Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19377 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 20/06/2017, dep.03/08/2017),  n. 19377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26688/2014 proposto da:

G.D.S.B.E., considerata domiciliata ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato FRANCESCO MUZZOPAPPA, giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

REGINA MARGHERITA 93, presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO MARIA

BAGNARDI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1674/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, che ha

concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.D.S.B.E. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1674 del 9/5/2014 con la quale, in parziale riforma della sentenza di prime cure che, pur riconoscendo la responsabilità del notaio, aveva escluso il danno per mancata prova del medesimo, ha confermato l’inadempimento del Dott. R.F.S. per non aver svolto le verifiche catastali necessarie ed ha accolto parzialmente la domanda di danni.

In particolare, quanto all’obbligo di esecuzione delle verifiche catastali, nell’ambito della compravendita stipulata dalla stessa ricorrente, quale acquirente di un immobile in (OMISSIS), con la sig.ra B.L. in data 19/3/2002, il Giudice d’Appello ha accertato che il notaio le avesse eseguite per un periodo di soli vent’anni, senza risalire all’atto originario di acquisto, ed avesse così violato i suoi obblighi di diligenza nell’attenersi alle dichiarazioni della venditrice circa la libertà del terrazzo da oneri e pesi, senza risalire all’atto originario dal quale si sarebbe dedotto che il terrazzo era di proprietà di un terzo, ma gravato di un diritto di uso e solo in tali termini trasferito all’acquirente.

Il Giudice d’Appello ha considerato che la trascrizione pregiudizievole fosse risalente al 1960, facendo capo ad un atto dispositivo del padre della venditrice, originario proprietario dell’intero complesso immobiliare, che si era riservato per sè e per i suoi aventi causa il diritto d’uso e di godimento del piano di copertura (terrazzo) del fabbricato; che l’atto di donazione dal padre alla figlia era stato stipulato dallo stesso notaio R.; che il terrazzo era stato accertato quale di proprietà di un terzo, in forza di una sentenza del Tribunale di Milano n. 7710/2006; che certamente rientrava nella responsabilità del notaio l’effettuazione delle visure catastali ipotecarie per individuare l’esatta consistenza del bene e l’effettiva libertà da pesi e vincoli. Ciò premesso, ha confermato la sentenza di primo grado relativa all’inadempimento da parte del notaio ai propri obblighi ex art. 1176 c.c. e art. 47 Legge Notarile ed ha, in parziale riforma della stessa, svolto una valutazione equitativa del danno subito dall’acquirente, non parametrato al prezzo di acquisto dell’immobile comprensivo del solaio e del terrazzo, come preteso dall’acquirente, ma stimando la sola riduzione di valore del bene corrispondente al mancato trasferimento della piena proprietà del terrazzo, quantificata, con riferimento ai valori dell’epoca, in Euro 15.000, oltre rivalutazione ed interessi legali dalla data dell’atto al saldo, trattandosi di debito di valore.

Con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la sig.ra G. ne chiede la riforma.

Resiste il Notaio R. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1480 c.c. e art. 1489 c.c., censurando il capo di sentenza che, in ragione del mantenimento del possesso del terrazzo in capo alla G., avrebbe comunque leso il diritto di scelta dell’acquirente se acquistare, nonostante l’esistenza di un limite sostanziale al potere dispositivo, in ogni caso il bene ovvero se scegliere la risoluzione del contratto, ottenendo in tal caso la restituzione della somma versata e i rimborsi ex art. 1479 c.c. o optare per la riduzione del prezzo.

Il motivo è inammissibile in quanto la questione è posta per la prima volta in Cassazione, non avendo mai costituito oggetto di domanda giudiziale nei gradi di merito. Nè il ricorrente, che intenda proporre una questione giuridica di cui non si faccia menzione nell’impugnata sentenza, ha assolto al proprio onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, nè di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass., 2, n. 7048 dell’11/4/2016; Cass. n. 8206 del 22/4/2016; Cass., L. n. 20678 del 13/10/2016). L’acquirente ha agito, fin dall’origine, per sentir pronunciare la responsabilità del notaio ai sensi dell’art. 1176 c.c. e non ha mai esercitato l’azione di risoluzione del contratto di compravendita nei confronti del venditore o di riduzione del prezzo, neppure nella sede del giudizio di revindica, azionato dal terzo proprietario dinanzi il Tribunale di Milano, nell’ambito del quale l’acquirente avrebbe potuto chiamare in causa la venditrice azionando, nei confronti della medesima, la garanzia per evizione e per i vizi del bene, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

E’ evidente che, non avendo azionato le garanzie nei confronti del venditore, e non avendo mai proposto la relativa domanda nei gradi di merito in una formulazione che coinvolgesse la responsabilità del notaio, la domanda è inammissibile in quanto introduce una questione nuova.

Con il secondo motivo di ricorso denuncia la contraddittorietà della motivazione relativa alla quantificazione del danno equitativamente effettuata dalla Corte d’Appello.

Il motivo è inammissibile in quanto la sentenza impugnata, risalente al 09/05/2014, è sottoposta al regime di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè può censurarsi la motivazione per omissione del “minimo costituzionale” in quanto il Giudice d’Appello ha argomentato, sia pur in termini sintetici, sul criterio di determinazione del danno (Cass., S.U. n. 8053 del 7/4/2014: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54,conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione; cfr. anche Cass., 6-3 n. 23828 del 20/11/2015; Cass. 6-3, n. 21257 del 8/10/2014).

Quanto al mancato svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio, pure censurata dalla ricorrente con il secondo motivo, si tratta di una censura di merito in quanto è il giudice di merito appunto che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale di accoglimento (o di rigetto) anche implicito di un’istanza di consulenza tecnica formulata da una delle parti del processo, è tenuto unicamente ad evidenziare l’esaustività delle altre prove acquisite o prodotte nel corso dell’istruttoria (Cass., 3, n. 10849 dell’11/5/2007; Cass., 3, n. 305 del 12/01/2012; Cass., 2, n. 2164 del 14/2/2002).

Conclusivamente il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con le conseguenze relative alle spese del giudizio di Cassazione, accessori, spese generali e raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.600 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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