Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19370 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 17/09/2020), n.19370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI N. M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27741/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (PEC ags.rm(amailcert.avvocaturastato.it) in

persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma,

via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

C.A.M. rappresentata e difesa giusta delega in atti

dall’avv. Cazzolla Antonio Mario (PEC

cazzolla.antoniomario.avvocatibari.laegalmai.it) con domicilio

eletto in Roma, presso lo studio dell’avv. Ranuzzi Livia al viale

del Vignola n. 5;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia n. 78/6/12 depositata il 30/11/2012, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

12/02/2020 dal Consigliere Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha accolto l’appello della contribuente e in riforma della pronuncia della CTP annullato l’avviso impugnato avviso di accertamento per Iva 2003;

– con tal atto l’Erario addebitava alla contribuente l’iva sulla cessione di due canali televisivi, non versata, oltre a richiedere gli interessi e irrogare le sanzioni di legge;

– ricorre l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo; resiste la contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità svolta in controricorso riferita alla violazione da parte del ricorrente del disposto di cui all’art. 369 c.p.c.;

– comunque, in ordine all’applicazione della ridetta disposizione processuale nel contesto del processo telematico, questa Corte ha chiarito come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 28695 del 30/11/2017) in tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poichè detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369 c.p.c., comma 3, a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte;

– invero, dalla sentenza impugnata e dall’articolazione del motivo, incentrato sulla violazione di legge ivi denunciata, ben si evince il contenuto del mezzo di gravame, di guisa che la Corte è messa in condizione di comprenderlo ed esaminarlo;

– parimenti va rigettata l’ulteriore eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza pure sollevata in controricorso;

– nuovamente osserva la Corte che la questione posta nel motivo, per la sua articolazione, permette l’esame della stessa senza che sia necessaria in questo caso alcuna trascrizione degli atti di causa;

– può dunque procedersi all’esame del motivo di ricorso;

– con esso si censura la gravata sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 11 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente ritenuto esente da responsabilità per l’omessa presentazione della dichiarazione Iva per l’anno 2004 la ricorrente, legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta “Azzurra 2”, in difetto di prova – da fornirsi da parte della contribuente – della propria assoluta mancanza di colpa, non potendo l’esclusione della colpevolezza esser presunta;

– il motivo è infondato, con le precisazioni che seguono;

– è ben vero che questa Corte ancora di recente ha statuito (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12901 del 15/05/2019) in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza;

– con particolare riferimento peraltro alla fattispecie in esame, nella quale viene in rilievo anche il disposto dell’art. 38 c.c., che stabilisce la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, si è precisato (Cass. Sez. V CIVILE, Sentenza n. 25650 del 15/10/2018) che essa non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi. Si è, altresì, precisato, al riguardo, che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione (cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2008, n. 25748, Cass. civ., sez. III, 29 dicembre 2011, n. 29733). D’altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (conf” Cass. civ. sez. V, 12 marzo 2007, n. 5746); – ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità, nel presente caso l’Amministrazione Finanziaria, ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurima, Cass. civ. sez. III, 14 dicembre 2007, n. 26290, Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2008, n. 25748). Il principio suesposto, in riferimento alla responsabilità solidale, ex art. 38 c.c., di coloro che agiscono in nome per conto dell’associazione non riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale dell’ente, la concreta attività negoziale riferibile all’associazione stessa, è stato, poi, espressamente ritenuto da questa Suprema Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (v. Cass. civ. sez. V, 17 giugno 2008, n. 16344; Cass. civ. sez. V, 10 settembre 2009, n. 19486), pur senza trascurare, tuttavia, una caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni. Si è rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude, peraltro, che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato. Ciò nondimeno, il richiamo all’effettività dell’ingerenza, implicito nel riferimento all’aver “agito in nome e per conto dell’associazione”, contenuto nell’art. 38 c.c., vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Cass. civ., n. 5746/07, cit.);

– nel caso per cui è processo, per ritenere la Caprio responsabile era necessario accertare se e in che misura la stessa avesse concretamente svolto attività di amministrazione;

– in coerenza con tale principio, la CTR ha accertato in fatto come la stessa fosse solo “vittima” dell’attività truffaldina di altro soggetto, B.N., chiaramente ben individuato dalla GdF; tal accertamento – non più suscettibile in questa sede di contestazione alcuna – porta quindi a concludere per l’assenza di responsabilità;

– pertanto il ricorso è respinto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 4.100,00, oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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