Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19363 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19734/2018 proposto da:

D.F., elettivamente domiciliato in Sarzana (SP), via 8

marzo n. 3, presso lo studio dell’Avv. Federico Lera, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1691/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 28/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Genova ha respinto il gravame proposto da D.F., cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza del Tribunale di Genova che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Contro la sentenza della Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione, da parte del cittadino straniero, sulla base di un motivo.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello sotto il profilo, della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante le minacce di morte rivolte al richiedente da parte del marito della donna investita dal carro che il ricorrente stava conducendo verso la città (come bracciante agricolo) e successivamente deceduta. Il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello ha invero, accertato in fatto che il ricorrente è privo di legami affettivi e familiari in Italia, vivendo tutta la sua famiglia in Gambia, che il medesimo è giovane e gode di buona salute e che non ha reperito in Italia neppure un’occupazione che gli consenta di mantenersi nello Stato di accoglienza. Per contro, sub specie del vizio di violazione di legge, il motivo di ricorso, mentre non riporta alcun elemento – sottoposto ai giudici di merito – dal quale possa desumersi che il rientro in patria possa determinare per l’immigrato una grave compromissione dei propri diritti fondamentali, si traduce, sostanzialmente, in una richiesta di rivisitazione del merito inammissibile in questa sede (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Segue, la condanna al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, statuizione che la Corte è tenuta ad emettere in base al solo elemento oggettivo, costituito dal tenore della pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, principale o incidentale), senza alcuna rilevanza delle condizioni soggettive della parte, come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Cass., 05/04/2019, n. 9661).

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione dello Stato le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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