Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19390 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/07/2019, (ud. 13/03/2019, dep. 18/07/2019), n.19390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28411-2016 proposto da:

A.G., D.S., domiciliati in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio del Dott. MARCO GARDIN,

rappresentati e difesi dall’avvocato RAFFAELE GARGANO;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., già FONDIARIA – SAI S.P.A. quale

incorporante di UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A. in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA SEBASTIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO DE PALMA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 252/2016 della CORTE D’APPELLO LECCE SEZ.DIST.

DI TARANTO, depositata il 01/08/2016 R.G.N. 515/2012;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza dell’1 agosto 2016, la Corte d’appello di Lecce, sez. dist. di Taranto rigettava l’appello proposto da A.G. e D.S. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato la legittimità del recesso loro intimato il 15 maggio 2006 dalla preponente UnipolSai s.p.a. per giusta causa (consistente nell’avere utilizzato, quali coagenti dell’agenzia di (OMISSIS), denaro appartenente alla stessa, per scopi personali e in via continuativa dal febbraio 2004 al dicembre 2005, occultando l’appropriazione come giacenza di cassa di somme in contanti in realtà inesistenti, per un importo giornaliero medio di Euro 30.000,00 con punte di Euro 50.000,00), condannato la società al pagamento, in favore del primo per indennità determinate dal C.t.u., della somma di Euro 33.470,91 oltre accessori di legge e rigettato analoga domanda di condanna del secondo e le domande risarcitoria di Euro 1.500.000,00 e di provvigioni sulle parti di premio imputate al SSN e al Fondo di Garanzia Vittime della Strada di entrambi;

2. avverso tale sentenza i due ex agenti ricorrevano per cassazione con otto motivi, cui resisteva la società con controricorso;

3. il P.G. comunicava le sue conclusioni scritte;

4. entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. i ricorrenti deducono omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per difetto assoluto di motivazione in ordine al legittimo utilizzo di giacenze di cassa esuberanti, rispetto alle rimesse decadali in riferimento alla natura di deposito di beni infungibili non individuati ai sensi dell’art. 1782 c.c. e ss. (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., per omissione di effettiva motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi soggettivi di giusta causa del recesso della preponente, con particolare riferimento all’utilizzo di giacenze di cassa esuberanti, rispetto alle rimesse decadali riguardo a deposito di beni infungibili non individuati ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di controversia tra le parti, quale la trasmissione quotidiana dei reports di cassa indicativi della giacenza (secondo motivo); omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di controversia tra le parti, quale la tardività del recesso attesa la conoscenza dalla preponente della giacenza di cassa (terzo motivo); omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di controversia tra le parti, quale il contenuto della dichiarazione resa dagli agenti su sollecitazione degli ispettori (quarto motivo); omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di controversia tra le parti, quale l’incompatibilità del recesso per giusta causa con la consentita prosecuzione di fatto dell’attività degli agenti (quinto motivo); violazione ed errata applicazione dell’art. 418 c.p.c., per la proposizione dalla società preponente resistente della questione di compensazione in forma di eccezione, trattandosi in realtà di una domanda riconvenzionale, inammissibile in mancanza dell’istanza di differimento dell’udienza (sesto motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2126 e 2041 c.c., per accoglimento neppure motivato della domanda riconvenzionale della società preponente di compensazione delle provvigioni maturate dagli agenti tra le date di intimazione del recesso e di riconsegna dell’agenzia, per lo svolgimento di fatto di un’attività lavorativa in favore della predetta e della quale comunque avvantaggiatasi (settimo motivo); nullità della sentenza, per il fondamento della decisione impugnata su un documento (dichiarazione degli agenti sollecitata dall’ispettore) ritenuto confessorio e su circostanza reputata ammessa ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di controversia tra le parti, quale la mancata considerazione dell’incidenza causale del comportamento dell’ispettore medesimo sulla libera determinazione dei ricorrenti (ottavo motivo);

2. il collegio ritiene che il primo motivo sia inammissibile;

2.1. non è configurabile il vizio motivo così come formulato alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940), nè a tal punto radicale da produrre la nullità della sentenza per violazione della norma denunciata come error in procedendo, non individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598); neppure sussistendo alcun contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendano incomprensibili le ragioni poste a base della decisione, integrante la nullità denunciata (Cass. 25 giugno 2018, n. 16611);

2.2. l’argomentazione della Corte territoriale è anzi congrua in ordine al fatto contestato di illegittima utilizzazione dei fondi affidati in amministrazione agli agenti, sulla base dell’accertamento ispettivo compiuto (al secondo capoverso di pg. 8 della sentenza), in riferimento alla loro doglianza in appello (agli ultimi due capoversi di pg. 5 della sentenza): risultando poi del tutto irrilevante, e pertanto assorbita, la questione della natura giuridica del deposito, illecitamente costituito ed utilizzato;

3. anche il secondo motivo è infondato;

3.1. la Corte territoriale ha accertato, con argomentazione congrua, la giusta causa di recesso anche in riferimento all’elemento soggettivo, per il conciso ma inequivocabile rilievo del comprovato, in esito a indagine ispettiva interna, utilizzo improprio dei fondi nella disponibilità degli agenti “celato con lo stratagemma di giacenza di cassa di agenzia di somme in contanti, ma in realtà inesistenti” (così al secondo capoverso di pg. 8 della sentenza);

3.1. il fatto storico, del quale i ricorrenti hanno lamentato l’omesso esame, non risulta poi allegato secondo il paradigma deduttivo previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo cui il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439) e in ogni caso non decisivo;

4. i motivi dal terzo al quinto, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

4.1. innanzi tutto, non sussiste alcun fatto storico, di cui sia stato omesso l’esame, trattandosi piuttosto di valutazioni giuridiche non condivise (per il terzo e quinto motivo), in ogni caso non decisivo (per il quarto motivo, nel quale neppure è stato trascritto il documento tanto genericamente indicato, in violazione sotto questo profilo del principio di specificità, come anche in riferimento all’ottavo motivo): addirittura la circostanza essendo stata considerata (per la sua esposizione al primo capoverso di pg. 6 della sentenza) dalla Corte territoriale irrilevante, in base all’accertamento operato (al secondo capoverso di pg. 8 della sentenza): pertanto al di fuori della previsione correttamente devolutiva del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

4.2. la formulazione dei motivi è assolutamente generica, in violazione del principio di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959);

5. il sesto motivo è infondato;

5.1. deve, infatti, essere esclusa la natura di eccezione in senso proprio, nè tanto meno di domanda riconvenzionale, della questione di compensazione tra le reciproche partite di dare e avere tra le parti, in quanto priva di una tale natura in senso tecnico (che presuppone una reciproca titolarità di debiti e crediti tra parti di rapporti tra loro autonomi), ma soltanto contabile;

5.2. sicchè, l’unicità del rapporto negoziale consente al giudice di procedere ad una valutazione delle reciproche ragioni di credito ed al consequenziale accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare-avere derivanti dal rapporto, salvi solamente i limiti di carattere sostanziale e processuale stabiliti dall’ordinamento per l’operatività della compensazione quale regolata, in senso tecnico-giuridico, negli artt. 1241 c.c. e ss. (Cass. 6 luglio 2009, n. 15796; Cass. 20 agosto 2015, n. 16994): come ha ben chiarito la Corte territoriale (agli ultimi due capoversi di pg. 9 della sentenza) e pertanto senza necessità di un’apposita domanda riconvenzionale nè di un’eccezione di compensazione, che postulano invece l’autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono (Cass. 13 agosto 2015, n. 16800);

6. il settimo motivo è infondato;

6.1. occorre qui ribadire l’inesistenza di una domanda riconvenzionale della preponente, con irrilevanza della questione della natura giuridica della prestazione di attività resa dagli agenti (oggetto delle norme denunciate di violazione), avendo la Corte territoriale riconosciuto ad essi le spettanze maturate nel periodo tra l’intimazione del recesso e la riconsegna dell’agenzia, in base alla C.t.u. esperita ed in conseguenza della compensazione contabile compiuta (come da penultimo capoverso di pg. 9, in riferimento al terzo capoverso di pg. 4 della sentenza);

7. l’ottavo motivo è inammissibile;

7.1. esso è generico sotto il profilo di nullità della sentenza, neppure individuando la disposizione censurata come vizio di attività, in difetto di una specifica indicazione nè tanto meno di trascrizione del documento in questione (dichiarazione degli agenti sollecitata dall’ispettore), vagamente richiamato, con evidente violazione sotto questo profilo del principio di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 7 giugno 2017, n. 14107);

7.2. nè infine si configura alcun fatto storico di cui sia stato omesso l’esame, quanto piuttosto una contestazione di un apprezzamento valutativo in fatto;

8. il ricorso deve essere pertanto rigettato, con regolazione delle spese di giudizio, secondo il regime di soccombenza;

9. ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna gli ex agenti alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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