Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19386 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 23/06/2017, dep.03/08/2017),  n. 19386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26953-2015 proposto da:

M.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

CRISPI 36, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO BIANCHI, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.E., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato UGO CARDOSI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5141/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. SOLDI ANNA MARIA, che ha

concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

M.B. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Latina – sezione distaccata di Terracina C.E. chiedendo il risarcimento del danno. Espose l’attore di essere stato citato a giudizio innanzi al Giudice di Pace sulla base di ricorso immediato del C. per il reato di cui agli artt. 581 e 612 c.p. e di essere stato assolto e che aveva subito un danno per l’accusa risultata infondata, anche nella qualità di sovrintendente della polizia di Stato in pensione. Il Tribunale adito accolse la domanda condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 1.500,00. Avverso detta sentenza proposero appello principale il M. ed incidentale il C.. Con sentenza di data 16 settembre 2015 la Corte d’appello di Roma accolse l’appello incidentale e rigettò quello principale, rigettando l’originaria domanda del M..

Osservò la corte territoriale, circa il motivo di appello principale avente ad oggetto le spese per la difesa nel giudizio penale, che la valutazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c. non esonerava la parte dall’onere di provare la sussistenza del danno lamentato, come riconosciuto dal primo giudice. Il secondo motivo di appello, relativo alla mancata liquidazione del danno esistenziale e del (come pareva) danno biologico, difettava di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c.ed in particolare, osservò il giudice di appello, non risultavano indicati i documenti e le deposizioni testimoniali che avrebbe fondato la pretesa. Anche il terzo motivo di appello, concernente l’insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale, era inammissibile per difetto di specificità, essendosi l’appellante limitato ad una generica doglianza di ingiustizia. Aggiunse la corte territoriale, quanto all’appello incidentale, che il presupposto in base al quale il giudice di primo grado aveva ritenuto fondata la domanda, e cioè il proscioglimento in giudizio dell’imputato, era errato perchè all’infondatezza della querela, in particolare per difetto di prova, non poteva automaticamente conseguire alcuna responsabilità per danni a carico del denunciante, in particolare per il delitto di calunnia, che presupponeva la consapevolezza dell’innocenza del soggetto accusato.

Ha proposto ricorso per cassazione M.B. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.c., comma 2. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 185 c.p., artt. 2043 e 2059 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente, contradditoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che il primo giudice aveva affermato che il C. era ricorso ai “pubblici poteri in maniera distorta, incolpando taluno che sapeva essere innocente” e che nella specie la controparte aveva fatto ricorso diretto al Giudice di Pace con finalità chiaramente strumentali e ritorsive e con la consapevolezza dell’innocenza del denunciato.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1226,2697,2043,2056 e 2059 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente, contradditoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che il giudice di primo grado, pur avendo ritenuto ricorrente l’an, aveva omesso di statuire in ordine al danno patrimoniale, corrispondente ai costi sostenuti per la difesa nei giudizi penali.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 185 c.p., artt. 2043,2056 e 2059 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente, a proposito del secondo motivo di appello, che diversamente da quanto affermato in termini di aspecificità, le deduzioni concernevano esclusivamente l’omessa statuizione del danno non patrimoniale complessivamente inteso.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 185 c.p., artt. 1226,2043 e 2059 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che illogico e contraddittorio era l’importo liquidato per danno non patrimoniale e che era mancata l’applicazione del principio di personalizzazione del danno.

Il primo motivo è inammissibile. Il giudice di appello, coerentemente peraltro alla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo Cass. 10 giugno 2016, n. 11898), ha condizionato l’esistenza della responsabilità per i danni alla presenza di una denuncia di carattere calunnioso e ha disatteso per tale motivo la domanda, evidentemente non ritenendo provato il presupposto della consapevolezza dell’innocenza del denunciato. A tale valutazione il ricorrente oppone un apprezzamento delle circostanza di fatto di segno contrario, deducendo che la detta consapevolezza fosse ricorrente. In tal modo si mira ad una censura del giudizio di fatto, il quale può essere sindacato nella presente sede di legittimità solo nei limiti del vizio motivazionale. Il ricorrente ha invero richiamato in rubrica il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ma, a parte il riferimento alla disposizione non più vigente, non ha comunque indicato il fatto storico controverso e decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, secondo il paradigma della disposizione vigente.

L’inammissibilità del primo motivo, relativo al profilo dell’an della responsabilità, determina l’assorbimento degli ulteriori motivi, relativi al quantum.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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