Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19396 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 30/09/2016), n.19396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20564/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del direttore pro

tempore, MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende per legge;

– ricorrenti –

contro

N.A., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 2118/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 11/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

I FATTI

Negli anni 1984 e 1985 l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e Finanze, intervennero in una esecuzione immobiliare già in corso dal 1983 nei confronti di C.M., dante causa degli attuali intimati, depositando alcuni avvisi di liquidazione e irrogazione di sanzioni per l’omesso pagamento di imposta di registro.

L’esecuzione si protraeva per numerosi anni. Nel 2009 l’Agenzia delle entrate intervenuta chiedeva si procedesse alla vendita, sulla base della ordinanza di vendita già emessa anni addietro dal g.e. dietro istanza presentata dal creditore procedente accompagnata dalla produzione della idonea documentazione, ex art. 567 c.p.c., i cui incanti, pur fissati dal g.e., non si erano mai tenuti.

Il g.e. rigettò l’istanza del creditore intervenuto affermando che i documenti prodotti dalla P.A., benchè idonei ad individuare il credito da questa vantato e a consentirle di partecipare alla distribuzione del ricavato, non costituissero titolo esecutivo e non la legittimassero pertanto a promuovere atti di impulso della procedura esecutiva.

Gli odierni ricorrenti proponevano opposizione agli atti esecutivi, evidenziando che la amministrazione finanziaria ” a cautela”, fin dal 2007 aveva provveduto ad iscrivere a ruolo tutti i carichi dell’odierna procedura. Chiedevano quindi che si desse luogo all’attività di vendita degli immobili pignorati o che, in subordine, si ritenesse l’esistenza del titolo esecutivo, consistente nella iscrizione a ruolo, effettuata nel 2007 e quindi in data anteriore alla presentazione dell’istanza di vendita da parte delle opponenti, e si adottassero i provvedimenti di cui all’art. 569 c.p.c., comma 3, (nomina dell’esperto, fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e dei creditori non intervenuti).

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’opposizione, affermando che:

– sia in base alla precedente che alla nuova disciplina dettata per l’art. 499 c.p.c., in caso del venir meno dei creditori titolati, il creditore che intervenga senza titolo non possa compiere atti d’impulso della procedura;

– il titolo si era formato nel 2007 ed era stato prodotto, solo in fotocopia e solo nel corso del giudizio di opposizione e mai prima, in particolare non ne era stata neppure prospettata l’esistenza al g.e. nel momento in cui gli si chiese di procedere alla vendita);

– la Amministrazione finanziaria doveva ritenersi priva di titolo esecutivo, anche a prescindere dagli aspetti formali perchè il ruolo, che è titolo esecutivo ove trasfuso nella cartella esattoriale al fine di consentire al concessionario di procedere all’esecuzione esattoriale, non costituisce titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., idoneo a consentire alla Amministrazione iscrivente di intervenire promuovendo atti di esecuzione nell’ordinaria esecuzione immobiliare.

L’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e Finanze propongono un motivo di ricorso nei confronti di N.A., + ALTRI OMESSI

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 474, 499 e 501 c.p.c., nella versione ratione temporis vigente, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 10 e 49, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I ricorrenti sottopongono alla Corte il seguente quesito di diritto: se, in un processo esecutivo iniziato ben prima della entrata in vigore della novella del 2005, il creditore intervenuto senza titolo esecutivo (poi formatosi in corso di causa) abbia il potere di promuovere atti di esecuzione e in particolare di chiedere che si proceda alla vendita del bene, se la vendita sia stata in passato già disposta con ordinanza su iniziativa del creditore procedente che abbia depositato idonea documentazione, e sia stato in precedenza effettuato un solo incanto.

Il motivo va rigettato, sebbene previa correzione della motivazione adottata dal Tribunale di Napoli.

Va peraltro corretto lo stesso quesito così come formulato dall’Avvocatura per renderne i presupposti in fatto conformi a quanto emerge dal processo.

Dalla sentenza impugnata emerge che: esisteva una procedura esecutiva immobiliare risalente al 1983, in cui l’Amministrazione era intervenuta nel 1984 e 1985 con atti che incontestatamente all’epoca erano solo idonei a comprovare l’esistenza del credito e non anche a costituire titolo esecutivo. Era stata a suo tempo richiesta la vendita da parte del creditore procedente, che aveva depositato la documentazione necessaria ma poi non aveva dato altro impulso alla procedura tanto che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, non risulta che gli incanti fossero mai stati neppure fissati.

A venticinque anni di distanza dall’inizio della procedura, l’Amministrazione, senza precisare che alcunchè sia mutato nella sua originaria condizione di creditore intervenuto privo di titolo, chiede che si proceda alla fissazione degli esperimenti di vendita, ed il g.e. rigetta l’istanza affermando che il creditore intervenuto privo di titolo esecutivo non può promuovere atti di impulso della procedura.

Solo in sede di opposizione agli atti esecutivi, l’Amministrazione riferisce di aver proceduto nel 2007, quindi prima di richiedere la fissazione degli incanti, ad iscrivere a ruolo cautelativamente il proprio credito verso l’esecutato.

Il tribunale non pone in discussione l’ammissibilità degli interventi non titolati, già affermata anche dal giudice dell’esecuzione.

Afferma però che il venir meno di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo comporta, oggi come prima delle modifiche normative, l’impossibilità di dare ulteriore impulso alla procedura esecutiva ad istanza dei creditori intervenuti senza titolo.

Rigetta inoltre il secondo motivo di opposizione, con il quale le amministrazioni opponenti hanno fatto valere che il titolo esecutivo esisteva comunque al momento della proposizione della loro istanza di vendita per effetto dell’avvenuta iscrizione a ruolo dei carichi tributari effettuata nel 2007, circostanza allegata solo nel corso del giudizio di opposizione e documentata con la produzione di una semplice fotocopia.

Il tribunale non prende posizione circa l’esistenza o meno di un obbligo del g.e. di assegnare d’ufficio un temine per l’esibizione di un titolo esecutivo nè sulla sufficienza della documentazione postuma dell’esistenza di esso, effettuata solo nel giudizio di opposizione e con una semplice fotocopia.

Ritiene infatti assorbente il profilo della inesistenza del preteso titolo esecutivo assumendo che il ruolo di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 10, sia semplicemente l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute, formato ai fini della riscossione a mezzo del concessionario. Ne trae la conclusione che il ruolo, portato a conoscenza del contribuente a mezzo della notifica della cartella esattoriale, possa svolgere funzione di titolo solo all’interno della esecuzione esattoriale stessa, e non sia idoneo a dare impulso all’ordinario processo esecutivo.

L’Amministrazione contesta la correttezza del richiamo, nella sentenza impugnata, alla procedura esecutiva del concessionario ovvero alla esecuzione esattoriale, che non è speciale sotto il profilo procedimentale altro che per il fatto che esiste un soggetto distinto che cura l’esazione delle somme dovute per conto dei soggetti titolari di crediti fiscali, e contesta l’affermazione secondo la quale il titolo esecutivo costituito dal ruolo non potrebbe essere utilizzato come tale dalla amministrazione all’interno di una ordinaria procedura espropriativa.

Sottolinea che nella fattispecie in esame non sussista la surrogazione del concessionario nella posizione del creditore procedente, che è una facoltà del concessionario che assume su di sè il compito di gestire l’esecuzione, ma l’Agenzia delle Entrate ha soltanto spiegato un intervento ordinario inizialmente privo di titolo in una procedura esecutiva ante riforma.

I rilievi dell’amministrazione sono fondati, e la motivazione va corretta sul punto utilizzando i poteri di cui all’art. 384 c.p.c., u.c..

Il ruolo esattoriale, infatti, costituisce titolo esecutivo, in armonia con quanto stabilito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 49, che lo indica quale strumento di legittimazione del concessionario per procedere all’esecuzione forzata ai fini della riscossione delle somme insolute (Cass. n. 13889 del 2008). Il concessionario, sulla base del ruolo, oltre a procedere ad espropriazione forzata può promuovere azioni cautelari e conservative, nonchè ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. Pertanto, se è vero che l’esecuzione esattoriale si svolge sulla base del ruolo, è altresì vero che il ruolo legittima il concessionario anche a promuovere una procedura esecutiva ordinaria, o ad intervenirvi.

Pur così corretta la motivazione, la soluzione adottata dalla decisione impugnata è peraltro corretta, e il ricorso va rigettato.

L’amministrazione ricorrente cita un precedente di questa Corte (Cass. n. 1398 del 1974) secondo il quale “La vendita dell’immobile pignorato deve essere richiesta dal creditore procedente o dai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo; per cui, in assenza di tale richiesta, il giudice dell’esecuzione non può disporre la vendita dell’immobile. Ma, una volta proposta l’istanza di vendita, ed una volta che il giudice dell’esecuzione, dopo aver sentito le parti, abbia disposto la vendita, stabilendone le modalità, le operazioni che questa comporta restano affidate all’iniziativa e alle cure dell’ufficio. Pertanto, il disporre il nuovo incanto, per il caso in cui il precedente sia andato deserto, rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione, il cui esercizio non è vincolato ad una istanza formale delle parti; e la richiesta del nuovo incanto, presentata da un creditore intervenuto non munito di titolo esecutivo, si atteggia come sollecitazione, rivolta al giudice dell’esecuzione, di portare a termine la vendita”.

Dal principio a suo tempo affermato, si deduce l’immanenza della istanza di vendita una volta presentata, nel senso, principalmente, che essa consente al giudice dell’esecuzione di condurre le operazioni di vendita pur nel disinteresse del procedente, e di consentire agli intervenuti benchè privi di titolo di proporre quelle che, a fronte del potere officioso del giudice dell’esecuzione, sono mere sollecitazioni.

Tuttavia la situazione sottesa al caso di specie è differente e quindi ad essa non si presta l’applicazione del principio di diritto evocato: la sentenza impugnata afferma, e l’affermazione non è oggetto di impugnazione, che il creditore procedente, da anni, non solo non si interessava dell’esecuzione ma era venuto meno, e che il creditore intervenuto non ha rappresentato al giudice dell’esecuzione il mutamento intervenuto nella sua personale situazione, conseguente alla intervenuta iscrizione a ruolo dei suoi crediti. Si versa cioè in una situazione in cui non vi era alcuna certezza della continuità del titolo esecutivo, nel senso indicato da Cass. S.U. a 61 del 2014 (secondo la quale “Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento. Ne consegue che, qualora, dopo l’intervento di un creditore munito di titolo, sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell’iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante”).

Non avendo il creditore intervenuto introdotto nel processo di esecuzione, quanto meno allegandolo, il mutamento della propria condizione in quella di creditore munito di titolo, e consentito in questo modo di verificare la permanente immanenza di un titolo nella procedura, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che essendo venuto a mancare il creditore procedente ha rigettato l’istanza dell’intervenuto volta alla fissazione degli incanti non è illegittimo.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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