Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19398 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. II, 18/07/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 18/07/2019), n.19398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22264-2015 proposto da:

D.S., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA BONCOMPAGNI 61, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

MICHELINI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

F.A., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEL GESU’ 62, presso lo studio dell’avvocato RENATO DI GIANNI,

che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

L.L., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 825/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

RITENUTO

che della complessa vicenda venuta all’esame della Corte d’appello di Napoli, ai fini che qui rilevano, è bastevole ricordare che la sentenza di secondo grado confermò quella di primo, la quale aveva disposto l’assegnazione di un cespite ereditario non divisibile, dietro pagamento di conguaglio in denaro, in favore di G.L., + ALTRI OMESSI, tutti eredi di D.C., così negando che gli appellanti avessero successivamente revocato una tale preferenza, in precedenza manifestata e che fosse da accogliere la richiesta di una nuova stima peritale dell’immobile, propedeutica alla vendita all’asta;

ritenuto che gli appellanti propongono ricorso avverso la statuizione d’appello sulla base di tre motivi di censura e che delle quarantasette persone intimate resistono con controricorso N.M.R., + ALTRI OMESSI;

che la memoria dei ricorrenti è pervenuta tardivamente come quella dei controricorrenti.

Diritto

RITENUTO

che con il primo e il secondo motivo, tra loro osmotici, i ricorrenti denunziano errata e falsa applicazione degli artt. 1350e 13621 c.c., artt. 112 e 346 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, sulla base di quanto segue:

– la richiesta di assegnazione del compendio immobiliare, avanzata in sede di comparsa di costituzione e successivamente reiterata, era stata espressamente revocata in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado;

– come se non bastasse, una tale rinunzia, non solo era stata tenuta ferma, ma, anzi, riaffermata in appello;

– la Corte d’appello, ignorando la natura espressa della revoca ed erroneamente ragionando in ordine alla revoca tacita, non si era attenuta ai principi enunciati in sede di legittimità, secondo i quali la domanda di attribuzione dei beni ereditari costituisce una mera modalità attuativa della divisione, priva di valore negoziale e, pertanto proponibile e rinunciabile anche in appello;

– di conseguenza, oltre ad essere state violate le norme in materia negoziale riportate, si era anche consumata la violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre all’omesso esame del punto;

considerato che il complesso censuratorio sopra riportato è fondato, tenuto conto di quanto segue:

a) della vicenda che qui rileva consta che i ricorrenti con la comparsa costituzione in primo grado avevano chiesto a loro indivisamente assegnarsi il bene di che trattasi, richiesta successivamente reiterata alle udienze del 5/6/2006, 26/6/2006, 22/1/2007, 27/10/2008 e del 15/12/2008; all’udienza di precisazione delle conclusioni tale richiesta era stata, tuttavia, revocata;

b) la sentenza d’appello, qualificata la richiesta in discorso quale eccezione e presupposto che la stessa non fosse stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, ne trae il convincimento che la mancata riproposizione non fosse sufficiente a far presumere “la rinuncia o l’abbandono” e, tenuto conto della pregressa reiterazione, “riportandosi (gli odierni ricorrenti) a tutte le domande avanzate (…) ben deve ritenersi che la stessa non sia stata rinunziata con la precisazione delle conclusioni anche in considerazione della circostanza che la richiesta di vendita all’asta del bene ben debba intendersi subordinata al mancato accoglimento della richiesta di attribuzione”;

c) la sentenza non riporta quanto trascritto in sede di precisazione delle conclusioni, che, invece, i ricorrenti riproducono nello stralcio seguente: “rilevato che trattasi di divisione di un unico immobile indivisibile vista la rivalutazione del ctu rinuncia all’assegnazione” ed inoltre: “rinuncia all’assegnazione – voglia il giudice dare incarico al Notaio per la vendita all’asta” e che il riportato non contrasta con quanto i controricorrenti riproducono per intero testualmente: “E’ presente l’Avv. Aprea Francesco per delega dell’Avv. Vincenzo Michelini il quale chiede: rilevato che trattasi di divisione di un unico immobile indivisibile, che non vi sono contestazioni in merito alla divisione dello stesso e vista la rivalutazione del C.T.U. per la quale si chiede la ripartizione della spesa della stessa tra tutti i partecipanti all’asse e rinuncia all’assegnazione. Voglia il Giudice dare incarico al Notaio per procedere alla vendita del bene all’asta”;

d) deve escludersi versarsi in ipotesi di omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto, a parte ogni altra considerazione, il punto è stato esaminato dalla Corte locale;

e) deve, del pari, escludersi il vizio revocatorio, ipotizzato dai controricorrenti, stante che, lungi dall’essere incorsa in un errore di fatto, presupponendo l’esistenza di un documento, invece inesistente, o l’inesistenza di un documento, invece esistente, la sentenza, rivendicando il proprio potere d’interpretazione, ha valutato una situazione giuridica, giungendo alla conclusione che la richiesta di assegnazione, qualificata quale vera e propria eccezione, non potesse reputarsi revocata;

f) sul distinguo questa Corte più volte si è soffermata, ad esempio, assai di recente, con la sentenza n. 6405 del 15/3/2018, Rv. 647570, si è affermato che l’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 4, consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato, sicchè i vizi relativi all’interpretazione della domanda giudiziale non rientrano nella nozione di “errore di fatto” denunciabile mediante impugnazione per revocazione (cfr., pure, sentt. nn. 8180 del 3/4/2009 e 8639 del 26/4/2005);

g) in questa sede si è condivisamente precisato che nel giudizio di divisione, la richiesta di attribuzione, proponibile solo in caso d’indivisibilità del bene, ex art. 720 c.c., costituisce una modalità attuativa della divisione che ne paralizza la vendita anche se precedentemente disposta dal giudice, trattandosi di una mera specificazione della domanda di scioglimento della comunione, formulabile anche in appello (Sez. 2, n. 12119, 14/5/2008, Rv. 603422); ed ancora, che la richiesta di attribuzione dell’intero immobile alla quota di uno o più condividenti, con addebito dell’eccedenza in valore, ai sensi dell’art. 720 c.c., sul presupposto della sua indivisibilità, attiene alle modalità di attuazione della divisione e pertanto, risolvendosi nella mera specificazione della pretesa introduttiva del processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, è proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non costituendo essa una domanda nuova vietata dall’art. 345 c.p.c. (Sez. 2, n. 5392, 2/6/1999, Rv. 526974);

h) da qui, due derivati:

– non trattasi di eccezione in senso proprio o improprio;

– alla libera proponibilità, senza incorrere nelle decadenze processuali, non può che corrispondere, per necessitata biunivoca corrispondenza, la libera revocabilità negli stessi termini;

i) la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi, così statuendo oltre il domandato, che non era più la divisione mediante assegnazione, bensì mediante assegnazione per quote del ricavato della vendita del bene indivisibile, tenuto conto della volontà manifestata dagli appellanti, non solo davanti al Giudice di primo grado, ma anche a quello d’appello;

considerato che il terzo motivo, con il quale si deduce omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la sentenza impugnata preso in considerazione la documentazione dalla quale era dato desumere il deprezzamento di valore dell’immobile dal tempo della stima a quello effettivo della divisione, resta assorbito dall’epilogo;

considerato che, pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio, devolvendosi al Giudice del rinvio anche la statuizione sul regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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