Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19369 del 20/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19369 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso n. 26361-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente
domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
la rappresenta e difende ape legis

– ricorrente contro
ELISA S.r.L., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio
dell’Avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la rappresenta e difende assieme
all’Avvocato RAFFAELLO LUPI giusta procura speciale estesa a margine del
controricorso

– con troricorrente –

Data pubblicazione: 20/07/2018

R.G. 26361/2011

avverso la sentenza n. 256/10/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 27.8.2010, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26.6.2018 dal
Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale MAURO VITIELLO

motivo;
udito per la ricorrente l’Av_voWo dellg o PASQUALE PUCCIARIELLO
uoUT0
ktigat”–*- FATTI. DI CAUSA
Con sentenza del 27.8.2010 la Commissione Tributaria Regionale
dell’Abruzzo ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate
avverso la sentenza n. 146/02/2007 della Commissione Tributaria
Provinciale di Pescara, che aveva accolto il ricorso, proposto dalla società
contribuente Elisa S.r.L., contro avviso di accertamento IVA IRPEG IRAP
annualità 2000, sulla base dei seguenti rilievi: sopravvenienze attive non
contabilizzate e non dichiarate, rettifica delle rimanenze finali, indeducibilità
dei costi relativi a compensi corrisposti ai consiglieri di amministrazione, ad
accantonamenti a titolo di TFM in favore dei medesimi consiglieri e a spese
di «studio e di ricerca» e per «servizi vari commerciali».
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Entrate affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 4 c.p.c., «violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia».
Con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., «violazione dell’art. 59, 5 0 c. TUIR (versione
ante 2004) e dell’art. 2697 c.c. – Omessa o comunque insufficiente
motivazione ».
Con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 3 e 5 c.p.c., «violazione degli artt. 16, 1° c. lett. c), 70, 74 e 76 TUIR
(versione ante 2004), e dell’art. 2697 c.c. ».
Con il quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 62, 3 0 c.
TUIR».

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che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, fatta eccezione per il quarto

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Con il quinto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 3 e 5 c.p.c., «violazione dell’art. 75 TUIR e dell’art. 2697 c.c.- Omessa
o comunque insufficiente motivazione e illogica motivazione».
La società contribuente si è costituita con controricorso, deducendo
l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale, ed ha, altresì,

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in primo luogo, che la
CTR non avrebbe preso in considerazione gli argomenti svolti con l’appello
relativi al «criterio di sopravvalutazione delle giacenze in misura del 20%
(ravvisandola nonostante la sua omissione nel 1999, a motivo del condono
del p.v.c. per tale anno)», ed in particolare circa la «omessa
dimostrazione dei presupposti di tale criterio e dei suoi componenti».
1.2. La censura in esame è infondata, atteso che ad integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa
statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato
completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla
soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata
comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi
in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una
statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di
domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con
l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr.

ex multis Cass. n.

24155/2017).
1.3. Nel caso in esame la CTR, confermando la decisione di primo
grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente anche relativamente ai
suddetti rilievi mossi dall’Ufficio finanziario, affermando che non erano
«emersi elementi certi in base ai quali potersi confermare l’ipotesi
elusiva» configurata dall’Ufficio, ha motivatamente disatteso tutti i motivi
di censura dell’appellante relativi alla pronuncia impugnata.
2.1. E’ fondato il profilo di censura del secondo motivo di ricorso con cui
si lamenta che la CTR abbia erroneamente ritenuto legittima la

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illustrato le proprie ragioni con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

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maggiorazione forfettaria delle rimanenze in misura pari al 20% ai fini
dell’accertamento del reddito della società per l’anno 2000.
2.2. Risulta sia stato contestato, dall’Ufficio, il valore delle rimanenze
finali dell’annualità 2000 in relazione all’operata sottovalutazione delle
rimanenze per l’anno di imposta 1999, con riguardo alla quale la

informatico che aveva impedito l’applicazione della maggiorazione ed a cui
era stato posto rimedio con successiva dichiarazione integrativa ai sensi
della legge 289/2002.
2.3. La valutazione delle rimanenze (cd. «giacenze di magazzino»),
come noto, è un’operazione tecnico-contabile necessitata dall’esigenza di
determinare periodicamente i risultati di un’attività imprenditoriale e si
risolve nell’attribuzione di un valore alle stesse, previa rilevazione (conta
fisica) delle giacenze effettive, che può essere compiuta utilizzando una
pluralità di metodi tra loro alternativi.
2.4. In materia di determinazione del reddito d’impresa, l’art. 59, cit.
TUIR, nel testo vigente all’epoca (2000) cui si riferisce il presente giudizio,
dispone, dunque, ai comma 1, che «le rimanenze finali … concorrono a
formare il reddito per un valore … non inferiore a quello determinato a
norma delle disposizioni che seguono»; quindi è stabilito, al comma 3
(relativamente agli esercizi successivi a quello in cui per la prima volta si
siano formate) che, «se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto
all’esercizio precedente, le maggiori quantità … costituiscono voci distinte
per esercizi

di formazione>>; infine, il comma 6 dispone che <>.
2.5. Il complesso di queste disposizioni fonda, in campo tributario, il cd.
principio di continuità dei valori di bilancio, per cui le rimanenze finali di un
esercizio costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo, e le
reciproche variazioni – come meglio precisato dalla norma citata, dopo la
suddetta modifica legislativa – «concorrono» a formare il reddito
dell’esercizio (cfr. Cass. nn. 17298/2014; 11748/2008).

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contribuente deduce la sussistenza di un errore di ordine elaborativo-

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2.6. Quel che rileva, quindi, come punto di partenza del computo non è
il primo anno di accertamento, bensì il primo esercizio in cui le rimanenze si
verificano, anche se, in seno al giudizio tributario, a delimitare il perimetro
della lite sono i dati che emergono dagli avvisi di accertamento (cfr. Cass. n.
3344/2013 in motivazione).

dalla rettifica delle rimanenze finali relative all’anno 2000 per adeguarle a
quelle originariamente esposte nell’annualità 1999 senza tener conto che:
a) la società non aveva provveduto a fornire il prospetto previsto dall’art.
14, comma 1, della L. n. 289/2002 («Le società di capitali e gli enti
equiparati, le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle
ad esse equiparate, nonché le persone fisiche e gli enti non commerciali,
relativamente ai redditi d’impresa posseduti, che si avvalgono delle
disposizioni di cui all’articolo 8, possono specificare in apposito prospetto i
nuovi elementi attivi e passivi o le variazioni di elementi attivi e passivi, da
cui derivano gli imponibili, i maggiori imponibili o le minori perdite indicati
nelle dichiarazioni stesse; con riguardo ai predetti imponibili, maggiori
imponibili o minori perdite non si applicano le disposizioni dei comma 4
dell’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni, e dei terzo comma dell’articolo 61 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ‘successive modificazioni. Il
predetto prospetto e’ conservato per il periodo previsto dall’articolo 43,
primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e successive modificazioni, e deve essere esibito o trasmesso
su richiesta dell’ufficio competente»), con conseguente irrilevanza, ai fini
dell’accertamento in oggetto dell’intervenuto condono per l’annualità 1999;
b) non aveva in altro modo specificamente indicato la consistenza dei costi
di produzione di produzione delle rimanenze in funzìone della maggiorazione
del 20 % del loro costo («i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in
corso di esecuzione al termine

dell’esercizio sono

valutati

in base

alle spese sostenute nell’esercizio stesso», art. 59, comma 5, TUIR
vigente ratione temporis),

essendosi limitata la contribuente, secondo

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2.7. Orbene, la CTR ha annullato il recupero a tassazione derivante

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quanto riportata dalla stessa CTR, a generiche dichiarazioni circa l’incidenza
«sui prodotti in corso di lavorazione del “costo del lavoro (con esclusione
del personale amministrativo)” e delle “spese di fabbricazione (comprese
quelle generali con esclusione delle commerciali di vendita)».
2.8. Ne consegue la ricorrenza della dedotta violazione di legge (art. 59,

bilancio, dal momento che – ferma restando la variazione delle rimanenze
finali 1999 per effetto della dichiarazione integrativa ai fini del condono
previsto dalla L. n. 289/2002 — analogo aumento del costo delle rimanenze
finali 2000 non era possibile in quanto l’entità di dette rimanenze finali non
era stata affatto giustificata.
2.9. Questa Corte ha invero reiteratamente affermato che «nel quadro
dei generali principi che governano l’onere della prova spetta
all’amministrazione finanziaria dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi
della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di
elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell’esistenza di un maggiore
imponibile, mentre grava sul contribuente l’onere della prova circa
l’esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri o a costi deducibili, ed in
ordine al requisito dell’inerenza degli stessi all’attività professionale o
d’impresa svolta» (cfr. Cass. nn. 27043/2014; 22542/2014;
11205/2007), sicché una volta che l’ufficio abbia contestato l’attendibilità
della posta, illustrando le ragioni «per le quali quella voce debba
considerarsi indeducibile» (cfr. Cass. n. 7867/1997), «scatta l’onere del
contribuente di proporre elementi in senso contrario» (cfr. Cass. n.
10148/2000), gravando su di lui «l’onere della prova dell’esistenza e
dell’inerenza» (cfr. Cass. n. 27458/2013) dei costi portati in deduzione,
da assolversi mediante l’allegazione dei «fatti che vi danno luogo»
(16198/2001), all’uopo non risultando bastevole «che la spesa sia stata
contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una
documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e
la coerenza economica della stessa» (cfr. Cass. n. 21184/2014).
2.10. Disattendendo l’attendibilità della posta (aumento dei costi di
produzione delle rimanenze) in ragione del fatto che non vi era una prova

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cit. TUIR), con riferimento al richiamato principio di continuità dei valori di

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documentale della sua effettività, ovvero della composizione dei costi di
produzione che avevano determinato la variazione in aumento del valore
delle rimanenze, l’Ufficio aveva proceduto a contestare la legittimità
dell’operata operazione contabile, dando idonea prova che essa non poteva
considerarsi certa.

parte, nella dinamica distributiva che regola in questa materia il governo
della prova in sede di accertamento, prima, ed in sede contenziosa, dopo,
dare attendibile prova del contrario mediante l’allegazione degli idonei
elementi di conoscenza documentale atti a comprovare che la
maggiorazione del 20% del costo di produzione delle rimanenze era stata
nella specie effettuata correttamente, in difetto del che l’impugnata
sentenza, che ha ritenuto l’insussistenza di elementi positivi di reddito non
dichiarati, pur in assenza di una prova attendibile circa la corretta e
legittima <>.

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composizione, che provvederà ad applicare i superiori principi ed anche alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso

dell’Agenzia delle Entrate nei limiti illustrati in motivazione, respinti gli altri,

dell’Abruzzo, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le
spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria
della Corte di Cassazione, in data 26.6.2018.
Il Consigliere Estensore
(Antonella Dell’Orfano)

Il P
ent
(Pietr, cjampa

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale

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