Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19371 del 17/09/2020
Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 17/09/2020), n.19371
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI N. M.G. – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9773/2014 R.G. proposto da
(OMISSIS) s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv.
Salvatores Carlo e dall’avv. Scarpa Luigi con domicilio eletto in
Roma, presso e nello studio dell’avv. De Stasio Bernardo in via F.
Cesi n. 72;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
dell’Abruzzo n. 114/3/13 depositata in data 08/10/2013, non
notificata; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza
camerale del 12/02/2020 dal Consigliere Succio Roberto.
Fatto
RILEVATO
Che:
– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha rigettato l’appello della curatela, così confermando la pronuncia della CTP di Teramo che aveva sancito la legittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap 2005;
– in tale atto l’Erario contestava la indebita deduzione e detrazione di importi relativi a operazioni inesistenti e l’omessa fatturazione di operazioni imponibili a finì Iva e imposte sul reddito;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la contribuente società, in fallimento, con atto affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria; l’Erario presenta anche ricorso incidentale condizionato affidato a un solo motivo.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
– il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per omesso esame e motivazione su fatto decisivo e controverso che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR ritenuto correttamente motivato l’atto impugnato;
– il secondo motivo si incentra sull’omesso esame e motivazione riguardo alla rilevanza probatoria degli elementi di prova offerti dalla contribuente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR non adeguatamente esaminato le prove fornite dalle parti e motivano in ordine ad esse;
– il terzo motivo denuncia omesso esame e motivazione su fatto decisivo e controverso che è stato oggetto di valutazione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per non avere la CTR, una volta ritenuti fittizi i costi disconosciuti, specularmente escluso dall’imponibilità la quota corrispondente di ricavi;
– tutti i motivi possono, stante la loro stretta connessione logica e giuridica, trattarsi congiuntamente;
– gli stessi si rivelano inammissibili, oltre che infondati;
– tutti infatti, contengono nella sostanza della loro articolazione e declinazione, censure meramente motivazionali; poichè la sentenza gravata è depositata successivamente all’11 settembre 2012, trova applicazione quanto ai motivi di ricorso e ai vizi deducibili per cassazione, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, cosiddetto “Decreto Sviluppo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11-08-2012);
– tal disposizione, per l’appunto applicabile alle sentenze pubblicata a partire dall’11 settembre 2012, quindi anche alla pronuncia qui gravata, consente di adire la Suprema Corte per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;
– conseguentemente, poichè formulate in concreto con riferimento al previgente testo del n. 5 di cui sopra, (lo si evince in particolare dalle pagg. 38, 42, 45, 50, 52 del ricorso per cassazione) tutte le censure aventi per oggetto il difetto di motivazione non sono consentite e debbono esser dichiarate inammissibili;
– il primo motivo, poi, risulta anche infondato avendo la CTR accertato (quanto al difetto di motivazione dell’avviso) che il PVC al quale l’Ufficio faceva rimando nel proprio atto impositivo è stato debitamente notificato al contribuente;
– il secondo motivo, inoltre, è comunque anche privo di fondamento, poichè la CTR ha operato una propria valutazione del materiale probatorio dando conto dei criteri adottati e dei risultati raggiunti; secondo questa Corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018) in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012;
– ancora, si è puntualizzato come (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017) in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione
o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012;
– il terzo motivo, infine, è pure esso anche infondato;
– la pretesa del motivo sarebbe quella, fondata su una falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., di ritenere che l’ufficio, recuperati a tassazione i costi delle operazioni fittizie, avrebbe dovuto correlativamente ridurre i ricavi; essa omette di considerare che non sussiste alcun automatismo tra la ritenuta fittizietà e tale riduzione;
– in tanto l’amministrazione avrebbe dovuto operare la riduzione, in quanto il contribuente avesse dato prova della non veridicità delle registrazioni dei ricavi; su questo ultimo punto occorre anche precisare che ai sensi del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 2, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44 (“Non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese
o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati”), sopravvenuto ma applicabile retroattivamente in quanto più favorevole della previgente art. 4-bis della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, prevede che spetti al contribuente provare la specifica relazione di ‘diretta afferenzà tra i componenti positivi (ricavi) ed i componenti negativi relativi a beni non effettivamente scambiati (v. già Cass. sentenza n. 7896 del 20/04/2016);
– conclusivamente, il ricorso è rigettato;
– alla luce della decisione sul ricorso principale, il ricorso incidentale condizionato è assorbito;
– le spese seguono la soccombenza;
– sussistono i presupposti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; liquida le spese in Euro 5.600 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020