Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19366 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 17/09/2020), n.19366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18667/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, C.F. (OMISSIS), rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

Contro

BM EURONET S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, C.F. (OMISSIS), con sede in

(OMISSIS), rapp.ta e difesa, giusta procura a margine del ricorso,

dagli avv.ti Francesca Mazza del Foro di Milano e Claudio Lucisano

del Foro di Roma, elett. dom.to presso lo studio del secondo in

Roma, Via Crescenzio n. 91;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 13/49/2012, depositata il 27.01.2012, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Cons. Nocella Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La BM Euronet s.r.l. impugnava innanzi alla CTP di Varese l’avviso di accertamento N. (OMISSIS) con il quale l’Agenzia delle Entrate di Varese, sulla scorta delle risultanze del PVC della G.d.F. della stessa città del 2.07.2009, accertava, per l’anno 2006, l’indebita deduzione di costi per Euro 6.305.289,00 e l’indebita detrazione di IVA per Euro 16.334,76 e richiedeva maggiori IRES, IVA ed IRAP applicando le connesse sanzioni

La CTP adita, con sentenza n. 121/11/2010, accoglieva il ricorso sia per carenze motivazionali che per la dimostrata estraneità della Società alla consumazione dei reati ai quali era collegata la contestata indeducibilità dei costi indebitamente dedotti.

La CTR della Lombardia, con la sentenza oggi impugnata, ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di primo grado.

Per quanto di residuo interesse in questa fase, la CTR ha ribadito quanto si evincerebbe dal medesimo PVC, cioè che le indagini svolte in sede penale non avevano consentito di accertare, per gli effetti previsti dalla L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4bis, la partecipazione della Società all’attività fraudolenta costituente presupposto per contestare l’indeducibilità dei costì oggetto di ripresa fiscale; che le operazioni controverse avrebbero ad oggetto i prodotti finiti “Astra Semiconductor DPS2” e “Astra ad Converter”; che la Società aveva “compiuto operazioni triangolari lecite, acquistando prodotti informatici e di componentistica elettronica da fornitori residenti, che rivendeva a clienti internazionali”; che infine ogni altra questione sarebbe assorbita.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso la soccombente Agenzia delle Entrate, articolando unico motivo di censura.

La Società si è costituita notificando controricorso, nel quale conclude per la reiezione del ricorso, e deposita memoria.

All’esito della camera di consiglio del 29 gennaio 2020 la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa fatti decisivi e controversi, solo apoditticamente individuati nell’oggetto delle operazioni colpite da ripresa a tassazione, e nella solo parziale considerazione del contenuto del PVC: invero per un verso questo viene richiamato soltanto nella parte in cui vi si dà atto dell’impossibilità di provare la consapevolezza del disegno fraudatorio da parte della Società, ma non già nella parte in cui si dam atto della prosecuzione delle indagini e degli ulteriori esiti investigativi (c.d. brochures acquisite a seguito di perquisizione); per altro verso la motivazione fa leva sul “giudizio di questo Collegio che ritiene il quadro probatorio del tutto insufficiente”, che tuttavia si fonda su considerazioni prive di qualsivoglia riferimento alle singole fonti di prova ed all’iter logico ricostruttivo di formazione del convincimento.

Il ricorso è infondato.

Partendo dall’ultima delle questioni sollevate con la censura, va rilevato che la CTR, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente Agenzia, ha assunto a base del suo convincimento una specifica circostanza, e cioè che “Le operazioni contestate, realizzate dalla Società nell’anno d’imposta 2006, e precisamente nel periodo settembre-dicembre 2006, sono i prodotti finiti codificati “Astra Semiconductor DPS2” e “Astra ad Converter (ADC 500)”; tali operazioni sono state oggetto d’indagine presso il Tribunale di Como (n. 3266/06 RGNR)…che si è conclusa senza prova della sua partecipazione all’attività fraudolenta contestata…”; indicando peraltro la fonte probatoria dalla quale il dato è stato tratto (“Fol. 6 All. 3 del PVC”, del quale ha riportato il testo, nel quale la stessa GdF dà atto dell’impossibilità di ascrivere alla BM Euronet un qualsivoglia reato) e deducendone la non imponibilità IVA delle operazioni ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 58, in quanto operazioni di cessione a favore di clienti esteri.

Nè è sufficiente l’argomento della ricorrente secondo cui la CTR non avrebbe considerato che il PVC proseguiva con l’affermazione che comunque le indagini avevano dato luogo a comunicazione di notizia di reato (non deducendo tuttavia che avesse determinato l’esercizio dell’azione penale): infatti, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’Agenzia avrebbe dovuto fornire, nel giudizio di merito, elementi affidabili e certi per poter configurare una concreta ipotesi di reato, non essendo sufficiente, in ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, neppure la mera consapevolezza da parte del contribuente accertato del meccanismo frodatorio posto in essere da altri e nel quale è stato coinvolto (cfr. Cass. sez. V 30.10.2018 n. 27566); laddove tale prova è stata esclusa dalla CTP, per quanto riportato nella sentenza oggi impugnata, essa non risulta essere stata fornita in grado di appello; nè il suo contenuto è stato riportato e dedotto nel motivo di ricorso, se non per richiamo ai punti c), d) ed h) della premessa, ove sono vagamente e genericamente indizianti dell’inesistenza soggettiva delle operazioni nelle quali sarebbe stata coinvolta la BM Euronet, riportati soltanto alcuni elementi, tratti sempre dal medesimo PVC, ma senza alcuna deduzione o allegazione della decisività di tali fonti indiziarie al fine dell’identificazione dei profili di illiceità di condotte dolose imputabili alla Euronet. Del resto sotto tale ultimo profilo la Società controricorrente ha opportunamente e documentatamente evidenziato come tali elementi (in particolare le brochures ed il DVD contenente anche conversazioni telefoniche) fossero stati tutti acquisiti nel procedimento penale n. 3408/08 RGNR di Busto Arsizio, riguardante condotte relative alla seconda parte del 2007 ed al 2008 (cfr. controricorso a pagg. 26-27 con riferimento a pagg. 13-16 e 22 del PVC e 9-12 dell’All. 03 al medesimo); e come, pur essendo stata disposta l’utilizzabilità anche dei dati emersi nel procedimento N. 3266/06 del Tribunale di Como, questi non fossero pertinenti alla commercializzazione dei prodotti oggetto di quest’ultima indagine, bensì soltanto semilavorati (semiconduttori Silicon Valley), oggetto di indagine da parte della Procura di Busto Arsizio.

Infine la decisività di tali elementi è da escludere comunque, non risultando fornita prova alcuna dell’intervenuto esercizio dell’azione penale all’esito di nessuno dei procedimenti medesimi, come già ritenuto dalla CTR di Milano nel giudizio concernente le contestazioni mosse alla BM Euronet con gli omologhi avvisi di accertamento emessi sulla base dei medesimi elementi di prova in relazione alle annualità 2007 e 2008.

Invero, come ripetutamente enunciato in diverse pronunce di questa Corte, i limiti alla indeducibilità dei costi e spese introdotti dal D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, a modifica dell’originario L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4bis (natura dolosa del reato ed avvenuto esercizio dell’azione penale da parte del P.M.), costituiscono jus superveniens direttamente applicabile anche ai fatti pregressi in virtù della disposizione contenuta nello stesso art. 8, comma 3 (cfr. Cass. sez. V 17.12.2014 n. 26461; Cass. sez. V 20.04.2016 n. 7896; Cass. sez. V 24.07.2018 n. 24617; Cass. sez. V ord. 12.12.2019 n. 32587); sicchè in mancanza della prova dell’avvenuto esercizio dell’azione da parte del P.M. non è possibile predicare la decisività di alcuna delle fonti di prova dalle quali l’Agenzia ricorrente pretenderebbe di inferire l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; alla soccombenza dell’Agenzia ricorrente segue la condanna della medesima alla rifusione in favore della Società controricorrente delle spese di questa fase, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla Società controricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 20.000,00 complessive, oltre spese generali e CPA.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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