Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19388 del 03/08/2017
Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 28/06/2017, dep.03/08/2017), n. 19388
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17156/2015 proposto da:
D.N., elettivamente domiciliato in ROMA, V. TREBBIA 3,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA CASSESE, rappresentato e
difeso dall’avvocato FRANCO GALFANO giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI
27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO ALBERTO BAGALA’
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso il provvedimento n. 1633/2015 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 15/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/06/2017 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MISTRI Corrado, che ha concluso per l’estinzione del ricorso.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– C.C. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano D.N. affermando di aver conferito a quest’ultimo un mandato a vendere oggetti di antiquariato di proprietà dell’attrice e che il mandatario non aveva rimesso alla mandante il prezzo di vendita dei beni nè li aveva restituiti;
– con sentenza n. 3248 del 19 marzo 2012 il Tribunale accoglieva la domanda della C. e condannava il D. a corrisponderle la somma di Euro 102.102,61, oltre a interessi legali e spese;
– investita della impugnazione del D., la Corte d’appello di Milano – ricostruiti i rapporti tra le parti in relazione alle opere consegnate e vendute e alle somme rimesse alla mandante riformava parzialmente la decisione di primo grado, condannando il D. al pagamento dell’importo complessivo di Euro 73.299,90, oltre a interessi legali, nonchè alla rifusione delle spese del grado;
– D.N. impugnava la sentenza della Corte milanese n. 1633 del 15 aprile 2015 proponendo ricorso per cassazione, notificato il 19/6/2015 e affidato ad un unico articolato motivo;
– C.C. si costituiva ritualmente con controricorso;
– in data 27 giugno 2017 il D. depositava rinuncia al ricorso per cassazione, con atto sottoscritto dalla parte stessa e dal suo avvocato e notificato alla controparte presso il suo difensore, nonchè copia della transazione stipulata con la C..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. secondo l’orientamento di questa Corte “ove la parte che ha proposto ricorso per cassazione vi rinunci, alla manifestazione di tale volontà abdicativa segue la declaratoria di estinzione anche qualora sussista una causa di inammissibilità dell’impugnazione” (Cass., Sez. U., Ordinanza n. 3129 del 17/02/2005; Cass., Sez. U., Ordinanza n. 19514 del 16/07/2008; Cass., Sez. U., Ordinanza n. 27538 del 20/11/2008; da ultimo, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 1083 del 25/01/2012, Rv. 621358-01);
2. la predetta regola deve applicarsi anche nel caso in cui emergano ragioni di improcedibilità dell’atto introduttivo, sia perchè l’ammissibilità del ricorso assume rilievo solo in esito alla positiva verifica della sua procedibilità (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20883 del 15/10/2015, Rv. 637451-01), sia – e soprattutto – perchè la rinuncia comporta il medesimo “risparmio di attività” (così Cass., Sez. U., Ordinanza n. 19514 del 16/07/2008) per il Collegio, in ogni caso esonerato dall’esame del ricorso;
3. pertanto, per effetto della rinuncia, ritualmente presentata a norma dell’art. 390 c.p.c., deve dichiararsi l’estinzione del processo, senza procedere alla disamina delle condizioni di (im)procedibilità o di (in)ammissibilità del ricorso;
4. ai sensi dell’art. 391 c.p.c., il provvedimento “che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese” e il fatto che il rinunciante possa (e non più debba) essere condannato alle spese avalla l’ipotesi che, con la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, “si sia voluto dar luogo ad una sorta di incentivazione alla rinuncia” (Cass., Sez. U., Ordinanza n. 19514 del 16/07/2008);
5. nella fattispecie, conformemente all’accordo transattivo delle parti sulla compensazione integrale delle spese dei giudizi tra le stesse pendenti, si dispone che le spese del giudizio di cassazione sono compensate;
6. in materia di impugnazioni, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19560 del 30/09/2015, Rv. 636979-01).
PQM
La Corte:
dichiara il processo estinto per rinuncia;
compensa le spese del giudizio di cassazione;
dichiara, ai fini del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017