Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19364 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 17/09/2020), n.19364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22811-2017 proposto da:

G.M., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA VIA

OTTAVIANO 42, presso lo studio dell’avvocato BRUNO LO GIUDICE, che

li rappresenta e difende, giusta procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2231/2017 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST, di

SALERNO, depositata il 10/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

di ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato LO GIUDICE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data 5.12.2014 l’Agenzia delle Entrate notificava a G.M. e M.R., in qualità di soci della società di persone Co.Ma.Gi. sas, già operante nel settore delle costruzioni edilizie ed estinta in data 28.12.2009, un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2009 con il quale rettificava il reddito di impresa, accertando un maggior imponibile di Euro 251.450 e determinando le conseguenti maggiori imposte Irap ed Iva, oltre interessi e sanzioni.

Contro l’avviso di accertamento i soci G.M. e M.R. proponevano ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Avellino che lo accoglieva con sentenza n. 581 del 2015.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Campania che lo accoglieva con sentenza n. 2231 del 10.3.2017, confermando l’avviso di accertamento impugnato. Il giudice di appello riteneva che ” gli avvisi di accertamento riferiti ad una società di persone che, al momento dell’emissione dell’atto si sia estinta, devono essere notificati ai soci, che subentrano nei rapporti giuridici pendenti e di conseguenza nella legittimazione processuale facente capo all’ente” e che ” essendo prevista per la società in accomandita semplice la responsabilità illimitata -anche dopo l’estinzione della società- dei soci accomandatari, mentre i soci accomandanti rispondono nei limiti di quanto ricevuto dal bilancio di liquidazione, sussiste in capo ad essi soci, e non in capo all’ufficio l’onere di dimostrare che dal piano di riparto ci sia stata o meno assegnazione di beni o utili”

Contro la sentenza di appello G.M. e M.R. ricorrono per cassazione sulla base di sei motivi.

L’Agenzia delle Entrate, intimata, non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va rilevata d’ufficio la ritualità della notificazione del ricorso per cassazione effettuata direttamente presso l’Agenzia delle Entrate, rimasta intimata, e non presso l’Avvocatura dello Stato.

1.II primo motivo denuncia:”Nullità del giudizio per mancata osservanza dell’obbligo di applicazione dell’istituto del litisconsorzio necessario in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 in riferimento alla presente controversia e a quella separata instaurata personalmente da M.R. in qualità di socia, denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4″, in quanto il giudice di appello non ha proceduto alla riunione del presente giudizio con quello pendente davanti alla C.T.R. avente ad oggetto il ricorso proposto da M.R. contro l’autonomo avviso di accertamento ai fini Irpef relativo alla attribuzione alla socia, in proporzione della quota di partecipazione, del reddito di impresa accertato in capo alla società.

Il motivo è infondato La pacifica partecipazione di entrambi i soci ( G. e M.) alla causa avente ad oggetto il reddito di impresa accertato in capo alla società di persone estinta ed alla conseguente determinazione delle imposte Irap ed Iva dovute, ha assicurato il contraddittorio integrale tra tutti i soggetti interessati (vale a dire i soci, attesa la estinzione della società antecedente alla notificazione dell’atto impositivo). Semmai sussiste un rapporto di pregiudizialità tra la presente causa (avente ad oggetto il reddito di impresa della società di persone ai fini Irap ed Iva) e la causa per il reddito di partecipazione ai fini Irpef della socia M.R., questione affatto diversa dal dedotto vizio (insussistente) di mancata integrazione del litisconsorzio necessario.

2.11 secondo motivo denuncia:” Vizio di violazione di legge. Nullità della sentenza per mancanza dei presupposti per procedere ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. a) e art. 41, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 24 e 25 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, letti in correlazione all’art. 2324 c.c. e al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, ad accertamento nei confronti della società estinta e dei relativi soci in materia di imposte sui redditi, dell’Irpeg e dell’Iva denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, nella parte in cui l’atto di accertamento riferito alla società estinta CO.MA.Gi sas risulta essere rivolto ad un soggetto inesistente e in quanto rivolto ai soci risulta infondato per mancanza dell’atto presupposto che doveva essere costituito da un atto di accertamento in precedenza validamente formato e notificato alla società di persone; erroneo riferimento al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 regolante la sola responsabilità dei soci di società di capitali; la pretesa è stata fatta valere nei confronti dell’accomandante “senza avere fornito alcuna prova delle eventuali quote delle liquidazioni percepite ed anzi ingenerando un inammissibile inversione dell’onere della prova”.

3. Il terzo motivo denuncia:”Vizio di violazione di legge. Nullità della sentenza per erronea applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2324 e 2697 c.c. in materia di onere probatorio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (inversione dell’onere della prova)”, per erronea applicazione della regola di distribuzione dell’onere della prova.

Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati. Come affermato da Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, l’estinzione della società di persone non determina l’estinzione della obbligazione tributaria della società ma il suo trasferimento in capo ai soci che, nel caso di società di persone, rispondono illimitatamente dei debito sociali (art. 2291 richiamato dall’art. 2318 per i soci accomandatari della s.a..). Pertanto l’ente impositore, nella pacifica estinzione della società ha correttamente notificato l’atto impositivo relativo ai debiti della società (per le imposte Irap ed Iva) ai soci della stessa, illimitatamente responsabile dei debiti tributari della s.as. quanto al socio accomandatario e responsabile limitatamente alla quota conferita quanto al socio accomandante (ex art. 2313 c.c.). In senso conforme questa Corte ha stabilito che l’atto impositivo emesso nei confronti di una società di persone è validamente notificato, dopo l’estinzione della stessa, ad uno dei soci, poichè, analogamente a quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, per l’ipotesi di morte del debitore, ciò si correla al fenomeno successorio che si realizza rispetto alle situazioni debitorie gravanti sull’ente e realizza, peraltro, lo scopo della predetta disciplina di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 25487 del 12/10/2018; conforme Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23534 del 20/09/2019).

Con riferimento alla contestazione della responsabilità D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 36, è vero quanto affermato dai ricorrenti circa la riferibilità di tale tipo di responsabilità ai soli soci delle società aventi personalità giuridica, che antecedentemente alla liquidazione della società hanno ricevuto in assegnazione denaro o beni sociali prima che fossero esattamente adempiute l’obbligo di pagamento delle imposte con il ricavato della liquidazione; infatti, come risulta testualmente dal citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 1, la responsabilità ivi prevista riguarda espressamente “i soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche”. Tuttavia per le società di persone vige il principio della responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali (art. 2291) con la specificazione della responsabilità dei soci per i crediti non soddisfatti sopravvissuti alla estinzione della società, forma di responsabilità più ampia e comprensiva della minore responsabilità di cui al citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 prevista per i soci della società di capitali dotate di personalità giuridica. In tal senso deve essere corretta in diritto l’affermazione del giudice di merito circa la responsabilità dei socio accomandante limitatamente a quanto risulta dal bilancio di liquidazione, anzichè limitatamente alla quota conferita.

4. Il quarto motivo denuncia:”Error in procedendo. Nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art.132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, con riferimento al combinato disposto di cui al D.R.P. 602 del 1973, art. 36 e dell’art. 2324 c.c., denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ”

Il motivo è infondato perchè la ratio decidendi adottata dal giudice è comprensibile ed intellegibile, tanto da essere stata sottoposta a specifica censura con i precedenti motivi di doglianza.

5.11 quinto motivo denuncia: “Vizio di Violazione di legge. Nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, nella parte in cui ha ritenuto applicabile la norma ai fini della responsabilità dei soci di società di persone.

Il motivo è assorbito dall’esame dei motivi secondo e terzo.

6.11 sesto motivo denuncia:”Error in procedendo per mancata pronuncia su questione essenziale della controversia, in violazione dell’art. 112 c.p.c. denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″, nella parte in cui la C.T.R. non si è pronunciata sulla eccezione di inammissibilità dell’atto di appello della Agenzia delle Entrate perchè proposto nei confronti delle sole persone fisiche dei soci e non anche contro la Co.Ma.Gi e per effetto del giudicato formatosi a seguito dell’annullamento sancito dai Giudici di primo grado.

Il motivo è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali ma solo in caso di mancato esame di questioni di merito (Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Sez. 3 Sentenza n. 25154 del 11/10/2018). Il mancato esame da parte del giudice di appello di una questione meramente processuale non può dar luogo a un vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto in caso di mancato esame delle domande di merito, e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza impugnata, potendo semmai prospettarsi una nullità della decisione per violazione di norme processuali diverse da quella di cui all’art. 112 c.p.c. in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte (Sez. 1, Sentenza n. 10073 del 25/06/2003). Il motivo è anche infondato. La pacifica estinzione della società di persone costituiva causa ostativa alla proposizione di una impugnazione nei confronti di un soggetto inesistente. L’impugnazione da parte dell’ente impositore della decisione di primo grado, nella sua integralità, ha precluso il formarsi di qualsiasi giudicato anche parziale o implicito.

Nulla sulle spese in mancanza di attività difensiva da parte della Agenzia delle Entrate intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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