricorso della s.r.l. Derivazioni per carenza di interesse alla decisione, dovuta alla mancata impugnazione della determina della Giunta provinciale, ritenendo che tale provvedimento sarebbe stato basato su nuove ed in parte autonome valutazioni della Pubblica Amministrazione, così che l’eventuale caducazione dei provvedimento già oggetto di impugnazione non avrebbe determinato il venir meno della successiva determina.

6 – La s.r.l. Dolomiti Derivazioni ha proposto un autonomo ricorso innanzi al TSAP contro la determinazione provinciale del 7 giugno 2013; ha poi ricorso innanzi alle Sezioni Unite per la cassazione della ricordata sentenza n. 234/2014 del TSAP, sulla base di tre motivi; hanno resistito con controricorso la Regione Veneto ed il Comune di Comelico Superiore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Eccezione pregiudiziale.

1 – Il Comune ha eccepito la intempestività del ricorso – per mancato rispetto del termine di 45 giorni dalla conoscenza legale del provvedimento impugnato, ex art. 518 c.p.c. del 1865, applicabile a mente del T.U. acque – sostenendo che la proposizione dell’impugnazione innanzi al TSAP avente ad oggetto la Det. giugno 2013 (con atto notificato il 16 gennaio 2015) avrebbe fatto emergere la conoscenza legale della sentenza qui oggetto di impugnazione, come indicato nella narrativa di fatto di quel ricorso – che appunto esponeva al TSAP che la sentenza 234/2014 era “attualmente in corso di impugnazione innanzi alle competenti sezioni unite della Corte di Cassazione” -: dunque da tale momento si sarebbe potuto proporre il ricorso contro la citata sentenza n. 234/2014, oggetto del presente scrutinio, ricorso peraltro effettivamente notificato solo l’11 marzo 2015.

1.1 – L’eccezione presuppone l’applicabilità del principio di equiparazione tra notifica della sentenza e conoscenza legale della stessa per effetto dell’impugnazione del medesimo provvedimento con diverso gravame, principio derivante dalla elaborazione giurisprudenziale del disposto di cui all’art. 326 c.p.c., comma 2, (v Cass. Sez. Un. 9 giugno 2006 n. 13431 in materia di revocazione; vedi peraltro, in senso più restrittivo: Cass. Sez. Un. 31 maggio 2016 n. 11366).

1.2 – L’eccezione non merita però accoglimento in quanto non sussistono i presupposti applicativi del principio di cui si parla perchè nel caso in esame non si sono proposti due gravami avverso una medesima decisione bensì un ricorso (a queste Sezioni Unite) contro una sentenza e un’impugnazione (innanzi al TSAP) di un provvedimento amministrativo. Ne deriva dunque che nella fattispecie non soffre eccezione il principio di carattere generale secondo cui la notificazione della sentenza non ammette equipollenti quale fonte di conoscenza legale della decisione (vedi, ex multis, la citata 11366/2016; nonchè, Cass. Sez. 2, 9 agosto 2011 n. 17122).

Ricorso.

2 – Con il primo motivo viene denunciata la violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 143 e 145 nonchè dell’art. 2697 c.c., sostenendosi che non sarebbe stato provato il presupposto per l’inizio del decorso del termine di 60 giorni per l’impugnazione della determinazione provinciale del 7 giugno 2013, vale a dire l’attività dell’amministrazione diretta a portare a conoscenza del contro interessato, nelle forme di cui all’art. 145, mediante consegna o trasmissione di una copia, del provvedimento sfavorevole. Oltre a ciò il Comune neppure avrebbe affermato che si era provveduto a tale adempimento, limitandosi ad sottolineare che il provvedimento era stato inserito nel sito internet della Provincia. Da tale costrutto argomentativo parte ricorrente trae la conseguenza che non correttamente il Tribunale Superiore delle Acque avrebbe ritenuto non tempestivamente impugnata la concessione della Provincia in favore del Comune e, di conseguenza, che erroneamente sarebbe stato giudicata carente di interesse ad insistere nell’impugnazione del Decreto n. 8 del 2012.

3 – Con il secondo motivo, strettamente collegato al precedente, viene denunciata la violazione dell’art. 146 del citato R.D. che impone qualora non sia stata effettuata la notifica o comunicazione personale a chi dal provvedimento possa subire pregiudizio- che l’atto (da intendersi: la concessione provinciale al Comune) vada inserito per estratto nella Gazzetta Ufficiale o nel foglio degli annunci legali della Provincia: solo dal compimento di tali attività decorrerebbero i 60 giorni per la impugnazione: nel caso di specie non avrebbe rivestito il medesimo effetto di partecipazione del contenuto dell’atto l’inserimento nel sito web della Provincia.

4 – I due motivi – da esaminarsi congiuntamente per lo stretto collegamento argomentativo- non sono fondati.

4.1 – Va innanzi tutto messo in rilievo che non risulta impugnata la qualificazione, operata dal TSAP, dell’invalidità dedotta dell’atto presupposto la Delib. n. 8 del 2012 – rispetto al provvedimento sopravvenuto – concessione del n. 1018 del 2013 – in termini di invalidità ad effetto viziante (tale cioè da non comunicare all’atto successivo gli effetti della caducazione dell’atto presupposto), in ragione del fatto che l’atto sopravvenuto è stato incontestabilmente considerato frutto di nuove ed in parte autonome valutazioni, con la conseguente necessità di un’autonoma impugnazione.

4.1.1 – Nel merito, va poi sottolineato che per effetto della legittima decisione del Dirigente di settore della Regione Veneto di procedere ad ulteriore istruttoria del solo progetto di derivazione proposto dal Comune contro ricorrente, è terminata la relativa fase “paraconcorsuale” del procedimento concessorio così che non è residuata alcuna posizione soggettiva (in capo alla società attualmente ricorrente) da tutelare nella prospettiva dell’ulteriore corso del procedimento e, dunque la società ricorrente non era più destinataria di una ulteriore forma partecipativa specifica dell’esito della successiva fase procedimentale; per tale ragione, l’unica comunicazione dell’esito di questa è stata quella garantita a tutti i terzi comunque interessati alla sua emanazione, costituita dalla pubblicazione nel foglio degli annunci legali della Provincia o nel sito istituzionale di detto ente territoriale.

4.1.2 Quanto poi alla dedotta carenza di prova dell’adozione di forme di comunicazione del provvedimento concessorio idonee a consentire la presa d’atto della sua esistenza, va osservato che: a – la valutazione della esistenza e della idoneità funzionale delle medesime costituisce un accertamento di fatto precluso in sede di legittimità; b – a mente della L. n. 69 del 2009, art. 32″ a far data dal 1 gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati”; c – il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, art. 23 (con disposizione poi soppressa con il D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97) individuava, all’epoca, tra gli atti da pubblicare, i provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione e concessione.

4.1.3 – E’ deduzione priva di qualunque allegazione a sostegno, quella che assume che non vi sarebbe neppure la prova dell’inserimento del provvedimento concessorio nel sito istituzionale della Provincia, anche alla luce del sopra richiamato carattere doveroso della pubblicazione di cui si discute e della presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.

5 – Con il terzo motivo si assume la violazione del citato R.D. n. 1775 del 1933, art. 180 per aver, il Comune, modificato le conclusioni dopo la rimessione della causa innanzi al Collegio (avvenuta all’esito dell’udienza del 19 giugno 2013), da parte del giudice delegato, sollevando l’eccezione di improcedibilità solo con la memoria illustrativa del 7 marzo 2014 e depositando il provvedimento concessorio del quale si parla, fuori del termini stabiliti per le parti per l’attività istruttoria.

5.1 – Il mezzo è infondato perchè la sopravvenienza del provvedimento concessorio – avvenuta pochi giorni prima della rimessione della causa sul ruolo collegiale- e la sua produzione in giudizio, incidendo sulla persistenza dell’interesse all’impugnazione, formava oggetto di valutazione officiosa da parte del TSAP al fine di delibarne l’incidenza sull’originaria domanda caducatoria.

6 Il ricorso va dunque rigettato con onere di spese, secondo la specificazione indicata in dispositivo, in favore di ciascuna parte controricorrente. 6.1 – Dal momento che il ricorso medesimo è stato affidato per la notifica l’11 marzo 2015 e dunque ben oltre il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2012, n. 228 che ha modificato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 sussistono i presupposti per porre a carico della ricorrente il pagamento di somma pari al contributo unificato dovuto per il ricorso, in applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti, liquidandole per ognuna in Euro 5.000 (cinquemila) per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00,(duecento) ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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