Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19367 del 30/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/09/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 30/09/2016), n.19367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26008-2014 proposto da:

C.F., G.L., elettivamente domiciliati in

Roma, Piazza Cavour presso la Cassazione, rappresentati e difesi

dall’Avv. CARMELO LA FAUCI BELPONER giusta procura in calce del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope-legis;

– controricorrente –

e contro

ASP PALERMO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5620/2012 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 12/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato BAURO FRANCESCO per delega dell’Avvocato LA FAUCI

BELPONER CARMELO difensore dei ricorrenti che conferma rinuncia.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. C.F. e G.L. hanno proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, contro il Ministero della Salute e l’A.S.P. di Palermo, già Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) di Palermo – Ospedale Civico e (OMISSIS) avverso la sentenza resa in primo grado in una controversia inter partes dal Tribunale di Palermo il 12 dicembre 2012.

L’impugnazione è stata proposta a seguito dell’ordinanza del 28 marzo 2014, con cui la Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. l’appello proposto contro la sentenza del Tribunale.

p.2. Al ricorso ha resistito con controricorso il Ministero, mentre non ha resistito l’altra intimata.

p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si erano svolte le seguenti considerazioni:

“(…) p.3. il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.

Queste le ragioni.

p. 3.1. Nel ricorso i ricorrenti non hanno allegato che l’ordinanza della Corte d’Appello non sarebbe stata loro comunicata.

Ora, l’art. 348-ter c.p.c., comma 3 prevede che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore e, quindi, per il caso di mancanza dell’una e dell’altra formalità, prevede l’operatività del c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

Ne segue che chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione, se è avvenuta la comunicazione dell’ordinanza deve rispettare il termine di sessanta giorni da essa, posto che l’art. 348-ter c.p.c., comma 3, secondo inciso, quando allude al termine per proporre ricorso per cassazione, allude a quello di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2.

Solo per il caso che la controparte abbia notificato la sentenza prima della comunicazione (che l’art. 133 c.p.c. assoggetta ad un termine di cinque giorni e ciò anche nel testo applicabile alla controversia) notifichi, il termine de quo decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. In fine, solo qualora risulti omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, opera il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

Questa essendo la disciplina dettata dal legislatore chi esercita il diritto di ricorrere in Cassazione a norma dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, per dimostrare la sua tempestività, qualora proponga il ricorso oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potendo la comunicazione avvenire fino dallo stesso giorno della pubblicazione, è tenuto ad allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e, gradatamente, che non è avvenuta la notificazione e che, pertanto, propone il ricorso fruendo del c.d. termine lungo.

Nella specie i ricorrenti non hanno allegato che l’ordinanza non sarebbe stata loro comunicata ed hanno notificato il ricorso nell’ottobre del 2014, cioè ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza (pur considerando la sospensione dei termini per il periodo feriale dal l agosto al 15 settembre 2014) e, dunque, posto che la comunicazione potrebbe essere stata fatta a partire dalla pubblicazione, oltre il termine che in ipotesi potrebbe da essa essere decorso, ove la comunicazione fosse stata coeva.

In tale situazione non essendo stata allegata la mancata comunicazione, l’impugnazione non appare tempestiva già sulla base della sola lettura del ricorso, giacchè, essendo la comunicazione possibile dalla data della pubblicazione, la mancata allegazione del se e quando essa sia avvenuta rende il ricorso nella sua attività assertiva carente dell’allegazione della sua tempestività.

Parte ricorrente potrà semmai dare dimostrazione della mancanza della comunicazione da parte della cancelleria al momento della proposizione del ricorso per cassazione o di una sua effettuazione in un momento tale che il ricorso possa considerarsi tempestivo e ciò, rispettivamente, tramite eventuale attestazione di cancelleria oppure tramite il deposito della comunicazione ricevuta.

Tale dimostrazione ed il relativo deposito potranno avvenire in relazione alla fissanda adunanza della Corte e ciò senza che all’eventuale produzione dell’attestazione o della comunicazione possa essere di ostacolo l’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 2 atteso che esso non risulta applicabile all’impugnazione della sentenza di primo grado, giacchè il suo disposto sulla cui esegesi si vedano Cass. sez. un. nn. 9004 e 9055 del 2009 – si riferisce alla relata di notificazione della sentenza impugnata, che qui non è rilevante, dato che il termine decorrente dalla comunicazione, previsto dall’art. 348-ter non concerne la comunicazione della sentenza di primo grado, mentre per quanto attiene all’eventuale possibilità di impugnazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. (nei limiti in cui l’ha ammessa Cass. sez. un. n. 1914 del 2016), la norma non è applicabile giacchè il legislatore, introducendo l’art. 348-ter ed in particolare l’ipotesi del decorso dalla comunicazione del deposito dell’ordinanza, in concorso con quella del decorso dalla sua notificazione, non ha detto che alla prima ipotesi si estendeva la previsione dell’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 2 (il che rende la situazione differente da quella – di cui all’art. 47 c.p.c., comma 2, della decisione impugnabile con il regolamento di competenza necessario, che, invece, rappresentando l’ipotesi normale di decorso del termine di proposizione del regolamento si presta ad essere equiparata alla notificazione ad istanza di parte sulla base dell’estensione delle norme sul ricorso per cassazione al ricorso per regolamento).

p.3.2. Si deve, poi, aggiungere che il ricorso sarebbe in ogni caso inammissibile anche perchè non contiene un’esposizione del fatto che individui i motivi dell’appello, esposizione che era necessaria per rispettare l’art. 366 c.p.c., n. 3 (si vedano le ordd. nn. 8940, 8941, 8942 e 8943 del 2014).”.

p.2. Il Collegio rileva che, in vista dell’adunanza della Corte, il difensore del ricorrente ha depositato “atto di rinuncia ex art. 390 c.p.c.”, nel quale dichiara di rinunciare al ricorso. Tale atto reca la sua sottoscrizione e sul retro, sotto l’intestazione “procura speciale”, dichiarazione dei ricorrenti – da loro sottoscritta, con autenticazione delle sottoscrizioni da parte dello stesso difensore – di conferimento dell’incarico di propone “l’atto di rinuncia ex art. 390 c.p.c. nell’ambito del procedimento civile 26008/2014 R.G.”.

Al suddetto atto può attribuirsi sostanziale valore di dichiarazione di conferimento di mandato speciale al difensore a rinunciare al ricorso.

L’atto è stato notificato sia alla pane resistente che a quella intimata. Essendo la rinuncia regolare, ne segue che il processo di cassazione dev’essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 390 c.p.c..

Non essendovi stata adesione del resistente alla rinuncia si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione quanto al rapporto fra essa ed i ricorrenti e le spese possono compensarsi, atteso l’oggetto del contendere, che concerne pretesa risarcitoria da contagio da emotrasfusione. Nel rapporto fra ricorrenti ed intimati, invece, non è luogo a provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara estinto per rinuncia il giudizio di cassazione. Compensa le spese nel rapporto fra ricorrenti e resistenti. Nulla per le spese nel rapporto fra ricorrenti ed intimata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016

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