Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19381 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19381 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DELLI PRISCOLI LORENZO

ORDINANZA

sul ricorso 11486-2011 proposto da:
CDS AUDIT SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
PADOVA 82, presso lo studio dell’avvocato BRUNO
AGUGLIA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCESCO DONOLATO;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
2018
1680

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente non chè contro

MINISTERO ECONOMIA

E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE

Data pubblicazione: 20/07/2018

DIREZIONE REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA;

intimati

avverso la sentenza n. 29/2010 della COMM.TRIB.REG. di
TRIESTE, depositata il 16/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 16/05/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

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FATTI DI CAUSA
Rilevato che CDS Audit s.r.I., in qualità di soggetto abilitato alla trasmissione
telematica delle dichiarazioni fiscali, ricorreva avverso l’ordinanza-ingiunzione
del 17 giugno 2006 della Direzione Generale delle Entrate con la quale veniva
irrogata la sanzione amministrativa nella misura di euro 2.580 per tardiva
trasmissione telematica di 5 dichiarazioni modello 770S/2003 per l’anno
d’imposta 2002 in violazione dell’art. 7 ter del d.P.R. n. 322 del 1998 in

rilasciata al contribuente;
che della società ricorrente si avvaleva, per l’inoltro telematico dei dati
contabili, l’operatrice Olga Milani, consulente libera professionista che
esercitava in forma autonoma l’attività di servizi di elaborazione di dati
contabili;
che la consegna delle dichiarazioni venne effettuata in ritardo per la
presenza di errori contenuti nel supporto magnetico bloccando l’invio
telematico delle dichiarazioni e per una malattia della Milani che le aveva
impedito di correggere prontamente gli errori bloccanti;
che avverso tale ordinanza la CDS Audit ricorreva avanti la Commissione
Tributaria Provinciale di Trieste, la quale accoglieva il ricorso, osservando che
l’operato della società era immune da colpe per le difficoltà incontrate (“errori
bloccanti”, malattia della Milani);
che l’Agenzia delle entrate appellava tale sentenza avanti la Commissione
Tributaria Regionale del Friuli Venezia-Giulia, la quale accoglieva il ricorso “in

quanto come risulta dalle dichiarazioni presentate dall’intermediario vi era
l’impegno a trasmettere le dichiarazioni medesime in via telematica in base
ad una determinata data di consegna, data che lo stesso appellato riconosce
che non è stata modificata con una nuova dichiarazione.
A nulla rileva che la mancata tempestiva trasmissione sia dipesa da una non
corretta esposizione dei dati da parte dell’operatrice in quanto tale questione

Ric. n. rg. 11486 del 2011 – Camera di consiglio del 16 maggio 2018

quanto inviate oltre il prescritto termine di un mese dalla data della ricevuta

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attiene ai rapporti interni tra le parti e non riguarda la violazione degli
obblighi di legge”;
che la CDS Audit s.r.l. proponeva ricorso affidato a tre motivi e che l’Agenzia
delle entrate resisteva con controricorso; in prossimità dell’udienza la
ricorrente depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360

omessa/carente/insufficiente motivazione in ordine a fatti controversi e
decisivi per la controversia in quanto l’intero impianto difensivo è imperniato
sulla impossibilità per la stessa e dunque sulla corrispondente assenza di
responsabilità al riguardo in ragione sia degli “errori bloccanti” sia delle
condizioni di salute della Milani;
che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc.
civ., comma 1, n. 3, la società ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 3, 5 e 6, commi 5 e 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 in
quanto tali norme, benché non espressamente dedotte in grado di appello,
individuano il principio di colpevolezza in materia tributaria, mentre nella
specie la società ricorrente non avrebbe colpa in quanto avrebbe commesso il
fatto per forza maggiore;
che con il terzo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod.
proc. civ., comma 1, n. 3, la società ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 6, comma 5 bis, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 10 della
legge n. 212 del 2000, in quanto si tratterebbe di una violazione formale che
non avrebbe inciso sul versamento del tributo;
ritenuto che i motivi, che in quanto strettamente connessi possono
essere trattati congiuntamente, sono infondati;
considerato infatti che in materia, la Corte ha affermato i seguenti
principi:

Ric. n. rg. 11486 del 2011 – Camera di consiglio del 16 maggio 2018

cod. proc. civ., comma 1, n. 5, la società ricorrente denuncia

in tema di sanzioni per le violazioni di disposizioni tributarie,

la prova

dell’assenza di colpa grava, secondo le regole generali dell’illecito
amministrativo, sul contribuente,

il quale, dunque, risponde per l’omessa

presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista
incaricato della relativa trasmissione telematica ove non dimostri di aver
vigilato su quest’ultimo (Cass. 17 marzo 2017, n. 6930; Cass. 9 giugno 2016,
n. 11832; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25580);

l’elemento soggettivo della violazione, della semplice colpa ex art. 3 legge
689 del 1981, comporta che, al fine di escludere la responsabilità dell’autore
dell’infrazione, non basta uno stato di ignoranza circa la sussistenza dei
relativi presupposti, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non
superabile dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. 15 gennaio
2018, n. 720; Cass. 16 giugno 2017, n. 15015);
in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la dichiarazione inviata
in via telematica si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa, e si
ritiene ricevuta, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, dal momento
della comunicazione di ricevimento da parte dell’Amministrazione finanziaria,
atto che assolve alla finalità di fornire prova dell’avvenuta, tempestiva,
consegna da parte del contribuente e del regolare adempimento degli obblighi
di presentazione. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui si siano
verificati i cosiddetti “errori bloccanti” della trasmissione telematica, che sono
segnalati nel sistema telematico consultabile dal contribuente, il quale, messo
in condizione di avvedersi in tempo utile dell’avvenuto “scarto” della propria
dichiarazione, può porvi tempestivo rimedio (Cass. 21 giugno 2017, n. 15439;
Cass. 16 gennaio 2015, n. 675);
in tema di benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa”, la causa
di forza maggiore idonea ad impedire la decadenza dell’acquirente che non
abbia trasferito la propria residenza nel comune ove é situato l’immobile entro
diciotto mesi dall’acquisto, deve essere sopravvenuta, imprevedibile e non

Ric. n. rg. 11486 del 2011 – Camera di consiglio del 16 maggio 2018

in tema di illeciti amministrativi, la sufficienza, al fine d’integrare

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addebitabile al contribuente (in applicazione di tale principio,

la S.C. ha

cassato la sentenza con, la quale il giudice di merito aveva ritenuto che
integrassero la forza maggiore, ostativa al trasferimento della residenza nel
termine di legge, le gravi condizioni di salute del contribuente,

in quanto

circostanze prive dei caratteri della imprevedibilità (Cass. 17 luglio 2017, n.
17225);
in materia d’IVA, la condotta di cui all’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 471

eccedente il dovuto, integra una violazione di pericolo, che non è
meramente formale e non ricade, pertanto, nell’ambito applicativo dell’art.
10, comma 3, della I. n. 212 del 2000,

senza necessità dell’effettiva

percezione della somma, per cui non è sufficiente, al fine di escludere la
punibilità, una volta formulata la richiesta di rimborso nella dichiarazione
trimestrale, la rettifica nella successiva dichiarazione annuale, specialmente
ove il ravvedimento del ‘contribuente sia stato originato da una richiesta di
chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria (Cass. 5 agosto 2016, n. 16422;
Cass. 10 febbraio 2016, n. 2505);
che dai suddetti principi può a sua volta enuclearsi il seguente principio di
diritto, applicabile al caso di specie:

«In tema di sanzioni amministrative

comminate – per tardiva trasmissione telematica delle dichiarazioni dei
contribuenti – ad un soggetto che svolga professionalmente tale compito,
grava su quest’ultimo, per poter andare esente da responsabilità, l’onere della
prova di aver esercitato una adeguata diligenza la quale, ai sensi dell’art.
1176, comma 2, cod. civ., deve essere caratterizzata dalla perizia, che implica
che egli non possa addurre quali scusanti né la presenza di disguidi tecnici
(“nella specie i cd. errori bloccanti”), in quanto rientranti fisiologicamente
nella sfera di quegli inconvenienti che possono essere efficacemente superati
per mezzo delle conoscenze tecniche attinenti a tale professione, nè la
malattia, l’infortunio o comunque l’indisposizione di un dipendente o di un
qualsiasi collaboratore, in quanto circostanze ampiamente prevedibili che

Ric. n. rg. 11486 del 2011 – Camera di consiglio del 16 maggio 2018

or

del 1997, consistente nella richiesta di rimborso d’imposta non dovuta o

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possono essere efficacemente prevenute con l’anticipata individuazione di un
eventuale sostituto: le conseguenti sanzioni amministrative non possono
essere considerate risposta a delle violazioni meramente formali (e quindi in
contrasto con l’art. 10 dello Statuto dei contribuenti) perché il rispetto dei
termini per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle dichiarazioni dei
contribuenti risponde all’esigenza, costituzionalmente rilevante, di permettere
un efficace e reale controllo su di esse, in conformità al principio di buon

del principio dell’equilibrio del bilancio che di quello, a tutela dello stesso
contribuente, della capacità contributiva, ossia a che non siano fatti errori
circa il quantum delle imposte dovute»;
ritenuto che pertanto il ricorso va respinto e che le spese seguono la
soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, che liquida in euro 1.400, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio del 16 maggio 2018.

andamento e di imparzialità dell’amministrazione e funzionale sia al rispetto

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