Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19397 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19397 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso n. 14345-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente
domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ope legis
– ricorrente –

contro
AGRICOLA ALLEVAMENTI S.A.S. DI CORTEGGIANI GIOVANNI, in persona
del legale rappresentante p.t.
DI CARMINE ALBERTO
CARDILLI ANNA
– intimati-

avverso la sentenza n. 2/37/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE del LAZIO, depositata il 7.4.2009, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18.5.2018
dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO

Data pubblicazione: 20/07/2018

R.G. 14345/2010

RILEVATO CHE
l’Agenzia delle Entrate ricorre, con atto notificato in data 24.5.2010 alla
sola società indicata in epigrafe e successivamente, a seguito di ordinanza
di integrazione del contraddittorio, in data 5.7.2011 e 6.7.2011 anche ai
due soci, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la
Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto parzialmente

Tributaria Provinciale di Roma in accoglimento dei ricorsi (riuniti) avverso
avvisi di accertamento con cui venivano rettificati sia il reddito d’impresa
della società, sia i redditi di partecipazione dei soci;
l’Agenzia delle Entrate ha, dunque, proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 32 DPR 600/1973 e
dell’art. 51, comma n. 2 e 7 DPR 633/72, nonché dell’art. 2697 c.c.»
lamentando che la CTR aveva annullato gli avvisi di accertamento ritenendo
raggiunta la prova liberatoria della società contribuente sulla base di
generiche ed indimostrate deduzioni;
con il secondo motivo ha denunciato, in via subordinata, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., «motivazione insufficiente in
ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio» per non avere la
CTR precisato «le ragioni e gli elementi in base ai quali …(aveva)…
ritenuto raggiunta la prova liberatoria»
i contribuenti sono rimasti intimati
CONSIDERATO CHE
1.1. va premesso che con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza del
13.12.2016 e comunicata via PEC all’Agenzia delle Entrate in data 6.4.2017,
fu disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci Alberto Di
Carmine e Andrea Cardilli e la rinnovazione della notifica del ricorso anche
nei confronti della società nel termine di 90 gg. dalla comunicazione della
suddetta ordinanza (con termine dunque che scadeva in data 5.7.2017);
1.2. dalla documentazione prodotta dalla ricorrente risulta che: a) nei
confronti della società non fu possibile disporre la notifica in quanto, nelle

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l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 279/29/2006 della Commissione

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more, estinta per cancellazione dal Registro delle Imprese in data
23.2.2005; b) nei confronti della socia Cardillo il ricorso fu spedito per la
notifica in data 5.7.2017 e ricevuto il 6.7.2017; c) nei confronti del socio Di
Carmine il ricorso fu, invece, spedito, per la notifica, a mezzo posta, in data
6.7.2017 e ricevuto in data 7.7.2017, avendo avuto esito negativo la
notifica effettuata in data 5.7.2017 alla casella di posta elettronica

consegna (RMC) prodotta dalla ricorrente («casella inibita alla
ricezione»);
1.3. l’esito negativo della notifica, sia pure chiaramente imputabile al
destinatario per non aver reso possibile la ricezione di messaggi sulla
propria casella di PEC, non consente di ritenere perfezionata tale notifica a
mezzo PEC;
1.4. non si applica, invero, con riguardo alla ricevuta di mancata
consegna generata a seguito di notifica telematica effettuata da un
Avvocato ai sensi della legge 53/1994, la disciplina prevista nel caso in cui
la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica (o
comunicazione) effettuata dalla Cancelleria;
1.5. nel secondo caso, infatti, l’art. 16 del D.I. n. 179/2012 e succ.
mod., nel prescrivere nei procedimenti civili l’obbligatorietà
dell’effettuazione da parte della cancelleria delle comunicazioni e delle
notificazioni «esclusivamente» presso l’indirizzo di posta elettronica
certificata risultante da pubblici registri, sancisce al comma 6 che «le
notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo
di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno
provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite
esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si
adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta
elettronica certificata per cause imputabili al destinatario»;
1.6. la disposizione normativa sopra richiamata di cui all’art. 16 del D.L.
179/2012 è riferibile, tuttavia, esclusivamente alle
comunicazioni/notificazioni della cancelleria e non anche alle notifiche
effettuate a mezzo PEC dagli Avvocati, il che impone, dunque, di provvedere

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certificata del socio, come da report di errore nella ricevuta di mancata

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a rinnovare la notifica dell’atto secondo le regole generali dettate dagli artt.
137 e ss. c.p.c. anche nel caso in cui la notifica effettuata non vada a buon
fine per causa imputabile al destinatario, atteso che la notifica si perfeziona
unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta
consegna (RAC);
1.7. occorre comunque richiamare, nella fattispecie, il principio sancito

notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento,
sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine
ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la
comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per
assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie» (cfr.
Cass. SS.UU. n. 17352/2009); tale principio di diritto opera, invero,
allorquando, come nel caso in esame, la mancata conclusione positiva della
notifica non derivi da circostanze imputabili al notificante e sempreché
quest’ultimo assolva all’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario, entro un
termine ragionevolmente contenuto secondo la comune diligenza, la ripresa
del procedimento notificatorio, come avvenuto nella specie, avendo la
ricorrente provveduto a rinnovare la notifica il giorno 6.7.2017, ovvero il
giorno immediatamente successivo al tentativo di notifica a mezzo PEC non
andato a buon fine;
2.1. a seguire, il primo motivo di ricorso, corredato di idoneo quesito di
diritto, è fondato;
2.2. la doglianza, svolta dalla ricorrente, articolata sotto il profilo della
violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma
1, n. 7 e dell’art. 2697 c.c. , si fonda sulla considerazione che l’art. 32 citato
individua a favore dell’Amministrazione una presunzione legale iuris tantum
superabile dalla prova contraria da parte del contribuente, prova che nella
specie non sarebbe stata fornita; da ciò, secondo l’Agenzia, l’erroneità della
sentenza impugnata, con cui è stato accolto il ricorso dei contribuenti
affermando che «i valori indicati dai ricorrenti appaiono … del tutto
veritieri e reali, e solo un più approfondito confronto dei dati finanziari,
riscontrati dalla G. di Finanza con l’accertamento bancario, con l’attività

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con la pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui «la conseguente

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svolta dalla Società avrebbero indotto l’interprete a considerare legittimo
l’atto induttivo configura(ndosi), pertanto, nell’atto di accertamento una
procedura induttiva che non contiene, però, i canoni previsti dall’art. 2729
cod. civ.»;
2.3. al riguardo, giova sottolineare che questa Corte, con indirizzo
ormai consolidato, ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, in

del 1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia
i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno
imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di
espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova,
può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da
sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è
tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli
ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai
movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei
tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad
affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (cfr. Cass. n.
11102/2017; 25502/2011);
2.4. invero, «nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio
finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del
contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della
prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione
bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere
probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e
gli elementi risultanti dai conti predetti (cfr. Cass. nn. 10578/2011,
4589/2009, 1739/2007);
2.5. ai fini di cui trattasi, la prova liberatoria non può essere generica
ma deve essere analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni
prelevamento o versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna
delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, con la conseguenza
che nel caso di specie competeva alla contribuente provare analiticamente
che le somme presenti sui suoi conti bancari non fossero riferibili ad attività

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tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600

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di impresa ed a somme imponibili, prova liberatoria che invece non è stata
fornita;
2.6. la sentenza impugnata non si è quindi uniformata ai suddetti
principi, pienamente condivisi dal Collegio ed applicabili nella fattispecie;
3. il ricorso per cassazione in esame deve essere dunque accolto, con
assorbimento del secondo motivo, formulato in via subordinata, e la

regula iuris diversa, deve essere cassata e rinviata alla CTR del Lazio, in
diversa composizione, che, adeguandosi, provvederà al riesame della
vicenda processuale, oltre che al regolamento delle spese processuali
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il
secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento
delle spese alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione,
Sezione Tributaria, in data 31.5.2018.

sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una

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