Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19362 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 18/05/2017, dep.03/08/2017),  n. 19362

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18661/2014 proposto da:

CUKI COFRESCO SPA, in persona del Presidente del C.d.A. sig.

F.F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIAN GIACOMO

PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO PONZONE giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SACE BT SPA, in persona del suo Direttore Generale Dott.

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 6,

presso lo studio dell’avvocato FILIPPO SCIUTO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MARIA SCOFONE giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 90/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 15/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 15 gennaio 2014 la Corte di appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta da Cuki Cofresco s.p.a. avverso la decisione del Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta l’opposizione dalla predetta società proposta nei confronti di SACE B.T. s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale con cui le si intimava il pagamento della somma di Euro 33.275,97, oltre accessori e spese, a titolo di rimborso dei diritti doganali dovuti quale proprietaria importatrice, pagati dall’istituto di assicurazione SACE BT in qualità di fideiussore per importazioni effettuate attraverso la dogana di (OMISSIS).

Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale, nel confermare la decisione del giudice di primo grado, ha innanzitutto evidenziato le circostanze ritenute pacifiche in giudizio: – Cuki Cofresco ha acquistato merce in Turchia e l’impresa fornitrice ha individuato e incaricato lo spedizioniere SDL Port s.r.l. perchè curasse il trasporto in Italia, provvedendo anche alle operazioni di sdoganamento; quest’ultimo, non ammesso alla possibilità del versamento differito o periodico delle imposte doganali, ha richiesto e ottenuto da Cuki il versamento dell’importo necessario per far fronte al pagamento immediato delle imposte doganali; la merce acquistata dall’impresa turca è stata effettivamente importata e consegnata a Cuki; le imposte doganali non sono state pagate nè dallo spedizioniere, nè da Cuki, nonostante quest’ultima abbia affermato di aver fornito al primo la provvista necessaria; – l’amministrazione finanziaria si è attivata per recuperare gli importi dovuti, ha individuato lo spedizioniere tenuto nei propri confronti, in solido con il proprietario destinatario delle merce nella società For Trans s.a.s. e ha azionato la polizza fideiussoria rilasciata da SACE B.T. a favore di detta società, polizza richiesta necessariamente come garanzia per permettere allo spedizioniere di fruire del pagamento differito o periodico delle imposte doganali.

Dall’esame delle bollette doganali prodotte relative allo sdoganamento della merce, la Corte di merito ha individuato in For Trans s.a.s. lo spedizioniere cui attribuire le operazioni di sdoganamento della merce di cui si discute (sulla base delle seguenti risultanze: nelle bollette, sebbene formate su carta intestata SDL Port s.r.l., il dichiarante è P.F., iscritto all’Albo degli spedizionieri e contemporaneamente rappresentate legale di entrambe le società (SDL Port s.r.l. e For Trans s.a.s.); quest’ultima società viene indicata quale “obbligato principale” rappresentata da P. il quale sigla i documenti; i conti a debito risultanti dai dati contabili sono quelli di For Trans s.a.s. accesi per il pagamento differito D.P.R. n. 43 del 1973, ex art. 79 (testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale). La Corte territoriale ha pertanto escluso, a fronte del contenuto chiaro e univoco della documentazione presentata, che l’amministrazione doganale fosse tenuta ad accertare, “addirittura”, l’esistenza di rapporti sostanziali tra gli imprenditori coinvolti nell’operazione di sdoganamento in esame “sicuramente del tutto al di fuori della sua competenza, sia conoscitiva sia di controllo”; ha accertato che lo spedizioniere obbligato per il pagamento dell’imposta doganale, assieme al proprietario destinatario della merce importata Cuki Cofresco s.p.a., fosse For Trans, a sua volta garantita da polizza fideiussoria rilasciata da SACE BT s.p.a.; ha richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui la titolarità del debito relativo alle imposte doganali D.P.R. n. 43 del 1973, ex art. 38, resta proprio del proprietario importatore rispetto al quale l’operatore doganale assume la veste di coobbligato solidale (Cass. Sezioni Unite nn. 499 e 500 del 1993), osservando che le polizze fideiussorie azionate da SACE BT s.p.a. richiamano (artt. 8 e 10) le condizioni generali in materia di contratti di assicurazione e di fideiussione e il diritto di surroga del fideiussore nei diritti dell’Agenzia delle dogane nei confronti del contraente obbligato al pagamento.

Avverso questa decisione Cuki Cofresco s.p.a. propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Resiste con controricorso SACE BT s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente osservato che, non trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza ai sensi dell’art. 335 c.p.c., non si è provveduto alla richiesta riunione.

2. Il primo motivo proposto è inammissibile sotto un duplice concorrente profilo.

2.1. E’ inammissibile nella parte in cui lamenta (“Erroneità nell’individuazione della fattispecie di diritto – carenza o assenza di motivazione con violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3) un esame “sommario e impreciso” della fattispecie in esame da parte dei giudici di merito effettuato “in netto contrasto con la documentazione prodotta”, incorrendo in un “macroscopico errore di diritto” nell’aver ritenuto, per un verso, che Fors Trans s.a.s. avesse effettuato le operazioni doganali di cui si controverte, sebbene non fosse stata incaricata dall’importatore ad effettuarle, essendo, invece, stata incaricata SDL Port che “in modo del tutto truffaldino” si faceva pagare dall’importatore ed in via anticipata, quanto dovuto per le imposte di sdoganamento (non essendo accreditata per il pagamento in via differita), indicando altro soggetto tenuto al pagamento il quale (accreditato per il pagamento in via differita) stipulava “fraudolentemente” una fideiussione con la SACE BT la quale aveva poi pagato quanto dovuto per imposte doganali; nell’aver ritenuto, per altro verso, che l’amministrazione delle dogane avesse mai affermato che le operazioni doganali fossero state effettuate da For Trans o ad essa imputate.

Ad ulteriore supporto delle proprie doglianze, infine, la società ricorrente, richiama il contenzioso formatosi su questioni analoghe dinanzi al Tribunale di Torino, dando conto che per alcuni giudizi erano state accolte le proprie ragioni e invocando il contributo offerto dal contenuto delle decisioni favorevoli richiamate testualmente all’interno del motivo di ricorso.

Le illustrate doglianze non possono trovare accoglimento in quanto, pur denunciando formalmente vizi di violazione di norme di diritto, propongono nella sostanza un’inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ritenere provata l’estraneità dello spedizioniere Fors Trans dalle operazioni di sdoganamento di cui si controverte, con conseguente non operatività della rivalsa del fideiussore SACE BT.

Esse attengono dunque a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, la quale, con valutazione insindacabile perchè riservata al giudice di merito, ha motivatamente ritenuto che dall’esame della documentazione prodotta relativa allo sdoganamento della merce, fosse da individuare in For Trans s.a.s. lo spedizioniere cui attribuire le operazioni di sdoganamento della merce de qua.

Va rammentato che questa Corte, con orientamento ormai consolidato e correttamente richiamato dalla Corte di merito, ha più volte affermato, che in tema di tributi doganali allo spedizioniere che – nell’eseguire le operazioni in dogana per conto del proprietario della merce, ancorchè in forza di subdelega ricevuta dal mandatario di quest’ultimo, si avvalga della facoltà di differire il pagamento dei tributi doganali, ai sensi del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 78 e 79, stipulando all’uopo con società di assicurazioni una polizza fideiussoria, sostitutiva della cauzione ed identificante l’obbligazione garantita nel debito inerente a detti tributi, a tale società, che per il suddetto titolo sia stata escussa dall’Amministrazione finanziaria -, deve essere riconosciuto diritto di surrogazione e regresso (artt. 1949 e 1951 c.c.) nei confronti del proprietario-importatore, il quale, nonostante il ricorso all’attività dello spedizioniere (che assume la veste di condebitore in solido), è soggetto passivo del rapporto tributario, e quindi dell’obbligazione garantita.

E’ stato ritenuto inoltre come non rilevi il fatto che i diritti doganali siano rimasti insoddisfatti a causa di comportamento illecito dello spedizioniere, il quale non abbia provveduto a versare alla Dogana le somme ricevute dall’importatore, giacchè la circostanza interferisce non sul debito d’imposta o sulla fideiussione, ma nel rapporto interno fra spedizioniere ed importatore medesimi (Cass. Sez. U. 15 gennaio 1993 n. 499, Rv. 480281-01; più di recente: Cass. Sez. 3 28 gennaio 2013 n. 1885, Rv. 625057-01).

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi richiamati ritenendo titolare del debito tributario de quo relativo all’imposta doganale, la Cuki Cofresco in qualità di proprietaria delle merce importata e, di conseguenza, legittimo il diritto di surroga del fideiussore (SACE BT) nei diritti dell’Agenzia delle dogane nei confronti del proprietario importatore (Cuki Cofresco).

2.2. Il motivo è pure inammissibile nella parte in cui lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in quanto la società ricorrente non si adegua al modello legale introdotto dal “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5 – applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 e dunque, pacificamente, anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame, depositata il 15 gennaio 2014 limitandosi a proporre la rivalutazione di una congerie di elementi istruttori invocando e “facendo propria”, ad esempio, la motivazione resa in primo grado da due altri giudicanti del Tribunale di Torino in “due cause gemelle” rispetto a quella in esame – per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello a cui è motivatamente pervenuta la Corte del merito.

Una simile rivalutazione di fatti e circostanze, già inammissibile nella vigenza del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, lo è a più forte ragione alla luce della nuova formulazione della norma, specie se si consideri che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. In altri termini, l’omesso esame di elementi istruttori non è di per sè sindacabile in sede di legittimità in quanto non integra, per ciò stesso, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass civ., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, RRvv. 629831 e 629834).

E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto a questa Corte il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

La ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una carente o assente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte territoriale ha mostrato di aver debitamente esaminato le risultanze probatorie emergenti dall’esame della documentazione relativa alle operazioni doganali, ritenendo che lo spedizioniere obbligato per il pagamento dell’imposta doganale, assieme al proprietario destinatario della merce importata Cuki Cofresco s.p.a. ex art. 38 T.U.L.D., fosse For Trans garantita da polizza fideiussoria rilasciata da SACE BT s.p.a. e che le polizze fideiussorie azionate da quest’ultima in surroga fossero legittime.

3. Infondato è poi il secondo dei motivi (“erronea determinazione degli importi richiesti in decreto ingiuntivo in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”) con cui la ricorrente lamenta le modalità di calcolo degli interessi sulla tassa doganale, affermando che “gli interessi ultra legali siano dovuti solo sull’importo della tassa doganale e non anche sugli interessi corrisposti alla Dogana da parte del fideiussore essendo, al più, su tale somma dovuti gli interessi al tasso legale” e che pertanto si sarebbe determinato una “sorta di anatocismo” per aver calcolato sulla somma dovuta (Euro 33.064,13) gli interessi corrispettivi (Euro 211,84) e sulla somma così capitalizzata (Euro 33.275,97), quelli dovuti ex art. 86 T.U.L.D..

Al riguardo, è sufficiente richiamare quanto più volte affermato da questa Corte in materia (nel caso in cui la società di assicurazioni abbia stipulato con lo spedizioniere doganale una polizza fideiussoria identificante l’obbligazione garantita nel debito inerente ai tributi dovuti all’amministrazione finanziaria, qualora per questo titolo sia stata escussa dall’amministrazione finanziaria stessa) ad essa, spetta il diritto di surrogazione e regresso (in base agli artt. 1949-1951 c.c.) nei confronti del proprietario importatore, in tutti i diritti e le azioni spettanti all’amministrazione; il fideiussore ha, pertanto, anche diritto alla corresponsione degli interessi dal giorno dell’avvenuto pagamento, nella misura fissata dall’art. 86 del T.U.L.D. (Sez. 3, 24/01/2002 n. 845 Rv. 551814-01; Sez. 3, 05/12/2002 n. 17266 Rv. 559001-01).

In applicazione di tale orientamento, la Corte di merito ha correttamente ritenuto come dovuti gli interessi ex art. 86 T.U.L.D. ed in merito all’asserito anatocismo ha richiamato la regola generale di cui all’art. 1283 c.c., la quale trova applicazione anche riguardo ai rapporti tributari doganali come pacificamente affermato da questa Corte (Sez. 5, 20 settembre 2006 n. 20360 Rv. 594475-01) e prevede che gli interessi scaduti da almeno sei mesi possano produrre a loro volta interessi dal giorno della domanda giudiziale come avvenuto nella fattispecie in esame ove il pagamento da parte del fideiussore è avvenuto ben prima dei sei mesi a far data dall’introduzione della domanda giudiziale. Va, per completezza, evidenziato che la doglianza difetta anche di specificità rispetto al tenore della statuizione impugnata tenuto conto che la ricorrente insiste nel lamentare l’errato presupposto considerato dalla Corte di merito nel ritenere che i primi interessi versati alla dogana fossero già interessi ex art. 86 del T.U.L.D., senza censurare la statuizione in relazione al ritenuto insussistente anatocismo.

4. Sono infine pure inammissibili sia il terzo motivo (“eccezione di carenza di legittimazione passiva con violazione di norme di diritto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5) sia il quarto (“errato utilizzo della richiesta di decreto ingiuntivo – inammissibilità nullità – invalidità violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3”) i quali, in ragione della loro reciproca connessione, possono essere congiuntamente esaminati.

In particolare, la società ricorrente insiste, da un lato, nel sostenere la carenza totale di prova circa l’intervento della For Trans nelle operazioni di sdoganamento delle merci de quibus in mancanza di qualsiasi incarico o mandato di spedizioniere doganale conferitole relativo alle merci indicate dalla assicurazione SACE BT e nel ritenere “gravissima” la condotta tenuta da quest’ultima nella vicenda, consistita nel non aver verificato il mandato in base al quale la For Trans (successivamente dichiarata fallita dal Tribunale di Trieste) aveva operato. Sostiene che le operazioni doganali di cui si discute sarebbero state eseguite in dogana da SDL Port, su mandato conferito dalla società turca Kibar dis Tikaret e ribadisce di aver pagato le fatture per gli importi che la SDL dichiarava di aver già anticipato a titolo di dazi doganali. Contesta quanto risultante dalle bollette doganali prodotte in atti, in particolare: – non potendo desumersi l’intervento della For Trans nelle operazioni doganali, dalla scorretta indicazione effettuata da P.F., legale rappresentante di S.D.L. Port, di altra società For Trans, di cui lo stesso P. era accomandatario (comportamento per il quale ha sporto querela); – non avendo SDL Port conferito alcuna delega a For Trans; – non sussistendo neppure la “sostituzione necessaria” dello spedizioniere, tenuto conto che SDL Port aveva tutti i requisiti per effettuare l’operazione di sdoganamento in proprio; – non sussistendo, infine, alcun mandato tra Cuki e SDL Port e tra Cuki e For Trans. Dal complesso delle enumerate circostanze, dunque, discenderebbe il difetto di legittimazione passiva della società ricorrente, la quale lamenta pure la mancanza di un’adeguata istruzione probatoria da parte dei giudici di merito che sarebbe stata opportuna al fine di verificare la condotta delle assicurazioni (nello specifico facendo riferimento alla condotta del procuratore speciale della Axa Assicurazioni s.p.a.) le quali, senza alcun esame dello spedizioniere e dei suoi poteri, accordavano fideiussioni per ingenti somme. Dall’altro lato, la società ricorrente reitera la doglianza secondo cui SACE BT s.p.a. non avrebbe potuto utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo non sussistendo alcun rapporto giuridico tra le parti.

I motivi sono inammissibili per le stesse ragioni, sopra meglio evidenziate, per le quali è stato ritenuto inammissibile il primo motivo di ricorso sia con riferimento alla pretesa violazione di norme di diritto sia con riferimento all’asserito omesso esame di fatti decisivi.

La società ricorrente insiste nel reiterare una serie di questioni fattuali e censure su pretese carenze probatorie, come spiegato del tutto inammissibili, senza neppure indicare, quanto al terzo motivo, lo specifico contenuto del motivo di appello di cui lamenta il ritenuto assorbimento da parte della Corte territoriale, nè formulando rispetto al quarto, censure idonee a contrastare quanto affermato dalla decisione impugnata in proposito. Al riguardo, la Corte territoriale ha coerentemente ritenuto sia che l’individuazione della debitrice, odierna ricorrente, fosse correttamente avvenuta in base al rapporto di proprietà della stessa con la merce importata in relazione alla quale doveva essere versata l’imposta doganale sia che il credito azionato fosse sicuramente liquido perchè, da un lato, relativo ad operazioni determinate rispetto alle quali era direttamente quantificabile il dovuto all’amministrazione doganale e perchè, dall’altro, provato per iscritto dalle bollette doganali e dalla documentazione proveniente dagli uffici doganali allegate.

Il ricorso va in conclusione rigettato.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 8.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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