Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19369 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19369 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 30005-2008 proposto da:
I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale
rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
2013
2059

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CALIULO
LUIGI, MARITATO LELIO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 21/08/2013

contro

RONCHETTO ATTILIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1324/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 06/12/2007 r.g.n. 23/2007;

udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza del giorno 11 giugno 2013 — Aula A
n.21 del ruolo — RG n. 30005/08
Presidente: Coletti – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata, in accoglimento dell’appello di Attilio Ronchetto
avverso la sentenza del Tribunale di Acqui Terme del 14 novembre 2006, annulla l’atto di precetto
opposto dal Ronchetto.
La Corte d’appello di Torino, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il giudice di primo grado ha respinto l’opposizione a precetto proposta dal Ronchetto sulla
base di due considerazioni: 1) i documenti prodotti in giudizio dimostrano l’interruzione della
prescrizione in data 27 dicembre 1995; 2) l’art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 non ha
ridotto a cinque anni il termine prescrizionale per i contributi dovuti per il periodo anteriore
all’entrata in vigore della legge stessa;
b) il Ronchetto deduce che, essendo stati gli atti interruttivi compiuti nel periodo compreso tra
il 17 agosto 1995 e il 31 dicembre 1995, si conserva il termine decennale per il periodo precedente
l’interruzione e si applica il termine quinquennale per il periodo successivo;
c) l’assunto è fondato perché nella specie viene in considerazione una contribuzione rientrante
tra quelle previste nell’art. 3, comma 9, lettera a), della legge n. 335 cit., relativa ad un periodo
antecedente l’entrata in vigore della legge stessa;
d) per tale tipo di contribuzione il comma 9 cit. stabilisce — come regola generale — che il
termine prescrizionale per i contributi resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e dopo diventa
quinquennale e il successivo comma 10 prevede — come ipotesi eccezionale — la permanenza del
termine decennale in caso di “atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della
normativa preesistente”;
e) in assenza di esplicite statuizioni la locuzione atti interruttivi “già compiuti” deve essere
riferita agli atti posti in essere entro il 17 agosto 1995 (giorno di entrata in vigore della legge
indicata), non rinvenendosi indicazioni che possano portare ad individuare il suddetto limite
temporale nel 31 dicembre 1995;
f) nella specie, l’atto interruttivo dell’INPS in data 27 dicembre 1995 ha validamente
interrotto una prescrizione che all’epoca era ancora decennale salvando così l’intero decennio
pregresso, tuttavia il successivo atto interruttivo è intervenuto dopo la scadenza del quinquennio dal
18 agosto 1995, essendo rappresentato dalla notifica dell’atto di precetto del 28 novembre 2005;

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

g) ne consegue che il diritto dell’INPS si è prescritto visto che, nel frattempo, il termine
prescrizionale era diventato quinquennale.
2.— Il ricorso proposto dall’INPS — in proprio e quale mandatario della SCCI s.p.a. — domanda
la cassazione della sentenza per tre motivi; Attilio Ronchetto non svolge attività difensiva in questa
sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.— Il ricorso è articolato in tre motivi, formulati in conformità alle prescrizioni dell’art. 366bis cod. proc. civ., applicabile nella specie, ratione temporis.
1.1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., violazione
del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ.,
nullità del procedimento a causa dell’omessa pronuncia e dell’omessa motivazione su un punto
decisivo della controversia.
Il quesito di diritto di diritto a corredo del motivo è così formulato: “nel giudizio di
opposizione ad atto di precetto di pagamento azionato sulla base di un decreto ingiuntivo passato in
giudicato ed emesso per l’omesso pagamento di contributi previdenziali — in cui si controverte della
prescrizione del credito medesimo — la sentenza di secondo grado che dichiara prescritto il credito
applicando le norme relative alla prescrizione dei contributi previdenziali, di cui all’art. 3, commi 9
e 10, della legge n. 335 del 1995, senza esaminare e decidere in ordine all’eccezione dell’Istituto
previdenziale convenuto, relativa all’applicazione, nel caso di specie, del termine prescrizionale
correlato all’actio judicati, incorre nel vizio di omessa pronuncia (e connessa omessa motivazione)
ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., proprio con riferimento alla predetta eccezione difensiva?”.
1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 29e cod. civ., in riferimento all’art. 324 cod. proc. civ. e
all’art. 3, commi 9 e 10, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Il quesito di diritto di diritto a corredo del motivo è così formulato: “in tutti i casi in cui la
legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, una volta formatosi il giudicato, proprio
perché non ha giuridico rilievo il titolo originario del credito riconosciuto, i relativi diritti si
prescrivono con il decorso di dieci anni (termine prescrizionale dell’actio judicati, di cui all’art.
29‘51 cod. civ.), con la conseguenza che al suddetto termine prescrizionale, in ragione della sua
autonomia, non sono applicabili le norme che, in materia di contribuzione previdenziale
obbligatoria, specificamente disciplinano il termine prescrizionale di quest’ultimo diritto originario,
cioè le disposizioni di cui all’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995?”.
1.3.- Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995.

2

I — Sintesi dei motivi di ricorso

Il — Esame delle censure
2.- Il primo motivo non è fondato.
In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte ad integrare gli estremi del
vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è
necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla
soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione
della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione,
dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di
domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica
della pronuncia (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 21 luglio 2006, n. 16788; Cass. 10 maggio
2007, n. 10696; Cass. 8 marzo 2007, n. 5351).
Nella specie, in applicazione del suddetto principio, è da escludere che ricorra un’ipotesi di
omessa pronuncia essendo evidente che la Corte d’appello, ritenendo di dichiarare prescritto il
credito previdenziale dell’INPS, in applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del
1995, ha implicitamente respinto l’eccezione dell’Istituto stesso, relativa all’applicazione, nel caso
di specie, del termine prescrizionale correlato all’ actio judicati.
3.- Il secondo motivo è improcedibile.
Com’è noto, il principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione — da intendere alla
luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” — comporta che per il
ricorrente l’onere di indicare nel ricorso specificamente il contenuto dei documenti cui fa
riferimento nel ricorso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne
l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice
onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di
inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del
ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione
di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti (vedi,
per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

3

Il quesito di diritto di diritto posto a corredo del motivo è così formulato: “in tema di
prescrizione del diritto degli Enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di
lavoro, ai sensi dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione dei
contributi relativi a periodi precedenti l’entrata in vigore della suddetta legge (17 agosto 1995) resta
decennale, nel caso di atti interruttivi compiuti dall’INPS nel periodo compreso tra la suindicata
data e il 31 dicembre 1995 (nel caso di specie: 27 dicembre 1995) i quali, oltre a sottrarre a
prescrizione i contributi maturati nel decennio precedente l’atto interruttivo, hanno anche l’effetto
di conservare, per il tempo successivo all’entrata in vigore della predetta legge n. 335 del 1995, il
citato termine di prescrizione decennale (con la conseguente idoneità, nella specie, dell’atto di
precetto notificato il 28 novembre 2005 ad interrompere la prescrizione)?”.

Nella specie, la sentenza impugnata non menziona il decreto ingiuntivo n. 441/1986 del
Pretore di Genova, cui fa riferimento il ricorrente nel secondo motivo e neppure nelle conclusioni in
appello il suddetto decreto risulta richiamato.
Ne consegue che il ricorrente, ai sensi dell’art. 369, n. 4, cod. proc. civ., avrebbe quanto meno
fornire alla Corte elementi sicuri per consentire l’individuazione e il reperimento negli atti
processuali del suddetto decreto ingiuntivo, cosa che non è avvenuta.

In base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte in tema di prescrizione del
diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi
dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione dei contributi
relativi a periodi precedenti l’entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso
di atti interruttivi compiuti dall’INPS nel periodo tra la data suddetta ed il 31 dicembre 1995, i quali
— tenuto conto dell’intento del legislatore di realizzare un “effetto annuncio” idoneo ad evitare la
prescrizione dei vecchi crediti — valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio
precedente l’atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un nuovo termine decennale di
prescrizione (Cass. SU 4 marzo 2008, n. 5784; Cass. 25 settembre 2008, n. 24040; Cass. 3 ottobre
2008, n. 24589; Cass. 26 gennaio 2010, n. n. 1583; Cass. 18 giugno 2010, n. 14776).
La Corte torinese ha ritenuto che la locuzione atti interruttivi “già compiuti” debba essere
riferita agli atti posti in essere entro il 17 agosto 1995 (giorno di entrata in vigore della legge
indicata), sicché, nella specie, l’atto interruttivo dell’INPS in data 27 dicembre 1995 avrebbe
validamente interrotto una prescrizione che all’epoca era ancora decennale salvando così l’intero
decennio pregresso, ma il successivo atto interruttivo — rappresentato dalla notifica dell’atto di
precetto del 28 novembre 2005 — sarebbe intervenuto dopo la scadenza del quinquennio dal 18
agosto 1995 e quindi il diritto dell’INPS si sarebbe prescritto, in quanto, nel frattempo, il termine
prescrizionale era diventato quinquennale.
Ne consegue che la decisione della Corte territoriale non è conforme al suindicato
orientamento ermeneutico, in base al quale per effetto dell’atto interruttivo del 27 dicembre 1995 è
cominciato a decorrere un nuovo termine prescrizionale decennale con scadenza al 27 dicembre
2005, sicché è da escludere che nella specie il credito dell’INPS si sia prescritto.
III — Conclusioni
5.- In sintesi il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, il primo motivo va respinto e il
secondo motivo va dichiarato improcedibile. Conseguentemente l’impugnata sentenza va cassata, in
relazione alle censure accolte, e, non accorrendo ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso
nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, seconda parte, cod. proc. civ., con il rigetto
dell’opposizione all’atto di precetto proposta da Attilio Ronchetto.
4.- L’alternarsi delle decisioni di merito e la natura delle questioni trattate giustificano la
compensazione delle spese, riguardo ai due gradi di merito del giudizio. Invece, le spese del
4

4.- Il terzo motivo è da accogliere.

presente giudizio di cassazione — liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la
soccombenza.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara improcedibile il
secondo motivo. Cassa la sentenza , in relazione alle censure accolte, e, decidendo nel merito,
rigetta l’opposizione all’atto di precetto proposta da Affilio Ronchetto. Compensa, tra le parti, le
spese dei due gradi di merito del giudizio. Condanna Affilio Ronchetto al pagamento, in favore
dell’INPS, delle spese del presente giudizio di cassazione — in favore dell’INPS — liquidate in euro
50,00 (cinquanta/00) per esborsi, euro 6000,00 (seimila/00) per compensi professionali, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il giorno 11 giugno
2013.

P.Q.M.

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