Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19393 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 30/09/2016, (ud. 05/04/2016, dep. 30/09/2016), n.19393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23147/2014 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato GARDIN MARCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE GARGANO giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., P.A., P.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LICIO GIORGIERI 82, presso lo studio

dell’avvocato CARLO CIARMOLI, che li rappresenta e difende giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.G., SOCIETA’ IL DUOMO ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI

SPA, ALLIANZ SPA, VITTORIA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 712/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato RAFFAELE GARGANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 22 giugno 2004 la “TRE P DI P. & FIGLI s.r.l.”, premesso di aver acquistato dalla società costruttrice COGEMA, con scrittura privata autenticata dal notaio F.E. il (OMISSIS), due unità immobiliari site in (OMISSIS), gravate da ipoteca in favore del Credito Industriale e Fondiario; che la venditrice si era assunta l’obbligo di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca entro otto mesi dalla stipula; che aveva successivamente incaricato lo stesso notaio F. di verificare l’avvenuta cancellazione dell’ipoteca; che con dichiarazione del (OMISSIS) il professionista attestava la mancanza di formalità pregiudizievoli; che tale attestazione si era rivelata errata, avendo la società attrice appreso della persistente iscrizione ipotecaria su una delle due unità immobiliari acquistate e dell’avvio della procedura esecutiva; conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bari il notaio F. per sentirlo condannare alla cancellazione dell’ipoteca o al pagamento della somma pari a quella necessaria per l’estinzione del credito garantito.

Nel contraddittorio con il F. e le compagnie assicuratrici che garantivano il notaio per la responsabilità professionale, il Tribunale adito rigettava la domanda.

Interposto gravame dalla società soccombente, la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 27 giugno 2013, in riforma della decisione impugnata, accoglieva per quanto di ragione la domanda risarcitoria e condannava il notaio F. al pagamento della somma di Euro 199.543,50, oltre accessori, e, in accoglimento della domanda di manleva, dichiarava le compagnie assicuratrici obbligate a tenere indenne il F. degli effetti della pronuncia di condanna.

Riteneva la Corte che il professionista aveva eseguito in modo errato o inesatto l’incarico conferitogli dalla “TRE P DI P. & FIGLI s.r.l.” in due occasioni: una prima volta, nel (OMISSIS), allorchè rassicurò il legale rappresentante della società circa l’avvenuta cancellazione dell’ipoteca, affermando di aver egli stesso predisposto gli atti a tal fine necessari; una seconda volta, nel dicembre 1998, quando ebbe ad attestare formalmente la libertà degli immobili. Rilevava il giudice d’appello che sussisteva il nesso causale tra l’inadempimento del professionista e l’evento dannoso solo riguardo al primo mandato professionale, posto che la società acquirente avrebbe potuto evitare il pagamento facendo valere l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., con riferimento alle residue rate di prezzo, che scadevano nel (OMISSIS).

Contro la suddetta sentenza F.E. propone ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi ed illustrato da memoria.

Resistono con controricorso P.E., P.M. e P.A., nella qualità di soci della “TRE P DI P. & FIGLI s.r.l.”, società nelle more cancellata dal registro delle imprese.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In ordine logico, vanno esaminati per primi – e congiuntamente, in quanto connessi – il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, i quali involgono i profili processuali inerenti la questione – dedotta successivamente alla introduzione del giudizio – della responsabilità del notaio F. in riferimento all’episodio avvenuto nel (OMISSIS), allorquando il professionista rassicurò il legale rappresentante della “TRE P DI P. & FIGLI s.r.l.” in ordine all’avvenuta cancellazione dell’ipoteca, affermando di aver egli stesso predisposto gli atti a tal fine necessari.

Segnatamente, con il quarto motivo si lamenta la “pretesa ammissione di fatto non contestato, nonostante il fatto fosse genericamente e tardivamente dedotto ed estraneo all’originaria causa petendi”, in violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 115 c.p.c., prima delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 (art. 360 c.p.c., n. 3); con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, “violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e quindi dell’art. 112 c.p.c., dovendosi ritenere estranea alla causa petendi la circostanza – che si afferma non contestata – della inveritiera rassicurazione, fornita dal notaio F. nel marzo 1996, trattandosi di “mutatio libelli” non consentita dalla applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 5″; con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, in relazione all’art. 115 c.p.c., prima delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, laddove la Corte di Appello di Bari, con la sentenza n. 712/13, affermava la non contestazione, da parte del dr. F., avverso le allegazioni proposte dalla Tre P di P., probanti un presunto conferimento di incarico professionale in favore del deducente, dal quale discenderebbe la responsabilità dello stesso professionista”.

I motivi sono fondati.

Nella sentenza impugnata si legge: “Ad integrazione di quanto affermato nella citazione introduttiva della causa n. 7206/04, la società P., nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5 (nel testo modificato dalla novella di cui alla L. n. 353 del 1990) depositata il 14 luglio 2005, adduce ulteriori dettagli nella ricostruzione della vicenda che aveva dato origine alla presente controversia. In particolare, l’attrice (…) precisava che nel marzo 1996 si era rivolta al notaio F. al fine di verificare la situazione degli immobili acquistati e che detto professionista le aveva dato assicurazioni riguardo alla cancellazione dell’ipoteca gravante sugli immobili medesimi, affermando di avere egli stesso predisposto il carteggio e gli atti per l’estinzione dell’ipoteca”. Sulla base del principio di diritto dell’onere di contestazione specifica e tempestiva, affermato da Sezioni Unite n. 761/02 e confermato dalla successiva giurisprudenza, la Corte d’appello di Bari ha quindi ritenuto che “a fronte della specifica e chiara allegazione delle suesposte circostanze, e segnatamente di quella relativa alle errate informazioni fornite dal notaio F., nessuna contestazione quest’ultimo ebbe a sollevare specificamente e tempestivamente (…). Il convenuto (odierno appellato), infatti, nè nella memoria di replica ex art. 183 c.p.c., comma 5, depositata il 10 ottobre 2005, nè all’udienza dell’11 novembre 2005 o nelle successive memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c. (quando, peraltro, erano ormai maturate le preclusioni c.d. assertive), fece il benchè minimo riferimento alla circostanza allegata dalla società attrice al fine di contrastare l’assunto di quest’ultima, secondo cui il suo inadempimento si sarebbe concretizzato già in occasione dell’incarico professionale conferitogli nel (OMISSIS)”.

Ciò posto, osserva questa Corte come i principi affermati dal giudice d’appello debbano essere coniugati con l’univoco orientamento espresso dalla giurisprudenza nel vigore del regime delle preclusioni di cui al nuovo testo degli art. 183 e 184 c.p.c., introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, secondo cui la questione della novità della domanda risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti, e pertanto pienamente ed esclusivamente ricondotta al rilievo officioso del giudice, essendo l’intera trattazione improntata al perseguimento delle esigenze di concentrazione e speditezza che non tollerano – in quanto espressione di un interesse pubblico – l’ampliamento successivo del thema decidendi, anche se su di esso si venga a registrare il consenso del convenuto (ex multis, Cass. civ., sez. 2, 30-11-2011, n. 25598; Cass. civ., sez. 3, 27-07-2006, n. 17152).

Nella specie, con la memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c. (nel testo modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353) la società attrice ha allegato un diverso accadimento storico (le rassicurazioni fornite dal notaio F. nel (OMISSIS) riguardo alla avvenuta cancellazione dell’ipoteca) rispetto al fatto costitutivo prospettato con l’atto introduttivo del giudizio, inerente la dichiarazione del (OMISSIS) con la quale il professionista formalmente attestava la mancanza di formalità pregiudizievoli e di vincoli sull’immobile.

Significativamente, la stessa corte d’appello (p. 15 della sentenza) ha fatto espresso riferimento a due distinti incarichi professionali, ravvisando poi il nesso causale tra l’inadempimento del professionista e l’evento dannoso solo con riferimento all’episodio del (OMISSIS) ed escludendolo, invece, per quello del dicembre 1998, posto a fondamento della domanda iniziale.

Alla luce della giurisprudenza innanza richiamata, occorre dunque verificare, in sede di rinvio, se con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, la società attrice si sia limitata ad operare una mera emendatio libelli, modificando o precisando la domanda originariamente proposta, ovvero abbia realizzato una non consentita mutatio libelli, introducendo nel giudizio un tema di indagine nuovo, involgente l’inadempimento di un autonomo mandato professionale rispetto a quello prospettato nella domanda originaria.

Le considerazioni svolte non paiono scalfite dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 15-06-2015, n. 12310), secondo cui la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Le Sezioni Unite, invero, hanno precisato che la differenza tra domande “nuove” implicitamente vietate dall’art. 183 c.p.c. e domande “modificate” espressamente ammesse risiede nel fatto che queste ultime non possono essere considerate “nuove” nel senso di “ulteriori” o “aggiuntive”, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate ovvero di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività. Nella specie, come si è detto, con la memoria ex art. 183 c.p.c., la società attrice ha aggiunto alla domanda iniziale fondata sulla dichiarazione resa dal notaio nel (OMISSIS), altra domanda basata sulle condotta posta in essere dal professionista nel (OMISSIS).

2. Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso, inerenti il valore probatorio della segnalazione di sinistro effettuata dal professionista anche in riferimento alla condotta processuale assunta dal medesimo, l’incidenza causale dell’asserito comportamento negligente della società attrice, la dedotta violazione dell’onere della prova in relazione al pagamento delle rate di prezzo.

3. Conclusivamente, in accoglimento del quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivi accolti, con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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