Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19362 del 18/07/2019
Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19362
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16882/2018 proposto da:
K.I., elettivamente domiciliato in Biella via Repubblica n. 43,
presso lo studio dell’avv. Marco Cavicchioli, che lo rappresenta e
difende come da procura in calce alla copia analogica del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2422/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 14/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/05/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
La Corte d’Appello di Torino ha accolto il gravame proposto dal Ministero, avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino che aveva accolto l’opposizione di K.I., cittadino del Bangladesh, nei confronti del provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo sia il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria che di quella umanitaria.
Contro la sentenza della Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione, da parte del cittadino straniero, sulla base di un motivo.
Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello sotto il profilo, della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante l’integrazione dell’istante nel tessuto economico italiano e lo svolgimento di un’attività lavorativa come presupposti sufficienti per la concessione della protezione umanitaria.
Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha, invero, fondato la decisione sulla considerazione che (p. 3): 1) il ricorrente si è limitato ad una generica deduzione circa il fatto che “il Bangladesh versa in una situazione di complessivo degrado sociale” (p. 2) e ad una generica allegazione circa la violazione dei diritti umani; 2) l’integrazione dell’istante nel tessuto economico italiano e lo svolgimento di un’attività lavorativa non costituiscono presupposti sufficienti per la concessione della protezione umanitaria; 3) il giudice non può intervenire in materie coperte dalla discrezionalità legislativa, condizionata anche da ragioni di bilancio; 4) l’immigrato ha mantenuto rapporti con la famiglia d’origine, circostanza che, unitamente alla sua giovane età, può consentire una sua più agevole ricollocazione in patria, senza una significativa lesione, dunque, dei suoi diritti umani. Il ricorso non censura tutte le rationes decidendi succitate, in particolare la 1) la 3) e la 4); inoltre, in maniera neppure troppo velata, si mira a una rivisitazione, inammissibile, delle questioni già dedotte nel merito.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Segue, la condanna al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, statuizione che la Corte è tenuta ad emettere in base al solo elemento oggettivo, costituito dal tenore della pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, principale o incidentale), senza alcuna rilevanza delle condizioni soggettive della parte, come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Cass., 05/04/2019, n. 9661).
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019