Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19360 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. I, 18/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15135/2018 proposto da:

S.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Federico Lera, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1507/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Genova ha respinto il gravame proposto da S.p., cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza del Tribunale di Genova che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Contro la sentenza della Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione, da parte del cittadino straniero, sulla base di un motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello sotto il profilo, della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante le minacce di morte rivolte al richiedente nell’ambito familiare che erano quelle che avevano determinato in capo allo stesso la decisione di fuggire dal paese d’origine.

Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass., 19/02/2019, n. 4890) – è invero evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018). Nel caso di specie, la narrazione dei fatti (opposizione del padre al matrimonio con una ragazza cristiana, culminata con l’uccisione della promessa sposa) è stata ritenuta ampiamente inattendibile, per una serie di ragioni, tra le quali l’assoluta inverosimiglianza del fatto che il padre del richiedente abbia tollerato tale relazione affettiva per ben sette anni, cercando di convincere il figlio, il quale avrebbe, a sua volta, abbandonato la ragazza alla violenza del padre. Nè si comprenderebbero – secondo la giusta osservazione della Corte – le ragioni che osterebbero al rientro dell’istante in patria, posto che le paventate nozze non si potrebbero più celebrare per la morte della ragazza. Nè il ricorrente – rileva il giudice di seconde cure – ha allegato alcuna altra situazione di vulnerabilità, neppure con riferimento alla situazione politica del Paese. Sub specie del vizio di violazione di legge, il motivo di ricorso, mentre non riporta alcun elemento – sottoposto ai giudici di merito – dal quale possa desumersi che il rientro in patria possa determinare per l’immigrato una grave compromissione dei propri diritti fondamentali, si traduce, sostanzialmente, in una richiesta di rivisitazione del merito inammissibile in questa sede (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’Amministrazione statale esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

Segue, la condanna al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, statuizione che la Corte è tenuta ad emettere in base al solo elemento oggettivo, costituito dal tenore della pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, principale o incidentale), senza alcuna rilevanza delle condizioni soggettive della parte, come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Cass., 05/04/2019, n. 9661).

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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