Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19397 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 08/07/2021), n.19397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Robert – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FISCHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi iscritti ai nn.ri 6827/2015; 6829/2015; 6833/2015 a

seguito di riunione dei giudizi proposti da:

B.L., B.M. e dalla società MAGILO TRADE 2

s.a.s. di B.M. & c. tutti rappresentati e difesi come

da deleghe in atti dall’avv. prof. Tommaso Maglione e con domicilio

eletto in Roma, via Ovidio n. 20, presso lo studio Liccardo,

Landolfi e associati;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso le sentenze della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 6862/39/14; n. 6863/39/14; n. 6864/39/14 depositate in

data 10/07/2014 e non notificate;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

23/03/2021 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con le sentenze impugnata la CTR partenopea in tutti i giudizi resi autonomamente accoglieva in parte, quanto alle sanzioni, l’appello principale della contribuente società e dei soci della stessa; nel merito invece dichiarava la legittimità degli atti impugnati, avvisi di accertamento per IRPEF 2008 quanto ai soci B.L. e Marcello e per IVA, IRAP 2008 quanto alla società dagli stessi partecipata;

– ricorrono a questa Corte sia la società MAGILO TRADE 2 s.a.s. di B.M. & c. sia i soci della stessa B.L. e B.M. con separati ricorsi affidati sempre a due motivi; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate in tutti i giudizi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– vanno preliminarmente riuniti nel giudizio n. r.g. 6827/2015 i giudizi n. 6829/2015 e 6833/2015; è evidente la sussistenza della connessione oggettiva e soggettiva che li avvince, ex art. 274 c.p.c., trattandosi di avvisi di accertamento relativi in primo luogo alla società MAGILO TRADE 2 s.a.s. di B.M. & c., per le cui obbligazioni risponde illimitatamente il socio B.M. e nei limiti della quota la socia B.L. e secondariamente risultando i separati avvisi di accertamento notificati ai soci derivanti e fondati – ex art. 5 TUIR – sui conseguenti recuperi quanto all’imposizione del reddito;

– osserva poi la Corte che nel presente caso non si verte in una situazione di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14;

– invero, questo Giudice della Legittimità ha infatti affermato che “nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, artt. 6 e 13, e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio” (Cass. n. 3830 del 2010; Cass. n. 29843 del 2017);

– in tema di rettifica del reddito di una società di persone e di quello di partecipazione dei soci ciò ha luogo quando “le pronunce riguardanti la società ed i soci adottate dallo stesso collegio in identica composizione, nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, implicano la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale”;

– e nella fattispecie che ci occupa, come si evince dagli atti di causa, tali condizioni sono pienamente sussistenti: il ricorso della società era stato rigettato con sentenza della CTP di Napoli sez. 46, n. 169 del 2013, e la stessa autorità aveva rigettato, con sentenze della medesima sez. 46 n. 168 e n. 167, sempre del 2013, i ricorsi dei soci; gli appelli della società e dei soci sono stati assegnati alla stessa sez. 39 della CTR della Campania e trattati di fatto congiuntamente in udienza il giorno 28 maggio 2014; la Commissione si pure è pronunciata in modo uniforme con le tre sentenze qui oggetto di ricorso;

– conseguentemente, riuniti i giudizi le cui risultanze restano ferme in atti, nel procedersi oltre vanno ora trattate e disattese le eccezioni di inammissibilità formulate dall’Erario in tutti i propri controricorsi;

– quanto al profilo dell’asserito difetto di autosufficienza, lo stesso è infondato poiché parte ricorrente indica in ogni ricorso per cassazione (pag. 3 righe n. 13-14) il locus processuale nel quale i documenti di cui lamenta il mancato esame erano stati prodotti al giudice del merito (si tratta del doc. n. 5 del fascicolo di primo grado);

– quanto all’articolazione del secondo motivo di ricorso, anche qui diversamente da quanto contestato negli atti dell’Erario, la doglianza risulta in concreto sempre correttamente formulata quale violazione rilevante ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– possono quindi prendersi in esame i motivi dei proposti ricorsi;

– in tutti i ricorsi proposti nei giudizi ora riuniti con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, comma 4, lett. b), e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto legittimo l’accertamento induttivo operato dall’Ufficio, quanto alla metodologia accertativa, in difetto dei presupposti di legge; il motivo è strettamente connesso con quanto dedotto nel secondo mezzo di impugnazione, con il quale si censura la sentenza impugnata per omessa e/o contraddittorietà della, motivazione su uno specifico punto controverso della questione, consistente nella infedeltà del professionista e nell’obbligo dell’Ufficio di tenere conto dei costi documentati a posteriori, tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– con tal secondo motivo si denuncia l’omessa pronuncia su punto decisivo della controversia per non avere la CTR tenuto conto dei costi documentati dalla società ricorrente;

– alla luce della sopra detta connessione tra di loro, i due motivi possono trattarsi congiuntamente;

– gli stessi sono fondati nei termini e con le precisazioni che seguono;

– invero, poiché è pacifica in atti la circostanza relativa alla mancata presentazione della dichiarazione, da un lato sussistevano certamente i presupposti di legge perché l’Ufficio procedesse con l’accertamento induttivo; sotto questo profilo quindi i motivi non trovano accoglimento;

– infatti, come ancora di recente confermato da questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2581 del 04/02/2021) in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento nel D.P.R. n. 600 del 1973 (cd. accertamento d’ufficio), non già nell’art. 38 (accertamento sintetico), o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nell’art. 41, può ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente; nondimeno esso deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, senza che possano operare le limitazioni previste dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109), in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente. L’Amministrazione finanziaria deve, quindi, ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinate induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto;

– proprio in questi casi, ritiene la giurisprudenza costante di questa Corte (e multis Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14930 del 15/06/2017; Sez. 5, Sentenza n. 1506 del 20/01/2017; Sez. 5, Sentenza n. 15167 del 16/07/2020) che se da un lato l’Ufficio determina il reddito complessivo del contribuente medesimo – e a tal fine, esso può utilizzare qualsiasi elemento probatorio e può fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni cd. supersemplici cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui al citato D.P.R., art. 38, comma 3, a fronte dell’inversione dell’onere della prova si pone a carico del contribuente l’onus probandi quanto alla deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante dalla somma algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio;

– se quindi la procedura induttiva legittimamente è stata utilizzata nel presente caso, nondimeno resta fermo che nell’utilizzo della stessa l’Amministrazione doveva tener conto dei costi relativi all’esercizio dell’attività d’impresa; l’Amministrazione è tenuta in questi casi a ricostruire la situazione reddituale complessiva del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative del reddito, purché emergenti dagli accertamenti o dimostrate dal contribuente, su cui grava l’onere della prova dei costi deducibili dall’ammontare dei ricavi induttivamente determinati;

– quanto alla determinazione dell’iva dovuta, che peraltro non pare aggredita analiticamente ed espressamente dai motivi di ricorso qui formulati, questa Corte ha invece precisato (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 21828 del 07/09/2018) come ove l’Amministrazione finanziaria abbia proceduto ad accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, la base imponibile deve essere determinata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, con la conseguenza che non assumono alcuna incidenza i costi di produzione dei beni o servizi ceduti; – ne deriva che una volta preso atto della “documentazione esibita e depositata agli atti” (pag. 2 della sentenza gravata, riga n. 6) la CTR era tenuta a riconoscere i costi ivi documentati quanto all’imposizione reddituale, anche se non riguardo all’iva, oppure – in via alternativa – a negarne la rilevanza pronunciandosi espressamente sulle ragioni che ostavano al loro riconoscimento;

– diversamente essa si è qui limitata, dopo aver rilevato la produzione di tali elementi probatori, come sopra detto, a prescindere tout court dall’esame degli stessi per concludere – ovviamente, in forza dell’illegittima pretermissione – come i contribuenti non siano riusciti “a provare per confutare l’operato dell’agenzia che questa commissione ritiene esser stato legittimo e corretto”;

– conclusivamente, la CTR ha illegittimamente omesso l’esame di tali documenti il cui contenuto avrebbe potuto risultare decisivo nel determinare in misura diversa e minore se non l’iva dovuta dalla società, quantomeno le imposte reddituali;

– in accoglimento dei ricorsi le sentenze sono quindi cassate con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame, limitatamente alla determinazione del reddito della società MAGILO TRADE 2 s.a.s. di B.M. & c. e quindi ex art. 5 TUIR, dell’IRPEF dei soci, nel rispetto dei principi sopra illustrati.

PQM

accoglie i ricorsi nei limiti di cui in motivazione; cassa le sentenze impugnate quanto al profilo oggetto di accoglimento e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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