Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19369 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. un., 18/07/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 18/07/2019), n.19369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente di sez. –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2499-2018 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, “Soggetto attuatore per gli

interventi e le iniziative correlate all’organizzazione del Grande

Evento relativo alla Presidenza Italiana del G8”, in persona del

Presidente del Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO;

– ricorrente –

contro

TE.CO. TERRA CONSULTING S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MOCENIGO 16,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTA NOCENTE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARLO MORONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 611/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 24/08/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Luca Reali per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza dell’8.10.2014, il Tribunale di Perugia rigettava l’opposizione proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri soggetto attuatore per gli interventi e le iniziative correlate all’organizzazione del Grande Evento relativo alla Presidenza Italiana del G8 – avverso il decreto col quale le era stato ingiunto di pagare alla Società TECO Terra Consulting a r.l. la somma di Euro 184.000,00, a titolo di corrispettivo di un incarico di consulenza, conferito nel contesto della realizzazione di opere infrastrutturali strumentali al grande evento, da svolgersi alla (OMISSIS).

Il gravame, interposto dalla parte pubblica, veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 24.8.2017, che, per quanto qui interessa, affermava la giurisdizione del giudice ordinario. In particolare, ribadito l’argomento svolto dal Tribunale, secondo cui il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 vigente ratione temporis, riservava al g.o. la cognizione delle controversie relative alla fase successiva alla stipula dei contratti, la Corte territoriale riteneva che il contratto con la Società appellata non poteva rientrare nelle ipotesi di cui all’art. 133 CPA, lett. g, non trattandosi di controversia relativa ad atti, provvedimenti o accordi riconducibili all’esercizio di un pubblico potere in materia di espropriazione pubblica, ma di un contratto di natura consulenziale, estraneo agli accordi tipici del procedimento espropriativo, mediante il quale la p.A. si era avvalsa di una collaborazione esterna per una fase ad esso preliminare, mantenendo, per intero, la titolarità e l’esercizio delle funzioni e dei poteri finalizzati alla realizzazione delle infrastrutture viarie.

Per la cassazione della sentenza, che confermava la legittimazione della Presidenza – soggetto attuatore, negando, in ispecie, esser intervenuta la dedotta successione nel contratto, ha proposto ricorso l’Amministrazione soccombente con due motivi, successivamente illustrati da memoria. La S.r.l. TE.CO. Terra Consulting ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, si censura la statuizione sub a) di parte narrativa, per violazione dell’art. 133 CPA, comma 1, lett. g) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1. La ricorrente sostiene l’erroneità delle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale, secondo cui: i) il termine “accordi” contemplato nella norma andava inteso in senso restrittivo e riferito a quelli relativi alla cessione bonaria del bene; ii) la fattispecie non era caratterizzata da alcun tipo di delega o mandato, per l’esercizio del potere espropriativo. La Presidenza evidenzia, per contro, che l’incarico conferito alla controparte rientra nel quadro dell’allora vigente D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 90, comma 6: nell’ambito del “grande evento” era stata, appunto, affidata una consulenza finalizzata all’organizzazione delle attività espropriative necessarie alla costruzione della nuova SS (OMISSIS) ed all’adeguamento di altra viabilità esistente. Contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, tale incarico, prosegue la ricorrente, ha comportato l’attribuzione, per via convenzionale, di un’attività finalizzata alla redazione del piano particellare di espropriazione ed è dunque sicuramente espressione di un pubblico potere.

2. Il motivo è infondato.

3. il D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, lett. g) dispone che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”. Come già affermato da queste Sezioni Unite (cfr. n. 17110 del 2017), la norma traduce in forma positiva e diretta la disposizione di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53 nel testo risultante dalla sentenza n. 191 del 2006 della Corte costituzionale, che, in linea coi principi espressi con la nota pronuncia n. 204 del 2004, aveva dichiarato illegittima la disposizione del T.U. sulle espropriazioni nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione amministrativa le controversie relative ai comportamenti delle P.A. e dei soggetti equiparati, non escludeva quei comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio d’un pubblico potere.

Il nucleo interpretativo della norma in oggetto risiede, pertanto, nella riconducibilità al potere ablativo della P.A., esercitato anche solo in via mediata, di atti, provvedimenti, accordi e comportamenti in materia di espropriazione, sicchè quando tale nesso sia stato ravvisato viene meno il criterio discretivo derivante dalla natura della posizione soggettiva lesa e si radica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che si fonda sull’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica. Tale esigenza non è correlativamente ravvisabile quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell’interesse pubblico.

4. Così convenendo, è ben evidente che la domanda di adempimento, avanzata in monitorio dall’odierna controricorrente, non sia ricompresa tra quelle sussumibili nell’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di espropriazione: lungi dal dedurre alcuna lesione dall’esercizio, anche mediato, del potere espropriativo dell’Amministrazione in suo danno, la Società ha, infatti, agito per conseguire il compenso pattuito con la parte pubblica per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatole ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 90, comma 6. Nè tale conclusione può mutare in riferimento al tipo di attività commessa dall’Amministrazione, pur se propedeutica a dar corso a future espropriazioni (redazione di un piano particellare) per l’ovvia ed assorbente ragione che, nemmeno per tale via, viene in rilievo l’esercizio di alcun potere ablativo -la cui delega è stata, peraltro, esclusa dalla Corte territoriale- essendo i soggetti da esso interessati (in tesi, i proprietari contemplati in detto piano particellare) del tutto estranei alla lite. Il Collegio deve, quindi, affermare che gli accordi menzionati dalla disposizione in commento, in coerenza col suo significato complessivo e tenuto conto delle sue stesse genesi e finalità, quali sopra esposte, sono, solo, quelli conclusi tra proprietario inciso e pubblica amministrazione espropriante, e ciò in quanto l’elemento fondante della giurisdizione amministrativa, anche nell’ipotesi in cui essa sia attribuita in via esclusiva, è costituito dall’azione dell’amministrazione attraverso l’esercizio, pur se indiretto, di pubblici poteri nei confronti di coloro i quali siano ad essi assoggettati.

5. La tesi della Presidenza, secondo cui il termine “accordi” di cui alla lett. g) c.p.a. dovrebbe ricomprendere, anche, il contratto inter partes, è, dunque, infondata. Nè giova, al riguardo, l’argomento svolto, pure, in sede di discussione, secondo cui tale interpretazione comporterebbe l’inutilità della disposizione per essere i patti tra espropriante ed espropriato già devoluti alla giurisdizione esclusiva del g.a. in riferimento alla previsione di cui all’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. a), n. 2, quali controversie afferenti alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento e degli accordi tra pubbliche amministrazioni.

Ed, infatti, la natura esclusiva della giurisdizione relativa a siffatti accordi si incentra nella “tipologia dell’atto destinato al perseguimento del pubblico interesse” (cfr. SU n. 105 del 2001), è volta ad assicurare l’unicità della giurisdizione anche per ciò che attiene alla fase dell’esecuzione, in relazione al “rapporto” che ne deriva e che il legislatore ha globalmente considerato come pubblico (SU n. 2082 del 2019), quale che sia la materia che ne costituisce oggetto (SU n. 2029 del 2008; n. 732 del 2005); laddove la prospettiva della disposizione di cui all’art. 133 c.p.a., lett. g, è quella della materia espropriativa, nei sensi sopra specificati. Sicchè, se è bensì vero che le ipotesi di convenzioni tra proprietario ed espropriante costituiscono un esempio di siffatto tipo di “accordi”, tanto non depone affatto per l’invocata interpretazione estensiva di tale termine, in modo da includervi quello oggetto di controversia, cui è estraneo l’esercizio del potere espropriativo e la correlata soggezione, ma piuttosto conferma la natura peculiare degli accordi L. n. 241 del 1990, ex art. 11 e la loro oggettiva diversità rispetto agli altri, come è evidente dal fatto che,in materia di contratti, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguarda le sole controversie relative alla fase dell’evidenza pubblica, ricadendo, invece, quelle sulla loro esecuzione nella giurisdizione del giudice ordinario.

6. L’esame del secondo motivo, con cui la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 422, dell’O.P.C.M. n. 3869 del 2010 e O.P.C.M. n. 3854 del 2010, in riferimento alla riconosciuta sua legittimazione passiva, va demandato alla Prima Sezione di questa Corte.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo e rimette l’esame del secondo alla Prima Sezione Civile.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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