Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19387 del 08/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 08/07/2021), n.19387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28364/2014 R.G. proposto da:

Promivit s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via G.B. Vico n. 22, presso lo

studio dell’avv. Benedetto Santacroce, che la rappresenta e difende

unitamente all’avv. Salvatore Mileto giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 2177/02/14, depositata il 7 aprile 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio

2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 2177/02/14 del 07/04/2014 la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) ha accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate limitatamente all’imposta IVA, così confermando in parte qua l’avviso di accertamento impugnato da Promivit s.r.l. davanti alla Commissione tributaria provinciale di Viterbo (di seguito CTP), che, con sentenza n. 226/01/11, aveva accolto il ricorso della società contribuente;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, con l’avviso di accertamento, emesso a fini IRES, IRAP e IVA con riferimento all’anno d’imposta 2006, veniva contestata a Promivit l’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti in relazione all’acquisto di un’area edificabile in Viterbo; acquisto compiuto da potere un soggetto interposto, La Cinque s.r.l., compartecipe, unitamente ad Immobiliare Enne s.r.l. e ai reali venditori (sig.ri R.G. e P.N.), di una frode IVA della cui esistenza Promivit era ritenuta pienamente consapevole;

1.2. in ragione della soggettiva inesistenza delle fatture di acquisto del terreno, l’Amministrazione finanziaria disconosceva la deduzione dei costi a fini IRES e IRAP, nonché la detrazione dell’IVA;

1.3. la CTR confermava la sentenza di primo grado con riferimento alla deducibilità dei costi e, per quanto ancora interessa in questa sede, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate, dichiarando indetraibile l’IVA relativa alle fatture soggettivamente inesistenti emesse da La Cinque s.r.l. e utilizzate dalla società contribuente;

2. avverso la sentenza della CTR Promivit proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso Promivit contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e art. 36 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., avendo la CTR omesso l’esposizione in fatto delle motivazioni e delle conclusioni cui è giunta la CTP, delle richieste avanzate dalle parti e dello svolgimento del processo di secondo grado;

2. il motivo è infondato;

2.1. la sentenza impugnata ha ampiamente descritto i fatti di cui è causa e le differenti prospettazioni e argomentazioni delle parti e a pag. 3 (punto 4), riassume esaurientemente anche le ragioni che hanno condotto la CTP ad accogliere la domanda del contribuente;

2.2. l’esposizione contenuta nella sentenza di appello e’, dunque, del tutto idonea a dare contezza dei fatti rilevanti e del thema decidendum, né la società contribuente ha specificato quale pregiudizio avrebbe concretamente subito dall’omissione di uno specifico fatto o di una determinata circostanza;

3. con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR omesso di pronunciarsi sulla specifica eccezione, proposta nelle controdeduzioni in appello (ma già sollevata in primo grado) relativa al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento;

3.1. nella prospettazione di Promivit, l’avviso di accertamento non indicherebbe le circostanze in base alle quali la società contribuente avrebbe dovuto essere a conoscenza del disegno fraudolento volto alla mancata corresponsione dell’IVA e posto in essere dal venditore dell’immobile;

4. il motivo è infondato;

4.1. deve, infatti, ritenersi che la CTR, avendo specificamente fatto riferimento all’avviso di accertamento, con indicazione delle ragioni per le quali l’Amministrazione finanziaria ritiene sussistente la frode e la conoscenza della stessa da parte di Promivit, anche sulla base di accertamenti bancari, e avendo essa stessa ritenuto la consapevolezza della frode da parte di Promivit, abbia implicitamente disatteso il rilievo della società contribuente;

4.2. non può, dunque, ritenersi la sussistenza di alcuna omissione da parte della CTR, in quanto quest’ultima, entrando nel merito della questione, ha evidentemente ritenuto la legittimità dell’accertamento;

5. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o la falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che nell’avviso di accertamento non sarebbero stati indicati gli elementi in relazione ai quali presumere la consapevolezza di Promivit in ordine alla frode posta in essere da R.G., quale procuratore speciale di Immobiliare Enne, e P.N., madre del R. e amministratore unico della medesima società, oltre che della venditrice La Cinque s.r.l.;

6. con il quarto motivo di ricorso Promivit deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., evidenziando che, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, in materia di operazioni soggettivamente inesistenti l’onere di provare la conoscenza della frode graverebbe sull’Amministrazione finanziaria e non già sul contribuente;

7. i due motivi possono essere unitariamente esaminati in quanto affrontano la medesima problematica, l’uno sotto il profilo del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, l’altro sotto il profilo della ripartizione dell’onere della prova;

7.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf. Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018);

7.2. nel caso di specie, non è dubbio che la CTR abbia errato nel ritenere che gravi sulla società contribuente l’onere di fornire la prova della propria buona fede, tuttavia il giudice di appello ha minuziosamente ricostruito i fatti e, al di là del semplice elemento indiziario costituito dalla fittizietà di La Cinque s.r.l. (non oggetto di contestazione nemmeno da parte di Promivit), ha puntualmente indicato gli elementi indiziari, indicati anche nell’avviso di accertamento, che avrebbero dovuto mettere sull’avviso la società contribuente – operatore del settore immobiliare e, dunque, soggetto qualificato – in ordine al disegno fraudolento posto in essere dai sig.ri P. e R.;

7.3. tali elementi sono stati così indicati: a) la anomalia (non giustificabile altrimenti se non con l’intento frodatorio del fisco) costituita dalla successione di una serie di atti, compiuti in breve tempo, attraverso i quali i sig.ri P. e R. hanno acquistato, attraverso un prestanome (l’avv. Delfini) e da una procedura esecutiva a loro carico, l’immobile poi venduto a Promivit, tramite l’interposizione prima di Immobiliare Enne s.r.l. e quindi di La Cinque s.r.l., società tutte riconducibili agli stessi soggetti; b) la pacifica accettazione, da parte di Promivit, della sostituzione del soggetto venditore (La Cinque s.r.l. e non più Immobiliare Enne s.r.l.), con l’assunzione di tutti i potenziali rischi conseguenti ai pagamenti già effettuati e all’eventuale inadempimento; c) la verosimile conoscenza che Promivit abbia avuto dell’interposizione fittizia di La Cinque s.r.l. in epoca ben precedente alla stipula del rogito e la conseguente diligenza che quest’ultima avrebbe dovuto porre in essere nell’accertarsi del soggetto con il quale ha poi concluso un’operazione di rilevante entità; d) i movimenti di denaro intercorsi tra tutti i soggetti coinvolti, che rendono giustificabile l’ipotesi per la quale una parte dei pagamenti costituisca, in realtà, una “partita di giro” (da Immobiliare Enne a Promivit, da Promivit a La Cinque e da La Cinque nuovamente ad Immobiliare Enne), sicché Promivit, in realtà, avrebbe utilizzato solo in parte risorse proprie per regolare i pagamenti;

7.4. si tratta di elementi indiziari, che la CTR riconduce alla ricostruzione dell’Agenzia delle entrate e che, unitariamente considerati, ben giustificano la presunzione di conoscenza o conoscibilità della frode in capo a Promivit, indipendentemente dalla semplice natura di società fittizia di La Cinque s.r.l.;

7.5. ne consegue che, da un lato, l’avviso di accertamento è sufficientemente motivato e ha consentito a Promivit di esplicare ampiamente le proprie difese in giudizio e, dall’altro, la CTR, a dispetto della semplice enunciazione di un principio di diritto non corretto (e rimasto di fatto inapplicato), non ha affatto invertito l’onere della prova, come denunciato dalla ricorrente, ma ha correttamente rispettato i principi da ultimo elaborati dalla S.C. in ordine all’onere della prova della conoscenza o conoscibilità della frode;

7.6. i due motivi vanno, pertanto, rigettati;

8. con il quinto motivo di ricorso la società contribuente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1478 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’indicare che gli atti di trasferimento sarebbero avvenuti in dispregio delle norme civilistiche;

9. il motivo è inammissibile;

9.1. la ricorrente sostiene che la CTR avrebbe erroneamente sottolineato che “gli atti formali che si sono succeduti nell’arco di pochi giorni sono tutti effettuati in dispregio di norme civilistiche in quanto sono compiuti da soggetti non aventi la qualità, da società che promettevano di vendere ciò di cui non erano proprietarie (vedi preliminare del 22/10/2005) o che vendevano immobili da costruire sul terreno allo stesso proprietario dell’area”;

9.1.1. tale affermazione sarebbe stata assunta in violazione dell’art. 1478 c.c., in quanto il nostro ordinamento prevede e regolamenta la vendita di cosa altrui;

9.2. in realtà, la CTR, pur essendo ancora una volta incorsa in un’affermazione non corretta in diritto, ha inteso unicamente sottolineare che la serie di atti di vendita succedutisi è del tutto anomala ai fini del raggiungimento dello scopo delle parti (acquisto di un terreno con parziale permuta) e tale anomalia costituisce un elemento indiziario della conoscenza della frode da parte di Promivit;

9.3. se l’affermazione della CTR è intesa in questo senso (e questa Corte così ritiene debba essere intesa), la censura si rivela inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi;

9.4. si noti che la censura non è comunque decisiva, perché riguarda uno solo dei numerosi elementi indiziari dai quali la CTR trae il convincimento della conoscenza o conoscibilità dello stato di insolvenza in capo a Promivit;

10. in conclusione, il ricorso va rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore di lite dichiarato di circa Euro 1.500.000,00;

10.1. poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 13.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

 

 

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