Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19398 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 17/09/2020), n.19398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2819-2019 proposto da:

V.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO DI PALMA;

– ricorrente –

CONSAC GESTIONE IDRICHE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1226/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 14/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

V.G. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1226/2017 della Corte d’Appello di Salerno, pubblicata il 14 dicembre 2017, rionotificata, articolando due motivi.

Nessuna attività (Ndr: Testo originale non comprensibile) è svolta dalla società intimata.

Il ricorrente espone in fatto di avere convenuto, dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, CONSAC Gestioni Idriche SPA, per sentir dichiarare l’infondatezza del suo diritto al pagamento di Euro 9.064,87, oltre ad accessori, per le fatture trimestrali del 2002 relative al consumo di acqua e per ottenerne la condanna alla restituzione di Euro 670,21 per il pagamento della fattura n. (OMISSIS) relativa al quarto trimestre 2011, oltre al risarcimento del danno. Lamentava, in particolare, il verificarsi di un guasto al contatore, tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002, che aveva determinato una fuoriuscita di acqua, cessata nel 2003, dopo la sostituzione del contatore. Adduceva a supporto della propria richiesta la differenza rispetto aì consumi registrati nel periodo precedente, il fatto che la struttura alberghiera servita dalla fornitura d’acqua fosse aperta solo da giugno ad agosto, che l’abitazione all’interno attingesse acqua da una cisterna, salvo sporadici usi della fornitura idrica in caso di essiccazione.

La società convenuta contestava le pretese attoree.

Il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza n. 690/10, rigettava la domanda attorea, per mancanza di prova della ricorrenza del guasto.

La Corte d’Appello di Salerno, cui si rivolgeva l’odierno ricorrente, deducendo la mancata valutazione probatoria ed indiziaria, la mancata pronuncia sulla illegittimità per contraddittorietà degli estratti storici delle letture dei consumi idrici depositati dalla Consac, la sopravvalutazione delle risultanze istruttorie della società convenuta, la manifesta illogicità e carenza nella parte motivazionale, confermava la sentenza di prime cure, sulla base delle medesime motivazioni e condannava l’attore al pagamento delle spese di secondo grado, confermava la compensazione delle spese di primo grado.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione ed errata applicazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..

La Corte d’Appello, come già il giudice di prime cure, ritenendo che le prove testimoniali, che avrebbero dovuto provare il guasto al contatore, fossero troppo generiche a differenza delle deposizione dei testimoni che avevano con maggiore precisione affermato di non essersi accorti di alcun guasto, non avrebbe tenuto in considerazione gli elementi indiziari – i consumi precedenti, la presenza di un pozzo privato, l’apertura dell’albergo solo da giugno ad agosto, la sostituzione nel 2003 del contatore resasi necessaria perchè quello precedente era scoppiato – che avrebbero dovuto integrare le prove testimoniali risultate generiche, superare le prove testimoniali favorevoli alla società erogatrice, fornire una diversa interpretazione dell’estratto storico del 2002 che registrava un consumo anomalo di acqua.

Il motivo è inammissibile.

Le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. Deve ribadirsi che nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento dalle prove o dalle risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti.

Peraltro, la denuncia di violazione di legge in relazione all’art. 2729 c.c. può prospettarsi sotto i seguenti aspetti: a) il giudice di merito afferma (e, quindi, fa concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti) che non siano gravi, precise e concordanti:; b) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità, o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, sussume, cioè, sotto la norma dell’art. 2729 c.c. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorre in una falsa applicazione della norma, nel senso che la applica esattamente assumendola nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, perchè priva di aderenza agli elementi della norma astratta.

Ora, la gravità allude ad un concetto logico, generale o speciale (cioè rispondente a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis), che esprime nient’altro che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, per cui dato un fatto A noto è probabile che si sia verificato il fatto B (non è condivisibile, invece, l’idea che vorrebbe sotteso alla “gravità” il fatto che l’inferenza presuntiva sia “certa”). La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti. La concordanza esprime – secondo l’opinione preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo, che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sè considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori, volendo esprimere l’idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi.

Il giudice a quo non è incorso in nessuno dei suddetti errori: a p. 5, ha ritenuto non univoci gli elementi derivanti dalla natura stagionale dell’attività alberghiera e ne ha spiegato le ragioni, a p. 6, ha dato rilievo all’inesistenza della segnalazione di guasti; a p. 7, ha reputato mancanti gli elementi concreti dai quali desumere che nell’anno di riferimento delle fatture fosse stata utilizzata la cisterna.

Nè il ricorrente coglie nel segno invocando quanto statuito da questa Corte con l’ordinanza n. 9059/2018, secondo cui il giudice di merito non deve procedere alla valutazione atomistica dei numerosi fatti storici, ciascuno avente una propria valenza indiziaria, svalutandone l’efficacia dimostrativa, ma deve procedere ad un percorso logico di sintesi. E’ proprio quanto risulta aver fatto il giudice a qua che ha preso la propria decisione, dopo avere inserito in una valutazione unitaria sia le prove testimoniali – quelle a favore e quelle contro l’odierno ricorrente – sìa il complesso delle circostanze indiziarie.

Non vi sono neppure i presupposti per ritenere violato l’art. 115 c.p.c.. Per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle partì attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”” (Cass., Sez. Un., 05/08/2016, n. 16598; Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass. 20/10/2016, n. 21238).

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo valutato le molteplici circostanze emerse dall’istruttoria.

Nell’ipotesi di doppia conforme prevista dall’art. 348 ter del codice di rito – applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012: quella impugnata è stata depositata il 14 dicembre 2017 – quando la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto poste a base della decisione impegnata, non può essere dedotto il vizio di omesso esame, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (ex multis cfr. Cass. 23/06/2017, n. 15647). Al fine di evitare tale conclusione, parte ricorrente avrebbe dovuto, confrontando le ragioni di fatto poste a fondamento della decisione di primo grado con quelle poste a fondamento della sentenza di rigetto del gravame, dimostrarne la diversità: il che non è avvenuto nel caso di specie.

Ciò rende superflua la enucleazione degli ulteriori profili di inammissibilità della censura formulata.

Il motivo è, dunque, inammissibile.

3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Non deve disporsi alcunchè per le spese del presente giudizio, non avendo la resistente svolto alcuna attività difensiva in questa sede.

5. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ii ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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