Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19375 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19375 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: FASANO ANNA MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 29975-2014 proposto da:
PARRINELLO VINCENZO, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato PAOLO CALABRETTA;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore,
2018
1402

PORTOGHESI

elettivamente

domicillato in ROMA VIA DEI

12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA
CATANIA;

DELLE

ENTRATE

DIREZIONE

PROVINCIALE

DI

Data pubblicazione: 20/07/2018

- intimata avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.

2213/2014

di CATANIA,

della

depositata

il

04/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA

MARIA FASANO.

R.G.N. 29975-14

recupero del credito di imposta per investimenti delle aree
svantaggiate, ex art. 8 I. n. 388 del 2000, anno 2001. La CTP, con
sentenza n. 308/2/06, accoglieva il ricorso. Il contribuente, tenuto
conto che avverso tale sentenza non risultava proposto appello,
riteneva la predetta decisione passata in giudicato. Successivamente
a seguito della notifica, in data 26.9.2011, da parte della società
Serit Sicilia S.p.A. della cartella di pagamento con cui si chiedeva il
pagamento della somma di euro 9.383,52 a titolo di Rec. Cred.imp.
inv. Aree svantaggiate, il contribuente verificava che la CTR della
Sicilia, con sentenza n. 580/34/09, in riforma della sentenza n.
308/2/06, aveva confermato il provvedimento di recupero del credito
suindicato. Avverso la pronuncia Vincenzo Parrinello proponeva
ricorso per revocazione, eccependo di non avere avuto alcuna notizia
del giudizio di appello, celebratosi in contumacia, denunciando che
dall’esame della sentenza della CTR si rilevava dall’intestazione che
l’appellato era stato difeso nel giudizio di appello dalla dott.ssa
Galesso Antonia (già difensore in primo grado) domiciliata presso lo
studio professionale sito in Catania, largo R.Pilo n. 39. Che della
contumacia dell’appellato non si faceva cenno nella decisione, come
non si faceva cenno della avvenuta notificazione del gravame
all’appellato stesso.
La CTR della Sicilia, con sentenza n. 2213/34/14, rigettava il ricorso,
ritenendo che nella fattispecie non ricorresse la previsione di cui
all’art. 395 comma 1, n. 4, c.p.c., dichiarando inammissibile la
revocazione. Vincenzo Parrinello ricorre per la cassazione, svolgendo

RITENUTO CHE:
Vincenzo Parrinello impugnava innanzi alla CTP di Catania l’avviso di

quattro motivi, illustrati con memorie. L’Agenzia delle entrate si è
costituita con controricorso.

CONSIDERATO CHE:
1.Parte ricorrente, depositando memorie, ha chiesto disporsi la
riunione del presente ricorso al ricorso n. 29048 del 2011. Il Collegio
ritiene di non dover procedere alla riunione dei giudizi, non

2.Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata
denunciando omessa motivazione della sentenza, in relazione all’art.
360, comma 1, n. 4, c.p.c., atteso che la pronuncia si esaurisce nel
riferimento alla “pacifica giurisprudenza di merito” ma non contiene
affatto l’affermazione del principio di diritto, e delle ragioni invocate
a sostegno della decisione. Si denuncia che la sentenza impugnata
non espliciti la ratio decidendi dell’iter logico giuridico seguito dal
giudicante per giungere alla decisione, non contenendo neppure
l’esposizione dei fatti rilevanti della causa, né l’enunciazione delle
norme di legge, processuali e sostanziali, e dei principi di diritto
applicati nella qualificazione dei fatti e nella formulazione della
decisione (art. 118, disp. att. c.p.c.).

3.Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata
denunciando, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ed in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., l’omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di esame tra le parti,
nonché la mancata o l’inadeguata valutazione dei fatti di causa. Si
lamenta che la CTR avrebbe omesso di dichiarare che il ricorrente
non si era costituito nel giudizio di appello (anzi lo ha ritenuto
costituito), con ciò incorrendo in un errore percettivo, perché
effettivamente non erano stati depositati e non erano in atti le
memorie ed il fascicolo in costituzione. L’errore sulla mancata
declaratoria di contumacia dell’appellato ha comportato l’omesso
9

ravvisando ragioni di connessione ai sensi dell’art. 335 c.p.c.

rilevamento del difetto di regolare costituzione del contraddittorio
nei confronti dell’appellato e l’omessa verifica della inesistenza ed
invalidità della notifica dell’atto di appello, accertabile da parte del
giudice attraverso il controllo degli atti di causa.

4.Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata,
denunciando violazione dell’art. 395 n. 4, c.p.c. e dell’art. 64 del

dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione, ritenendo
insussistente l’errore revocatorio, tenuto conto che l’impugnazione
non atteneva affatto a questioni di valutazione delle risultanze di
causa tali da integrare un errore di diritto, ma ineriva ad un mero
errore di fatto.

5.Con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata
denunciando violazione dell’art. 91, in relazione all’art. 360, comma
1, n. 4, c.p.c., atteso che il giudice di secondo grado si sarebbe
erroneamente limitato ad affermare “nulla per le spese”, le quali
andavano, invece, poste integralmente a carico della controparte.

6. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per
connessione logica, sono infondati e vanno rigettati.
6.1.L’errore di fatto previsto dall’art.395, n. 4, c.p.c., idoneo a
costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa
percezione della realtà, una svista obiettivamente ed
immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o
supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso
dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che
dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e
pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun
modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni
processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne
consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della
3

d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che la CTR avrebbe erroneamente

sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul
piano logico – giuridico (Cass. n. 8180 del 2009), sempre che ciò
non abbia costituito un punto controverso su cui la sentenza
impugnata per revocazione abbia statuito (Cass. n. 4521 del 2016).

6.2. Nella specie, avverso la sentenza della CTR, Vincenzo Parrinello
ha proposto ricorso per revocazione, eccependo di non avere avuto

denunciando che si rileva dall’intestazione della sentenza di appello
che l’appellato è stato difeso nel giudizio dalla dott.ssa Galesso
Antonia (già difensore in primo grado) domiciliata presso lo studio
professionale sito in Catania, largo R.Pilo n. 39. Come correttamente
evidenziato dal giudice di appello, con motivazione congrua e
immune da vizi logici, nel caso in esame, non si sarebbe in presenza
di un errore di fatto, ma eventualmente di un errore di diritto,
attinente alla regolarità del procedimento notificatorio e, quindi,
della rituale costituzione del contraddittorio processuale. L’asserita
omessa dichiarazione della contumacia non può integrare, al
contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, un errore revocatorio
del giudice di merito. La pronuncia della CTR, in ipotesi di fondatezza
delle censure espresse dal ricorrente, infatti, non può che integrare
una violazione del contraddittorio deducibile con ricorso per
cassazione, sempre che abbia cagionato, in concreto, un pregiudizio
allo svolgimento dell’attività difensiva della parte non dichiarata
erroneamente contumace (Cass. n. 2593 del 2006; Cass. n. 24889
del 2006; Cass. n. 9469 del 2010; Cass. n. 14594 del 2013; Cass.
5969 del 2014).

7. Da siffatti rilievi consegue il rigetto del ricorso. La parte
soccombente è tenuta al pagamento delle spese di lite, liquidate
come da dispositivo.

4

alcuna notizia del giudizio di appello, celebratosi in contumacia,

R.G.N. 29975-14

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al
rimborso delle spese di lite che si liquidano in complessivi euro
1.500, 00, oltre spese prenotate a debito.

7.P:A

Così deciso, in Roma, il giorno 19 aprile 2

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