Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19375 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 14/06/2017, dep.03/08/2017),  n. 19375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19361/2015 proposto da:

D.M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA

235, presso lo studio dell’avvocato CINZIA BURAGLIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato SALVINO GRECO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del procuratore avv. P.B.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso

lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2041/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato NICOLA STANISCIA per delega;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di una procedura di espropriazione presso terzi promossa da D.M.D. in danno dell’I.N.P.S. (debitore esecutato) e nei confronti della Intesa SanPaolo S.p.A. (terzo pignorato), il G.E. del Tribunale di Roma emise, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., ordinanza di assegnazione del credito staggito fino a concorrenza dell’importo di Euro 3.062,43 (oltre spese processuali), ordinando al terzo il pagamento all’assegnatario delle somme indicate entro venti giorni dalla notifica del provvedimento.

In data 28 luglio 2010, contestualmente alla notifica di detta ordinanza, la creditrice assegnataria intimò alla Intesa SanPaolo S.p.A. atto di precetto per il pagamento dell’importo – comprensivo di spese e compensi – di Euro 3.612,27; ricevuta dall’intimata la minore somma di Euro 3.062,43 (corrispondente all’entità del credito oggetto di assegnazione), la D.M. promosse nuova procedura espropriativa presso terzi questa volta in danno dell’istituto bancario, azionando come titolo esecutivo l’ordinanza di assegnazione.

L’opposizione all’esecuzione spiegata ex art. 615 c.p.c., dal debitore esecutato venne accolta dal Giudice di Pace di Roma con pronuncia che è stata confermata, a seguito di impugnazione interposta dalla D.M., dal Tribunale della medesima città con la sentenza n. 2041/2015 del 29 gennaio 2015.

Ha affermato in particolare il Tribunale, in adesione al primo motivo di opposizione, che ove un’ordinanza di assegnazione abbia espressamente previsto un termine a favore del terzo pignorato per provvedere all’adempimento dell’obbligazione e tale termine venga puntualmente osservato, nessuna ulteriore somma (per spese o compensi procuratori afferenti l’attività di precetto) può considerarsi dovuta; così argomentata la decisione, ha ritenuto irrilevante l’esame della ulteriore questione concernente la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza di assegnazione per decorso del termine sancito dal D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14.

Avverso questa sentenza, ricorre per cassazione D.M.D., affidandosi ad unico motivo; resiste con controricorso la Intesa SanPaolo S.p.A..

Nella memoria ex art. 378 c.p.c., la ricorrente formula istanza di remissione alle Sezioni Unite – o, in subordine, di affermazione di principio di diritto ai sensi dell’art. 363 c.p.c. – della questione concernente la configurabilità come titolo esecutivo della ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.; solleva questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui dispone che il creditore dell’ente previdenziale, decorso un anno dalla pubblicazione della ordinanza di assegnazione non eseguita, debba intraprendere nuova procedura esecutiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unica, articolata censura, per “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riguardo all’art. 2733 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione”, il ricorrente denuncia come il Tribunale abbia omesso di valutare che il pagamento del solo capitale precettato era avvenuto oltre i venti giorni dalla notifica dell’ordinanza di assegnazione (contestuale al precetto); assume inoltre la legittimità della intimazione del precetto unitamente alla notifica dell’ordinanza di assegnazione, ancorchè quest’ultima fissi un termine per il pagamento del terzo, per la natura e l’efficacia di titolo esecutivo da riconoscere all’ordinanza stessa.

2. Sotto il primo profilo, la doglianza va disattesa.

Diversamente da quanto asserito dal ricorrente, il Tribunale non ha omesso di verificare la tardività del pagamento ad opera dell’intimato (cioè il fatto che esso fosse avvenuto oltre il ventesimo giorno dalla notifica dell’ordinanza e del precetto), ma, al contrario, ha positivamente accertato la tempestività dello stesso: del fatto (in thesi decisivo) non è stato dunque omesso l’esame, e ciò esclude la fondatezza del richiamo all’asserito vizio motivazionale.

E un accertamento del genere, qualora non corrispondente al vero (dacchè, a dire del ricorrente, i venti giorni erano decorsi), non può certo essere censurato in sede di legittimità, non involgendo un giudizio di diritto sull’esistenza o sul contenuto di una norma ovvero sulla riconduzione della fattispecie concreta nell’ambito di una norma: si tratta, infatti, di un tipico errore di percezione, non di valutazione, giustificante (ricorrendone gli ulteriori presupposti) il rimedio della revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Anche il secondo profilo di censura è infondato.

Il precetto della cui legittimità si discorre è stato intimato in forza di un’ordinanza di assegnazione recante un termine dilatorio per l’adempimento al terzo pignorato, con una statuizione non impugnata con il solo mezzo consentito, ovvero l’opposizione agli atti esecutivi.

Orbene, è noto che al titolo esecutivo giudiziale (e tale natura è in maniera oramai incontroversa – riconosciuta all’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., nei riguardi del terzo pignorato: Cass. 02/02/2017, n. 2724; Cass. 25/02/2016, n. 3712; Cass. 03/06/2015, n. 11493) è correlato l’effetto di conformazione del rapporto obbligatorio al contenuto precettivo del provvedimento, che riguarda non soltanto l’oggetto della prestazione, ma anche le modalità (il verificarsi di condizioni, il decorso del tempo, il compimento di determinate attività) dell’adempimento.

In altre parole, la riconduzione di un provvedimento nell’ambito della categoria dei titoli esecutivi giudiziali di cui all’art. 474 c.p.c., comma 2, n. 1, non si traduce sempre nell’immediata ed automatica attribuzione di idoneità all’attuazione coattiva del diritto ivi accertato, potendo dal tenore dello stesso provvedimento (o in alcuni casi dalla legge: a titolo di esempio, il cd. spatium deliberandi previsto dal D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14, convertito nella L. 28 febbraio 1997, n. 30) essere stabilite delle limitazioni o condizioni alla efficacia esecutiva.

E’ tale il significato della previsione del termine per l’adempimento nell’ordinanza di assegnazione de qua: una condizione apposta all’esigibilità del credito e all’efficacia esecutiva del titolo, allo scopo (ritenuto dal giudice emittente l’ordinanza e non più ridiscutibile in questa sede) di salvaguardare la posizione del terzo assegnato e di consentirgli l’adempimento spontaneo senza aggravi (quali oneri e spese di precetto) a lui non imputabili.

Difettando l’esecutività dell’ordinanza di assegnazione prima della scadenza del termine ivi stabilito, ne deriva, per conseguenza, la impossibilità per il creditore non solo di agire in executivis ma anche di minacciare l’espropriazione con il necessariamente prodromico precetto, la cui intimazione, per consolidato orientamento del giudice della nomofilachia, postula la esigibilità del credito (“l’atto di precetto non può che avere ad oggetto quel medesimo credito certo e liquido che risulta dal titolo esecutivo e che, in conformità a quanto disposto dall’art. 474 c.p.c., comma 1, sia anche esigibile; quest’ultimo requisito comporta che, ove sia previsto un termine per l’adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, questo termine debba essere scaduto alla data di notificazione del precetto”: Cass. 19/02/2013, n. 3656).

Un precetto notificato – come nel caso – prima del verificarsi della condizione di esecutività è da reputarsi come intimato in (insanabile) difetto di titolo esecutivo: gli esborsi ed i compensi professionali pretesi per tale (illegittima) intimazione non sono pertanto dovuti dal soggetto intimato, nè, a fortiori, possono fondare, in caso di mancato pagamento di tali oneri, un’azione esecutiva in suo danno.

Il ricorso va in definitiva rigettato.

4. Agli illustrati argomenti fondanti la presente decisione restano estranei i principi di diritto affermati da questa Corte (oltre alla citata Cass. 2724/2017, si vedano Cass. 10/05/2016, n. 9390; Cass. 16/12/2016, n. 26013) in relazione alla diversa ipotesi dell’efficacia dell’ordinanza di assegnazione priva della fissazione di un termine per l’adempimento, principi di cui il ricorrente – nella memoria ex art. 378 c.p.c. – ha sollecitato un ripensamento critico mediante rimessione alle Sezioni Unite, con istanza che va pertanto disattesa.

5. E’ infine manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, comma 1-bis, nella parte in cui prevede un termine annuale di efficacia delle ordinanze di assegnazione emesse in danno di enti erogatori di prestazioni previdenziali: essa afferisce ad un motivo di opposizione all’esecuzione originariamente dedotto dalla odierna contro ricorrente, ma non esaminato nei gradi di merito, in quanto assorbito dall’accoglimento dell’opposizione per altra ragione.

6. Rigettato il ricorso, la disciplina delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., con liquidazione operata in base ai parametri fissati dal D.M. n. 55 del 2014, come in dispositivo.

Avuto riguardo all’epoca di proposizione del ricorso per cassazione (posteriore al 30 gennaio 2013), la Corte dà atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17): il rigetto del ricorso costituisce il presupposto per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori, fiscali e previdenziali, di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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